2018-09-30
Ville e 59.200 euro al mese. Dall’Unicef e altre Ong beneficenza a casa Renzi
La onlus dei famigliari dell'ex premier ha ricevuto da varie sigle 10 milioni per i bambini africani. Ma il 66% della cifra è finito sui loro conti. Il fondo Onu ora valuta la denuncia.L'inchiesta sui soldi dell'Unicef e di altre organizzazioni umanitarie, di cui i fratelli Conticini si sarebbero indebitamente appropriati, rischia di diventare un caso internazionale. Da cui sarà difficile per i protagonisti uscire senza ombre. L'inchiesta del procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco e della pm Giuseppina Mione, contesta ai famigliari di Matteo Renzi di essersi intascati (e di aver in parte riciclato) 6,6 milioni di dollari, sui 10 totali che avrebbero ricevuto da fondazioni e organizzazioni non governative (Ong) per aiutare i bambini africani. «Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno», si crogiolava il ras delle cooperative Salvatore Buzzi, intercettato nell'ambito dell'inchiesta Mafia capitale. Ma i suoi ricarichi erano più modesti rispetto a quelli presunti dei Conticini. Infatti oggi scopriamo che, secondo l'Unicef, questi signori avrebbero regolarmente incassato 3,88 milioni di dollari dal fondo dell'Onu per l'infanzia e che quei denari sarebbero stati fatturati per i servizi offerti dalla Play Therapy Africa degli stessi Conticini, una società non profit (e sottolineiamo non profit) impegnata dell'educazione al gioco dei bambini africani.Dal 2009 al 2016 altri 5,5 milioni di dollari sarebbero arrivati dall'organizzazione Operation Usa (denaro proveniente dalla fondazione Pulitzer) e ulteriori 891.000 dollari da altre sette onlus internazionali, francesi, australiane, americane e anche la fondazione italiana Avsi. Nel complesso un gruzzolo di oltre 10 milioni, di cui il 66% (una redditività superiore a quella di Autostrade per l'Italia), divenuto guadagno netto, sarebbe stato poi deviato sui conti personali dei Conticini. Questo significa che, in soldoni, avrebbero incassato circa 6,6 milioni di dollari in otto anni, cioè guadagni medi di 710.500 euro l'anno e 59.200 al mese. Insomma due terzi del denaro incassato per assistere i bambini africani con la loro Pta si è trasformato in guadagno puro, utilizzato per investire circa 2 milioni di euro in una villa e una palazzina a Lisbona e Cascais in Portogallo e fare investimenti nell'isola di Guernsey (un piccolo paradiso fiscale) o nelle ditte del Giglio magico (la Eventi 6 della famiglia Renzi, la Dotmedia e la Quality press). Utili netti che la cooperativa 29 giugno di Buzzi non ha mai realizzato. Senza contare che la Pta è una piccola goccia nel mare dei fornitori utilizzati dall'Unicef. Giampaolo Silvestri, segretario generale dell'Avsi, spiega alla Verità: «Ci sono società che fatturano centinaia di milioni di euro facendo servizi per l'Unicef. Soprattutto americane, ma non credo italiane. I Conticini forse gestivano bene i soldi, perché se uno fa un'attività economica ha anche dei costi, ed evidentemente loro avevano dei margini alti». L'Avsi nel 2010 si è rivolta alla Pta per formare personale in Ruanda e Congo. «I magistrati si sono accorti di un trasferimento di fondi dall'Avsi alla Pta, ma non si trattava di donazioni, visto che una Ong non può girare offerte a dei privati, bensì del pagamento di due regolari fatture da circa 30-35.000 euro. Anche l'Unicef per statuto non può trasferire a una società privata le offerte dei donatori», conclude Silvestri.La sua versione non contrasta con il comunicato ufficiale diramato dalla sede centrale di New York del fondo: «L'Unicef ha stipulato un certo numero di accordi di implementazione (di progetti, ndr) con la ong Play terapy Africa tra il 2008 e il 2013. L'ultimo è entrato in vigore circa cinque anni fa. L'Unicef nutriva preoccupazioni per la qualità degli specifici risultati di alcuni di questi contratti e ha adottato una serie di azioni quali la ritenuta dei pagamenti alla fonte e l'esercizio del diritto alla risoluzione. Tuttavia un'indagine dell'Unicef non ha riscontrato alcuna prova di reati da parte della Ong o del suo titolare, il signor Conticini. L'Unicef è stato in passato contattato dalle autorità italiane per ottenere informazioni sui nostri rapporti con questa Ong e ha collaborato pienamente. Più di recente l'Unicef è venuto a conoscenza grazie ai media che un magistrato di Firenze afferma di averci inviato una lettera in cui ci chiedeva di presentare una denuncia penale