2025-12-02
Lovaglio ha messo le ali a Siena ma per i pm non fa l’interesse di Mps
L'amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio (Imagoeconomica)
Inchiesta sulla scalata a Piazzetta Cuccia: l’ad è indagato per «concorso esterno in ipotesi di concerto» con Caltagirone e Milleri. Per gli inquirenti l’offerta di scambio non serviva. Escluso un ruolo del Mef.Al setaccio gli acquisti in Borsa delle Casse. Enasarco, Enpam e la Cassa Forense avrebbero dato una mano a Delfin & C.Lo speciale contiene due articoli.Le nuove indicazioni provenienti da ambienti giudiziari della Procura di Milano confermano quello che la lettura del decreto di perquisizione lasciava già intravedere dopo una prima lettura: il ministero dell’Economia non ebbe un ruolo centrale né penalmente rilevante nelle operazioni che hanno preceduto l’Ops di Mps su Mediobanca. È un punto cruciale, perché sgretola uno dei cardini narrativi più discussi negli ultimi giorni: l’idea di un presunto «sostegno politico» del governo Meloni come elemento strutturale del progetto. Gli inquirenti stessi, ora, precisano che «il governo non scala le banche, non ha interesse» e che il sostegno riconosciuto nelle carte va letto come «sostegno istituzionale», non operativo.La ragione è semplice e tecnica: la dismissione del 15% di Mps del novembre 2024 non è qualificabile come gara pubblica. E poiché non si trattava di una procedura soggetta a norme di evidenza pubblica, non può configurare i reati di turbativa o collusione, neppure laddove la Procura individua «opacità» o «anomalie» nella scelta di Banca Akros come unico bookrunner o nella composizione degli investitori finali (Delfin, Caltagirone, Banco Bpm, Anima). Come sintetizzano le fonti della procura: «Un azionista può cedere a chi vuole le proprie quote». E anche la violazione di eventuali obblighi di trasparenza societaria - aggiungono - «non costituisce reato».In questo quadro, la posizione di Luigi Lovaglio, ad di Mps, resta la più complessa e al tempo stesso la più fragile dal punto di vista probatorio. La Procura lo indica come «concorrente esterno» e «facilitatore» del presunto disegno di Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri per arrivare al controllo di Mediobanca attraverso l’Ops da 13,3 miliardi lanciata da Siena. Ma il decreto mostra con chiarezza che il fulcro delle indagini non è il Mef, e che l’impianto accusatorio su Lovaglio si fonda su intercettazioni telefoniche e ricostruzioni logiche, più che su atti o istruzioni operative.Le stesse carte chiariscono che la delibera che approvò l’operazione fu votata il 17 aprile 2025 da un consiglio pienamente insediato, con dentro cinque consiglieri indipendenti eletti nella lista del Tesoro - Annapaola Negri-Clementi, Paolo Fabris De Fabris, Lucia Foti Belligambi, Donatella Visconti e Laura Martiniello - che in quel momento non denunciarono irregolarità né esercitarono prerogative dissenzienti. Le successive dimissioni, avvenute settimane dopo, vengono giustificate in parte con ragioni personali, in parte - secondo quanto riferito da tre di loro - con pressioni politiche, e in un caso con una telefonata (che deve essere ancora verificata) del senatore Alberto Bagnai. Ma in nessuna testimonianza compare un ruolo attivo di Lovaglio, né tantomeno del Mef.Anche i passaggi che la Procura interpreta come indizi di un legame improprio tra Lovaglio e il ministero appaiono meno solidi se letti alla luce degli atti. La frase sul «supporto governativo» è una valutazione riportata dall’ad durante un incontro all’Ivass, non un documento né una comunicazione proveniente dal Tesoro. E il presunto sms del ministro Giancarlo Giorgetti al ceo di BlackRock Laurence Fink, citato da Lovaglio in una telefonata intercettata, non è agli atti, non è stato acquisito, non è tecnicamente verificato. Il decreto restituisce un’indagine ancora in fase di verifica: molti passaggi dovranno essere approfonditi attraverso l’analisi dei dispositivi sequestrati, che saranno esaminati con ricerche mirate per parole chiave. Solo da quell’esame potranno eventualmente emergere i riscontri che oggi non compaiono nelle carte. La Procura considera la dismissione del novembre 2024 un «tassello» del presunto progetto di Delfin e Caltagirone, ma gli stessi inquirenti riconoscono che quella cessione, prevista dagli impegni con Bruxelles, non integra reati. Il Mef non appare in alcun atto operativo e viene definito «non centrale». Per la Procura, l’Ops di Mps su Mediobanca non sarebbe stata un’operazione strategica della banca, ma un tassello del presunto progetto di Delfin e Caltagirone. Ma la vendita del 15% di Mps a 5,90 euro per azione, con un premio del 6,96% e 1,1 miliardi incassati, è stata seguita dall’apprezzamento dei titoli Mps e Mediobanca.Resta quindi la domanda su cosa provi che Luigi Lovaglio abbia agito contro l’interesse della banca: dagli atti non emergono vantaggi personali né irregolarità; le