
La violazione dello spazio aereo della Lituania con palloni aerostatici ha dei presunti colpevoli. E non sono russi. A finire in manette, peraltro con l’accusa di aver collaborato all’organizzazione del trasporto illegale di sigarette dalla Bielorussia alla Lituania, sono alcuni uomini lituani. L’annuncio arriva dopo un susseguirsi di dichiarazioni che volevano trovare a tutti i costi il responsabile nella «provocatrice» Bielorussia e quindi nell’alleata Russia. Nel pomeriggio, dopo aver chiuso il confine con Minsk «per un periodo indefinito», il primo ministro della Lituania, Inga Ruginienè riferendosi allo spazio aereo invaso, aveva addirittura dichiarato che servivano «sanzioni più severe» nei confronti della Bielorussia e della Russia.
Se il gran clamore europeo su questo caso è destinato a dissolversi in una bolla di sapone, la questione del nuovo missile nucleare russo inevitabilmente tiene banco. Poco dopo la celebrazione da parte di Mosca sul test riuscito, è arrivata la reazione piccata del presidente americano Donald Trump: lo zar russo, Vladimir Putin, «invece di testare missili» dovrebbe impegnarsi «a far finire la guerra». E quindi nella visione del tycoon, il collaudo della nuova arma da parte della Russia è stato «inopportuno».
D’altro canto, il Cremlino ha sottolineato che «la Russia e il presidente della Russia si fanno guidare dai propri interessi nazionali». Con Mosca che «deve fare tutto il possibile per garantire la propria sicurezza», il test del Burevestnik deve essere inteso come una risposta per difendersi dall’«isteria russofoba, aggressiva e militarista» dell’Europa, ha spiegato il portavoce russo, Dmitry Peskov. Sul fronte dei legami con la Casa Bianca, invece, «non c’è nulla che possa o debba mettere sotto pressione le relazioni».
Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, da una parte continua a sostenere che per piegare Putin servano armi a lungo raggio, dall’altra ha reso noto di essere al lavoro, insieme ai leader europei, per sviluppare un piano per la pace. Intervistato da Axios, Zelensky, pur commentando positivamente le sanzioni imposte dagli Stati Uniti, ha ribadito che saranno in ogni caso necessari «i missili a lungo raggio». Nel tentativo di essere convincente, ha spiegato che «se non ci saranno negoziati, ci sarà comunque un’escalation». Zelensky ha poi confermato che il piano per la tregua sarà sulla falsariga di quello elaborato dalla Casa Bianca per Gaza. L’iniziativa, proposta dal premier britannico, Keir Starmer, ed elaborata dalla Coalizione dei volenterosi, vedrà la luce «nel giro di una settimana o dieci giorni». Tra l’altro, lo stesso Starmer che si è fatto promotore del piano di pace, si è anche assicurato la vendita alla Turchia dei caccia Eurofighter Typhoon per un valore di 9,5 miliardi di euro in dieci anni.
Tornando al piano per la tregua, Zelensky ha già messo le mani avanti, dicendosi «scettico» sulla possibilità che Putin accetti. Il Cremlino ha intanto risposto di non farsi «nessuna illusione» sul piano, anche perché la linea assunta dall’Europa è stata «totalmente irresponsabile, aggressiva e senza futuro». A chiarire il punto di vista russo è stato il viceministro degli Esteri, Mikhail Galuzin, che, riferendosi ai politici europei, ha commentato: «All’inizio, contemplavano di infliggere la cosiddetta sconfitta strategica alla Russia», mentre adesso «chiedono un cessate il fuoco immediato senza alcuna precondizione», non comprendendo che si deve «lavorare duramente per eliminare le cause alla radice».
Sul campo, all’indomani dell’annuncio di Mosca di aver accerchiato migliaia di soldati ucraini a Pokrovsk e Kupyansk, il presidente ucraino ha negato, dicendo: «È una completa menzogna». Nella serata di ieri ha però riconosciuto «una significativa attività d’assalto» a Pokrovsk.
Intanto, nella notte tra domenica e lunedì, in Ucraina sono piombati 100 droni russi, mentre in Russia sono stati intercettati 193 velivoli senza pilota ucraini.






