2024-06-25
Blitz segreto sui dati sanitari
Se non c’è un rifiuto esplicito, scatta il silenzio/assenso. Il problema è che i cittadini non sono stati per nulla informati. E si troveranno ogni dettaglio della loro salute nei portafogli digitali. Spesso bucati dagli hacker. Il divieto va espresso esplicitamente solo online o via Asl e ambulatori Usmaf-Sasn. La guida su come dire no.Lo speciale contiene due articoli.Nell’annunciare che il 30 giugno scade il termine per opporsi al caricamento dei propri dati e dei documenti clinici antecedenti il 19 maggio 2020 nel fascicolo sanitario elettronico (Fse), i cantori del politically correct, con lo spessore intellettuale di un koala, hanno avviato la solita caccia a chi alza il dito per porre qualche domanda. La notizia è che i cittadini italiani hanno ancora cinque giorni per opporsi al caricamento di documenti e dati clinici personali relativi a prestazioni erogate dal nostro Sistema sanitario nazionale, attraverso il portale legato alla tessera sanitaria (www.sistemats.it). L’alimentazione del fascicolo sanitario elettronico è stata decisa nel 2020 con il decreto legge numero 34 che, a differenza della normativa precedente - che stabiliva che il «consenso all’alimentazione» dovesse essere esplicitamente espresso dall’assistito - ha attivato la modalità di silenzio/assenso sulla procedura. Ergo: se il cittadino non esercita il suo diritto di opposizione, vedrà caricata in automatico tutta la storia della propria vita sanitaria, sia attuale sia antecedente il 19 maggio 2020 (che è la data di pubblicazione del decreto). Chi desidera che il proprio pregresso non finisca online, può accedere al servizio con lo Spid o altri documenti di identità (carta d’identità elettronica, carta nazionale dei servizi), oppure con la tessera sanitaria e il codice Stp (straniero temporaneamente presente). Chi non ha possibilità di accedere online, può essere assistito da intermediari autorizzati presso la propria Asl.A cosa serve il fascicolo sanitario elettronico? È una facility a misura di cittadino, apparentemente senza controindicazioni: la condivisione dei dati consente - si legge nel sito del ministero dell’Innovazione - «una migliore prevenzione e cura dei pazienti, assicurando continuità assistenziale, servizi innovativi e personalizzazione della cura su tutto il territorio nazionale». E sulla carta dovrebbe essere proprio così: Il Fse, finanziato attraverso il Pnrr, permetterà a ognuno di noi di consultare la propria storia sanitaria personale in formato digitale, oltre a documenti di tipo amministrativo come prescrizioni mediche e farmaceutiche; soprattutto, renderà accessibili i dati a qualsiasi medico su tutto il territorio nazionale.Tutto qui? Parrebbe proprio di sì, ma nessuno spiega quali sono le finalità di questa condivisione massiva di dati. Sulla carta, la tutela della salute dell’individuo. A chiunque può capitare di trovarsi lontano dalla propria residenza o domicilio e di dover essere curato: la disponibilità della propria storia clinica agevola il medico curante, ovunque egli si trovi. La seconda finalità è altrettanto comprensibile: è la ricerca scientifica e statistica che, incrociando i documenti di 60 milioni di pazienti, può progredire costituendo un database utile all’elaborazione di migliori cure. C’è però un cono d’ombra, sul quale fino a oggi le autorità non si sono pronunciate: la protezione dei dati personali e la sicurezza delle informazioni diffuse online. Quali assicurazioni abbiamo che i nostri dati non finiscano nella mani di altre amministrazioni, con finalità diverse da quelle sanitarie? Come verranno usati? L’Italia è davvero pronta a gestire «in sicurezza» le informazioni sanitarie dei suoi cittadini? Il problema della protezione dei dati personali è concreto: dall’inizio della pandemia a oggi, gli attacchi alle strutture ospedaliere in Italia (Asl e ospedali) sono vertiginosamente aumentati (più 47% rispetto al 2019). I dati sanitari degli italiani sono dunque il bersaglio preferito degli hacker ma, oltre al cybercrime, altre perplessità conseguono dall’apertura dei silos dati all’interno della stessa pubblica amministrazione. Se dunque, sulla carta, l’intento è di migliorare l’assistenza al cittadino, le condizioni per realizzare questo progetto sono precarie e le finalità opache: manca una comunicazione pubblica su rischi, benefici e obiettivi più o meno trasparenti del Fse. La polemica era già scattata nel 2021, in piena pandemia, andandosi a sovrapporre al dibattito sul green pass. Già allora, il Garante per la privacy aveva invitato governo, Regioni, ministero della Salute, del Lavoro e ministero dell’Innovazione