frasi citate dai pm - dal «35% in mano» alla strategicità di Generali - sono valutazioni e le decisioni furono approvate senza rilievi. E va ricordato che già nel 2022 Lovaglio aveva indicato l’obiettivo di un Mps protagonista del consolidamento bancario, non semplice spettatore: e infatti ha risanato e rilanciato Mps.La parte più consistente del decreto riguarda invece Mediobanca. Gli atti segnalano che alcune informazioni sull’operazione Mps giunsero alla Procura prima dell’annuncio dell’Ops, senza indicarne la fonte: un segnale del clima che circondava l’istituto guidato da Alberto Nagel, oggi impegnato anche nel negoziato per la sua buonuscita: il pacchetto standard prevede fino a 5 milioni di liquidazione, ma tra compensi variabili differiti e stock-option maturate la cifra potrebbe superare i 20 milioni, mentre il nodo finale resta il patto di non concorrenza, ancora non definito. Sullo sfondo pesa una tradizione di governance che difende la continuità interna, ricordata dalla massima di Raffaele Mattioli: «Tutti sono necessari, ma nessuno è indispensabile».Il decreto contesta aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza agli indagati, ma non al Mef. E lascia emergere un tema più ampio: in questa vicenda, alcuni passaggi sembrano giungere ai magistrati prima che al mercato, suggerendo un management più orientato a preservare equilibri interni che a dialogare con gli azionisti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pm-lovaglio-non-interesse-mps-2674359697.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="al-setaccio-gli-acquisti-in-borsa-delle-casse" data-post-id="2674359697" data-published-at="1764628977" data-use-pagination="False"> Al setaccio gli acquisti in Borsa delle Casse Nel grande cantiere investigativo sulla scalata di Mps a Mediobanca, uno dei capitoli più delicati riguarda il ruolo attribuito ad alcune casse di previdenza nella cruciale assemblea dell’agosto 2025 che respinse l’Ops difensiva di Mediobanca su Banca Generali. Secondo l’ipotesi accusatoria, quel voto avrebbe rappresentato un «momento rivelatorio» della strategia coordinata che gli inquirenti attribuiscono a Delfin, al gruppo Caltagirone e, come «concorrente esterno», all’allora ad di Mps Luigi Lovaglio.Il tema delle casse entra nell’indagine già nella prima fase, quando la Procura riceve alcuni esposti dell’analista Giuseppe Bivona - tra cui quello del 28 agosto 2025 - e una segnalazione di piazzetta Cuccia alla Consob del 23 giugno sugli acquisti «anomali» di azioni Mediobanca da parte di soggetti vigilati, ritenuti funzionali all’Ops di Mps. A seguito di queste segnalazioni, l’11 luglio 2025 vengono emessi ordini di esibizione di atti nei confronti delle Fondazioni Enasarco ed Enpam. L’attenzione degli inquirenti si concentra soprattutto su Enasarco, ma coinvolge anche Enpam e, in misura minore, la Cassa Forense. Gli atti parlano di «anomalie formali»: acquisti senza delibera dei cda e non coerenti con le policy statutarie. Per Enasarco, gli investimenti risultano effettuati tramite intermediari con sede a Malta, definita giurisdizione «non collaborante». La Guardia di Finanza analizza anche i mandati affidati alla società Miria, ex Sgr lussemburghese (come ricordava ieri Lapresse) poi internalizzata, già in passato oggetto di rilievi per procedure poco strutturate.Per la Procura le casse avrebbero inciso per circa il 5% sul capitale votante presente in assemblea, contribuendo al blocco del 42% di contrari e astenuti che, nell’agosto 2025, fece venir meno la maggioranza necessaria per approvare l’operazione difensiva di Mediobanca su Banca Generali. È un elemento ritenuto significativo dagli inquirenti, anche se il semplice confronto numerico suggerisce che l’esito complessivo dell’assemblea non sarebbe mutato in modo sostanziale in assenza di quel 5%. Nei documenti disponibili non emergono elementi che colleghino quei voti a un coordinamento preventivo: non compaiono indicazioni di voto, né comunicazioni, né contatti che coinvolgano Enasarco, Enpam o la Cassa Forense.La ricostruzione sulle casse si basa quindi soprattutto sugli effetti assembleari, mentre le carte non mostrano un loro ruolo diretto nel presunto disegno. Le tre fondazioni non risultano indagate né sono state oggetto di perquisizioni, e finora non emergono interazioni col Mef, ritenuto dagli stessi ambienti giudiziari non centrale in questa parte dell’inchiesta. Non a caso, per l’analisi dei dispositivi sequestrati agli indagati principali, la Procura ha indicato alcune parole chiave legate anche agli enti previdenziali: «Miria», «Oliveti» (Alberto Oliveti, presidente Enpam), «Pimpinella» (Domenico Pimpinella, direttore generale Enpam) e «Mirizzi» (Umberto Mirizzi, presidente Enasarco).
L'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone (Ansa)
Rocca Salimbeni, sede del Monte dei Paschi di Siena (Ansa)
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella