Bankitalia: «Fragilità gravi. In caso di inerzia dei dirigenti e senza prospettive di rilancio dovremo tutelare i clienti». Occhi su Mps e Carige. Critiche pure ai troppi dipendenti. Antonio Patuelli però boccia i licenziamenti.
Bankitalia: «Fragilità gravi. In caso di inerzia dei dirigenti e senza prospettive di rilancio dovremo tutelare i clienti». Occhi su Mps e Carige. Critiche pure ai troppi dipendenti. Antonio Patuelli però boccia i licenziamenti.Sono in arrivo possibili crisi di alcune piccole banche in Italia e, in assenza di interventi, la Banca d'Italia è pronta a intervenire. In attesa del necessario consolidamento e della nascita del terzo polo del credito che ancora non si vede all'orizzonte, ad accendere la spia sugli anelli più deboli del sistema è stato ieri durante l'assemblea Abi il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, secondo cui gli istituti per i quali la Vigilanza ha rilevato situazioni «anche gravi, di fragilità, stanno per ricevere le nostre considerazioni sugli interventi da effettuare». Di certo, rimane «non trascurabile il numero di piccoli intermediari che faticano ad adattarsi al mutamento del contesto esterno», ha aggiunto. Precisando che «i problemi sono concentrati prevalentemente, anche se non esclusivamente, tra gli istituti con modelli di attività tipici della banca commerciale tradizionale. Non è da escludere che nel prossimo futuro si verifichino casi di crisi».A chi riferisce il capo della Vigilanza? A Carige? Al Monte dei Paschi (che però tanto piccolo non è) ancora in cerca di un cavaliere bianco? Davanti all'assemblea dei banchieri, Visco non ha fatto ovviamente nomi né riferimenti diretti, limitandosi a sottolineare che la Vigilanza sta valutando possibili soluzioni ai casi di crisi di «alcuni intermediari di medie grandi dimensioni, attualmente alle prese con processi di recupero e risanamento che le difficili condizioni economiche sperimentate negli ultimi anni hanno contribuito a rendere ancora meno agevoli». L'allarme è serio e alimentato dall'impatto del post Covid: gli effetti della recessione, infatti, si aggiungono a «difficoltà strutturali derivanti da modelli di attività non sostenibili e da carenze nel governo societario che abbiamo più volte invitato, spesso non adeguatamente ascoltati, a superare», ha spiegato. Ricordando anche che alla fine del 2020 i costi operativi delle quasi 60 banche commerciali meno significative (la cui incidenza in termini di depositi era pari all'8%) assorbivano in media circa tre quarti dei ricavi. In non pochi casi il rapporto tra costi e ricavi (cost-income ratio) era tale da lasciare solo una piccola parte dei proventi ordinari per la copertura del rischio di credito, gli investimenti innovativi, la remunerazione del capitale, il rafforzamento patrimoniale. Insomma, nel sistema ci sono dei bubboni che rischiano di scoppiare e senza «chiare prospettive di rilancio e a fronte di inerzia degli organi dirigenti e della compagine sociale», Bankitalia potrebbe dover assumere come «fatto negli ultimi mesi, misure a tutela dei depositanti, per contrastare l'innesco di crisi». Per questo, secondo il numero uno della Vigilanza, è cruciale che «nel breve periodo le istituzioni europee assicurino flessibilità nell'utilizzo per le banche di più piccole dimensioni dello schema di aiuto di Stato in liquidazione che a seguito delle condizioni definite dalla Commissione ha perso l'automatismo applicativo dell'originaria proposta delle autorità italiane». L'istituto di Via Nazionale, ha poi specificato Visco, «segue da vicino» alcune banche nei «piani di ristrutturazione e possibili operazioni di aggregazione», «non certo per guidarne l'esito secondo programmi prestabiliti, ma per assicurare che esso conduca a intermediari più solidi e, quindi, maggiormente in grado di sostenere l'economia e favorirne il ritorno su un sentiero di crescita elevata e duratura». A novembre Bankitalia ha chiesto alla maggior parte delle banche meno significative, tra cui tutte quelle più problematiche, di condurre un esercizio di autovalutazione delle prospettive di sviluppo. E i risultati non sono stati confortanti. Visco ha notato che «il numero eccessivo degli addetti è un tratto comune a molte banche commerciali tradizionali e assume maggiore criticità» per quelle di minore dimensione. Se Visco invita quasi a licenziare, il presidente dell'associazione dei banchieri, Antonio Patuelli, fa il sindacalista evidenziando come i licenziamenti di personale, sotto la sua gestione, di otto anni e mezzo, non siano mai stati utilizzati come metodo per la riduzione del personale. Tanto da ricevere il plauso del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni: «Va dato atto a Patuelli di aver saputo coniugare, con equilibrio, l'interesse delle banche con quello dei lavoratori, in un ambiente certamente non facile. Con Abi è stato creato un accordo sindacale, il Fondo esuberi e il Fondo per l'occupazione giovanile, garantendo prepensionamenti volontari e assunzioni di circa 30.000 giovani». E ancora: «Con Patuelli abbiamo sottoscritto due importanti contratti nazionali, nel 2015 e nel 2019, che hanno iniziato a regolamentare anche i problematici rapporti fra i dipendenti bancari e le stesse banche rispetto alla vendita di prodotti finanziari alla clientela».
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