a procedere con «un’idonea campagna nazionale d’informazione», che però non fu mai messa in piedi. Oggi, a livello mediatico, il trattamento di queste notizie, rilevanti per la vita dei singoli cittadini, è lasciato esclusivamente nelle mani degli stessi, improvvisati «esperti» che, durante la pandemia, utilizzavano registri comunicativi binari «sì-no» per additare come oscurantista qualsiasi cittadino osasse porre domande, mentre non è arrivata alcuna spiegazione su dove e come saranno gestiti i dati. Quali misure saranno adottate per prevenire ed evitare i furti di dati e di identità digitali? Perché non è stata organizzata una campagna d’informazione che spieghi al cittadino come avvalersi dei suoi diritti, incluso quello di dire no? Il dato sanitario potrà essere utilizzato anche da altre amministrazioni, e a quale fine, tenendo conto dell’interoperabilità dei dati? Questo aspetto deve essere chiarito subito e con la massima trasparenza. E infine: l’Italia è veramente pronta a mettere in circolazione, «condividendola in maniera sicura ed efficiente», come si legge sul sito del ministero dell’Innovazione, la vita di 60 milioni di abitanti? Il rischio che i dati siano usati per finalità diverse da quelle della semplice «tutela della salute dell’individuo» è davvero molto alto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/violazione-dati-sanitari-2668596437.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sistema-basato-sul-silenzio-assenso-ecco-la-guida-su-come-dire-di-no" data-post-id="2668596437" data-published-at="1719260993" data-use-pagination="False"> Sistema basato sul silenzio/assenso. Ecco la guida su come dire di no C’è tempo fino al 30 giugno per opporsi all’inserimento automatico nel fascicolo sanitario elettronico dei dati e dei documenti generati da prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale prima del 19 maggio 2020. Da ricordare che le successive informazioni (visite, esami, eccetera) sono già presenti all’interno del sistema. Nel caso in cui non si voglia ampliare il proprio fascicolo con informazioni risalenti a prima del 19 maggio 2020 ci si può opporre, tramite il servizio «Fse - Opposizione al pregresso», disponibile online sul sistema tessera sanitaria. Prima di entrare nel merito della procedura c’è da ricordare che il Fascicolo sanitario elettronico è un sistema di archiviazione digitale dove sono conservati tutti i dati e la storia clinica e farmacologica del paziente. L’obiettivo principale è quello di avere in un unico posto tutte le informazioni necessarie ai medici quando si fanno visite diagnostiche, esami specialistici o in caso di situazioni di emergenza in cui il malato non è in grado di fornire tutti i dati necessari. Nel caso in cui non ci si opponesse, il trasferimento avverrà in automatico. Il rifiuto, come previsto da un decreto congiunto del ministero dell’Economia e della Salute dell’11 aprile scorso, può avvenire unicamente online, attraverso il portale del sistema tessera sanitaria. Digitando su un qualsiasi motore di ricerca «fascicolo sanitario» (con il nome della propria Regione), la prima cosa che appare è un riquadro con scritto: «Fascicolo sanitario elettronico: fino al 30 giugno puoi opporti all’inserimento del pregresso». Cliccando sul link presente nel riquadro (www.salute.gov.it/campagnafse) si arriverà direttamente sul sito del ministero. A questo punto si deve cliccare sul riquadro «Come opporsi al pregresso» e si troverà un altro link, (www.sistemats.it) su cui si dovrà cliccare per poi seguire la procedura segnalata. Sarà necessario entrare nel sistema usando lo Spid, la Carta d’identità elettronica o la Carta nazionale dei servizi. Se non si dispone dell’identità digitale si può esercitare il diritto all’opposizione accedendo all’apposita funzione online presente nell’area del sistema tessera sanitaria con la propria tessera sanitaria o con il codice Stp (Straniero temporaneamente presente). In questo ultimo caso, per negare il caricamento dei dati si dovrà inserire il proprio codice Stp, il nome della Regione e la data di rilascio. Il codice Stp emesso dalle varie Asl viene riconosciuto anche ai cittadini extra Ue irregolarmente presenti sul territorio. Se non si ha la possibilità di accedere al sistema digitale ci si può recare presso la propria Asl o negli ambulatori Usmaf-Sasn del ministero della Salute. Il servizio è gratuito. Non costa niente, opporsi al trasferimento dei propri dati antecedenti al 19 maggio 2020 sul fascicolo sanitario, nemmeno se si chiede l’aiuto di intermediari presso le Asl territoriali.
Chiara Appendino (Imagoeconomica)
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