2022-12-05
Virginia Kaladich: «Scandalosa polemica sulle paritarie»
Virginia Kaladich, presidente Fidae
La presidente della Fidae: «Si stracciano le vesti per i finanziamenti destinati ai ragazzi diversamente abili delle nostre scuole. Dopo anni di discriminazioni non li vogliono ancora trattare come gli alunni delle statali».«Nelle scuole paritarie si investe, in quella pubblica no», tuonava la Cgil scuola, per bocca di Francesco Sinopoli al primo comparire delle bozze della manovra. Denunciando lo stanziamento di una «cifra esagerata, considerando il taglio alla rete degli istituti». Tanto inchiostro in questi giorni si è speso per la denuncia di quello che è stato raccontato come un aumento, e i sindacati si sono detti subito pronti alla mobilitazione. C’è però un particolare che in tanti hanno tralasciato: i «70 milioni in più» per il 2023 che privilegerebbero le paritarie, sono una cifra destinata agli alunni con disabilità.Ormai abituata a questo tipo di narrazione, Virginia Kaladich, presidente della federazione che rappresenta un migliaio di scuole cattoliche primarie e secondarie (Fidae), ci racconta: «Siamo alle solite: si urla alla discriminazione, quando a essere discriminate sono le paritarie da anni. L’esatto contrario di quel che si va raccontando. Sa cosa le dico? Che in piazza dovremmo scendere noi, altroché», aggiunge. Raggiungiamo Kaladich al telefono nel suo ufficio a Padova, dove - a Monselice per la precisione - dirige tre istituti scolastici cattolici.In questi giorni di dibattito sulla manovra, chi a vario titolo sta all’opposizione ha sostenuto la tesi che «mai così tanti soldi» sono arrivati nelle casse delle scuole paritarie…«C’è chi mente sapendo di mentire? O sarà ignoranza? Partiamo da quei 70 milioni in legge di Bilancio, che è solo l’ultima delle vulgate false a cui ho assistito».Leggo dal sito del Mef: è «previsto il ripristino del contributo pari a 70 milioni di euro, 24 sono destinati al trasporto disabili».«Ecco, io avrei parlato di “stabilizzazione”, se posso permettermi di fare un appunto. Si tratta in ogni caso di soldi già in Bilancio, che noi abbiamo chiesto di stabilizzare anche per il prossimo biennio e auspichiamo che da ora in poi diventino permanenti. A questi si aggiungono i 20 milioni per la scuola dell’infanzia che diventeranno 40 nel 2024». E c’è chi si straccia le vesti…«Sono finanziamenti destinati all’inclusione di bambini e ragazzi diversamente abili. Soldi indispensabili per consentire alle scuole di poter pianificare con maggior tranquillità, per il reclutamento del personale, la retribuzione e la formazione dei docenti. E già non si dovrebbe aggiungere nulla. Il diritto alla libertà di scelta educativa, lo ricordo comunque, è un principio sancito nel diritto nazionale e internazionale, dalla Costituzione, e la legge 62 sulla parità scolastica risale a 22 anni fa». Per legge si parla di «sistema pubblico integrato».«Appunto. Di cosa ci si dovrebbe quindi scandalizzare oggi? A me fa più scandalo la polemica: forse quei ragazzi sono meno degni degli altri disabili nelle scuole statali? Fino a qualche anno fa per ogni alunno con disabilità ci era riconosciuto un contributo di 2.000 euro per ciascuno, insufficienti a coprire lo stipendio di un insegnante di sostegno. Vogliamo ricordare ancora una volta che le famiglie che si rivolgono a noi già pagano le tasse e devono pagare due volte per i propri figli?».Di quanti ragazzi con disabilità parliamo?«I dati più aggiornati che ho a disposizione certificano 15.000 alunni disabili nelle paritarie di tutta Italia. Se vuole poi un dato totale della nostra popolazione scolastica, le dico che le scuole paritarie della Penisola ospitano circa 817.000 alunni, pari al 9,9% del totale. Circa 545.000 frequentano le scuole cattoliche e di ispirazione cristiana, e cioè il 67% degli alunni frequentanti le paritarie. Il resto del mondo delle scuole paritarie è rappresentato dalle scuole dell’infanzia comunali e, in misura minore, da scuole di ispirazione laica, soprattutto tra quelle secondarie di secondo grado».I critici dei finanziamenti alle paritarie dicono però che le iscrizioni sono in calo, e che a fronte di numeri sempre meno importanti, lo Stato dovrebbe risparmiare su ulteriori investimenti. Cosa risponde?