2024-03-24
Solo l’ironia dei comici ci salverà dalle follie degli ecologisti sul clima
Vince Ebert (Getty Images)
Nel suo ultimo libro, Vince Ebert, divulgatore e stand up comedian tedesco, smonta con toni leggeri e divertenti tutti gli eccessi e le contraddizioni dei catastrofisti green che da anni annunciano disastri. Fin troppo spesso tocca ai comici salvarci. Se non altro perché portano una salutare ventata di ironia in un modo divenuto terribilmente serioso e moralista. Dalle nostre parti, purtroppo, la gran parte dei satiristi e degli intrattenitori televisivi ha l’inginocchiamento facile, e tende ad allinearsi, in maniera piuttosto patetica, alle direttive del pensiero prevalente. Fortuna che, da qualche parte in Occidente, ci sono anche comici davvero scorretti e capaci di fronteggiare l’ideologia woke, e non soltanto negli Stati Uniti. Vince Ebert è tedesco, ha una laurea in fisica ma è anche divulgatore e stand up comedian. Mai volgare, anzi spesso fin troppo dolce, Ebert da qualche tempo si cimenta con entusiasmo nell’impresa si smontare le assurdità dei catastrofisti climatici. Dal suo lavoro approfondito è saltato fuori un libro scorrevole e divertente intitolato Non è ancora la fine del mondo (Una visione pratica e ottimista del dibattito sul clima), appena pubblicato da Liberilibri.Ebert, va premesso, è un moderato. Riconosce ragioni agli ecologisti, li maneggia seriamente e con rispetto. Non ne condivide affatto il piglio anticapitalista, ma non è nemmeno un acritico adoratore del mercato e dello sviluppo. Talvolta si limita a sorridere delle ipocrisie dell’ambientalismo Vip. Ad esempio quando racconta che «durante una delle ultime conferenze sul clima, note come Cop, lo spazio aereo sopra la città di Glasgow, dove si teneva il summit, è stato chiuso temporaneamente ai comuni mortali, in modo che alcune delle élite ambientaliste potessero arrivare con i loro quattrocento jet privati per trascorrere due settimane a parlare dello spreco di risorse. «Secondo le stime conservative», attacca Ebert, «i loro viaggi hanno prodotto da soli 13.000 tonnellate di anidride carbonica, che equivalgono alla quantità consumata da circa 1600 scozzesi in un anno. E questo si ripete, più o meno allo stesso modo, ad ognuna di queste riunioni. Ma quando si tratta di salvare il mondo, tali sciocchezze non contano».Di cortocircuiti come questo il suo libro è pieno. E senza dubbio essi rappresentano la parte più divertente dell’opera. Ma ce n’è anche una molto più profonda, che tocca il nodo vero dello (pseudo) ambientalismo contemporaneo. Ebert mostra come quest’ultimo si sia trasformato in una religione. «Nell’ottobre 2020, lo studioso dei media Norbert Bolz ha discusso con la portavoce tedesca del Fridays for Future Carla Reemtsma», scrive l’autore tedesco. «Durante la conversazione, Bolz, che non nega né minimizza il cambiamento climatico causato dall’uomo, cerca di capire perché la difesa del clima si sia trasformata in un movimento di tale successo. A suo avviso, offre alle persone un’ideologia che va ben oltre una soluzione pragmatica. Qualcosa in cui una società sempre più atea può identificarsi pienamente. E questa offerta dice: “Siamo sull’orlo del baratro, ma puoi contribuire a scongiurare la catastrofe all’ultimo momento”. In fondo questo messaggio è una promessa di salvezza quasi religiosa. Non c’è da stupirsi che eserciti un fascino su molte persone». Ebert coglie nel segno: l’ecologismo odierno soddisfa la richiesta di sacro e di metafisica che molti, soprattutto giovani, non si rendono nemmeno conto di avanzare. «Naturalmente, l’appello in difesa del clima si basa su dati scientifici affatto religiosi. I rapporti dell’Ipcc ci dicono che i futuri cambiamenti climatici avranno senz’altro conseguenze ecologiche, sociali ed economiche», dice Ebert, che non è affatto un negazionista climatico, anzi. «Tuttavia, in nessun articolo scientifico si parla di fine del mondo di proporzioni bibliche. Tanto meno si parla di un radicale rovesciamento del sistema. Eppure, l’intera retorica degli attivisti per il clima ricorda più una comunità religiosa che un movimento scientifico: minacciano con uno scenario apocalittico mai menzionato dagli scienziati, lavorano sui sensi di colpa e allo stesso tempo promettono la redenzione attraverso l’espiazione e la rinuncia. Volare il meno possibile, mangiare meno carne, usare reti vegetali, lavarsi a temperature più basse. Tutto ciò non aiuta necessariamente il clima, ma forse la nostra anima sì. Sono atti rituali. L’autoflagellazione tramite la dieta vegana e la raccolta differenziata come una moderna forma di recita del rosario. Persone come Greta Thunberg vengono elevate a profeti, si va in pellegrinaggio alle manifestazioni sul clima e si organizzano celebrazioni annuali come l’Earth Overshoot Day». Certo il nostro comico non è il primo a proporre questo tipo di analisi. «Giunse a una conclusione molto simile il biologo Josef H. Reichholf. Nel libro Die falschen Propheten (I falsi profeti) pubblicato nel 2002, scrive: “L’ecologismo si è impadronito dell’ecologia un terzo di secolo fa e si è trasformato in un modello di vita simile a una religione, composto da sempre più dogmi che non hanno più nulla a che fare con la risoluzione di problemi ambientali sulla base di analisi scientifiche”». È proprio questo il lato tragico della faccenda», conclude Ebert. «Se da un lato il crescente aspetto parareligioso del movimento ambientalista ha fatto sì che il cambiamento climatico diventasse una questione di massa e penetrasse nella coscienza generale della società, dall’altro è proprio questo carattere parareligioso a impedire un dibattito oggettivo e razionale. Se le misure e le richieste, anche quando sono basate su serie scoperte scientifiche, vengono caricate spiritualmente, corriamo il rischio di elevare senza spirito critico gli scienziati a predicatori della verità e di immunizzarci da qualsiasi tipo di critica oggettiva. Si tratta di una piega pericolosa. Infatti, a differenza dei sistemi scientifici, costruiti sulla costante messa in discussione del sapere acquisito, i sistemi di credenze si basano sulla rinuncia al dubbio. Anche se molti adepti possono avere buone intenzioni, è comunque importante spulciare costantemente le loro tesi principali e la visione del mondo che ne è alla base per individuarne le eventuali contraddizioni. Gli argomenti spirituali-teologici non sono di per sé sbagliati, ma non bisogna confonderli con quelli scientifici». Purtroppo non soltanto sul cambiamento climatico oggi si rende a confondere scienza e religione. Ebert lo ha capito perfettamente, e si dedica a seppellire sotto un sorriso i profeti verdi, così che possano finalmente tornare all’amata terra.
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