«Che non è vero, ma procediamo per ordine. Prima cosa, è secondo me fondamentale sottolineare, ben prima di ogni ragionamento da ragionieri, che si parla di “scuole paritarie” tendendo a dimenticare che si tratta di genitori, alunni, insegnanti. Persone. Abitano le nostre strutture. E sono discriminati. In pandemia ben si è evidenziato: fin dal primo Dpcm siamo stati dimenticati nei sostegni per la didattica a distanza». Poi però un aiuto lo avete avuto. «A colpi di emendamenti, sì. Ma la pandemia - e qui viene la seconda cosa che rispondo a chi dice che le iscrizioni sono in calo - ha avuto un effetto molto positivo sulle richieste. Al contrario di quanto si dice, infatti, soprattutto dopo il lockdown le nostre scuole hanno ricevuto molte domande di trasferimento. Merito dell’offerta educativa, della qualità che cerchiamo di garantire. Non voglio dire che nella scuola statale non si sia garantita: ci sono tanti buoni docenti. Evidentemente, però, a tante famiglie con la Dad è mancato qualcosa».Qualità fa paio con “merito”, di cui tanto oggi si parla, e formazione con gli insegnanti?«Le nostre scuole hanno puntato e puntano molto da sempre sulla formazione, soprattutto nel campo della relazione. Perché “fare scuola” è avere attenzione alla relazione tra il docente che entra in classe e i suoi alunni. E con le famiglie. Tutto si gioca lì. Che cosa ha dato qualità alle nostre proposte in un momento di disagio come quello delle chiusure? Anche attraverso lo schermo, ci siamo impegnati a guardare alla vita dei ragazzi, instaurando relazioni forti e un accompagnamento concreto ai bisogni dell’altro».La vulgata è, forse da sempre, che la scuola paritaria è «scuola per ricchi».«La situazione delle famiglie è così complicata che ogni giorno ci arrivano richieste di sostegno, altroché. In tanti non riescono a sostenere le rette. Con le famiglie in ginocchio, lo Stato deve garantire che nessuno venga escluso. I numeri parlano chiaro, non c’è bisogno di fare propaganda». Cioè?«Il costo medio di uno studente alla scuola statale va, da ordine a ordine, dai 6.000 ai 7.500 euro per ciascuno. Semplifico: lo Stato dice: se tu, scuola paritaria, vuoi accedere a questi contributi, non devi far pagare una retta superiore a questa cifra. Bene. Sa però quanto è riconosciuto per ognuno dei nostri studenti? Tra i 500 e gli 800 euro. Sulle rette quindi io aggiungo: c’è giustizia nel farle pagare a chi già lavora e paga i contributi? Non c’è guadagno, le assicuro, è questione di riconoscimento del lavoro svolto». Si dice che un governo di destra sostiene ideologicamente le vostre strutture. «Non rispondo nemmeno, ci sono le leggi dello Stato. Come ha detto il ministro Valditara, siamo parte integrante del sistema. Ci ha colpiti positivamente un invito da parte di Palazzo Chigi per un incontro avvenuto qualche giorno fa. Sono presidente della Fidae dal 2015 e le posso assicurare mai era accaduto. Si è dialogato con i ministri in passato, anche se con fatica, ma è importante che sia il governo tutto a rendersi conto della necessità».Il punto è «battere cassa»? Leggo da Repubblica che i fondi per le paritarie sono triplicati in dieci anni. «Rispondo a Repubblica facendo i conti della serva: nelle scuole primarie convenzionate che dirigo sono anni che ricevo 19.367 euro per ogni classe che abbia almeno 10 alunni. Sempre gli stessi soldi. O mi sfugge qualcosa, o qualcuno è in malafede».Tante paritarie chiudono…«Per quanto riguarda quelle da noi rappresentate le posso assicurare che le chiusure erano già programmate e non per mancanza di iscritti. Le difficoltà ci sono, ma c’è anche alta richiesta».Tra le difficoltà che da sempre voi denunciate, c’è quella sugli insegnanti.«Un grosso problema. Tutti i docenti hanno diritto alla stabilizzazione nel loro percorso professionale. Vorrei sottoporre la questione, mi permetta, anche alla Cgil: chi insegna in una scuola paritaria, ha forse meno diritto di esser rappresentato? Il requisito obbligatorio per un’assunzione a tempo indeterminato è il conseguimento dell’abilitazione. Mentre però per i docenti delle statali esistono i percorsi, da diversi anni il ministero non ne offre per i nostri».E quindi al primo concorso pubblico superato vi abbandonano…«Accade, sì. La caduta del governo in estate ha bloccato l’attuazione - era prevista entro il 31 luglio scorso - di un decreto legge sull’abilitazione. Nulla è ancora successo, sono anni che attendiamo».I rischi, se non si investirà abbastanza, quali sono?«Nessuna delle scuole che rappresento vuole chiudere, glielo assicuro. Per la passione al nostro lavoro che è condivisa. Oggi non è questione di porre in antagonismo le statali e le paritarie, anzi: lavoriamo tutti insieme, per il bene della scuola. Questo è il mio appello. La libertà di scelta educativa porta miglioramento a tutto il sistema, rendendolo anche concorrenziale. E poi, allo Stato non conviene. Se le scuole dell’infanzia paritarie chiudessero i battenti, resterebbero a casa 470.000 bambini. A fronte di 847.000 che frequentano gli asili statali. Dove andrebbero?».
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