contro questo Ong. Non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di questo tipo. Se dovessimo riceverne uno, lo esamineremo accuratamente e risponderemo».Con in mano questo documento, venerdì il direttore generale dell'Unicef Italia, Paolo Rozera, ha effettuato una diretta Facebook con cui ha spiegato a donatori, volontari e giornalisti la versione dell'agenzia. E forse si è un po' sbilanciato, annunciando che l'Unicef non sporgerà querela per appropriazione indebita (di fatto vanificando l'inchiesta): «Abbiamo fatto tutte le verifiche del caso (…) e queste hanno portato a dire che non è stato rubato neanche un centesimo all'Unicef e ai progetti destinati ai bambini». Qualcuno ha storto il naso e ha chiesto che cosa abbiano fatto «questi signori per esibire un conto così». La risposta è stata: «Hanno lavorato per cinque anni in dieci diversi paesi. La spesa si spiega in questo modo». Quindi il direttore generale ha assicurato di essere «a completa disposizione della magistratura».Ma c'è di più. A quanto risulta alla Verità lo stesso Rozera nei giorni scorsi ha incontrato in modo non ufficiale (l'Unicef Italia non è direttamente coinvolto nell'inchiesta) le toghe fiorentine e avrebbe inviato gli inquirenti a insistere con il ministero degli Esteri per far recapitare alla casa madre la missiva inviata a New York e mai giunta a destinazione.Per accelerare i tempi il manager si sarebbe offerto come ambasciatore per inviare informalmente negli Usa le richieste dei magistrati. La pm Giuseppina Mione avrebbe invitato l'Unicef Italia a formalizzare via mail questa proposta di collaborazione, ma poi la Procura avrebbe fatto retromarcia, poiché la documentazione conterrebbe accuse che neanche gli indagati conoscono e che per questo non poteva essere diffuso per vie non ufficiali. A proposito dell'abboccamento Rozera con il cronista si trincera dietro il classico no comment, mentre accetta di affrontare altre questioni: «Mi sorprende che i magistrati non abbiano mai chiesto all'Unicef i contratti con la Pta per comprendere la natura del nostro rapporto con loro. La Guardia di finanza nel 2016 ha parlato con me e io misi gli investigatori in contatto con la sede americana. So che i miei colleghi hanno risposto a tutte le domande che gli sono state rivolte, ma non hanno mai ricevuto la richiesta di esibire contratti e fatture». Per quale motivo avete interrotto i rapporti con la Pta nel 2013? «La qualità del loro lavoro non corrispondeva alle specifiche richieste nel contratto per questo è stata decisa l'interruzione dei pagamenti e la chiusura anticipata del contratto. Da parte loro non c'è stata nessuna reazione. Non ci hanno mai detto che avremmo dovuto pagare tutto». Probabilmente perché avevano la coda di paglia, verrebbe da dire. Ma come è possibile far realizzare utili del 66% con le offerte dei donatori? Le risposte di Rozera non ci convincono sino in fondo, ma lui difende l'operato dell'Unicef: «Lavoriamo in 190 Paesi del mondo, i progetti li realizziamo per davvero e spendiamo per la nostra struttura solo il 9% a livello mondiale (compresi quelli per i dipendenti, ndr); in Italia siamo al 15-16%, sogniamo di arrivare nel 2018 al 14%. Quando ci siamo accorti che il lavoro della Pta di Alessandro Conticini era diventato scadente c'è stata un'indagine interna e la risoluzione dei rapporti». Ci viene il dubbio che manchi qualcosa nei controlli sui progetti dati in subappalto: «Facciamo verifiche trimestrali», ribatte il direttore generale, che però non nega che qualcosa possa essere sfuggito: «Se siamo stati truffati? Non c'è dubbio che tutti possano esserlo. Io ho usato l'ultimo mese e mezzo per fare rifare i controlli a New York e loro ci hanno parlato di cattiva esecuzione del contratto alla fine del 2013. Se pure prima ci fossero problemi non lo so dire, ma secondo me è la gestione di Pta che andrebbe passata ai raggi x».Ma i Conticini per tutti quei soldi si occupavano solo di insegnare alle madri a giocare con i loro figli malnutriti? «Quello era il progetto più concreto, ma ci offrivano anche consulenze, per esempio scrivevano rapporti sulla situazione dell'infanzia nei vari Paesi africani dove dovevano partire dei progetti, “situation analysis" che richiedono studio e tempo». Potevano valere tali report milioni di dollari? Per Rozera quelli sarebbero i valori mercato per società con operatori sul campo: «Siamo abituati a chiedere ai fornitori i preventivi e a confrontarli con progetti analoghi di altri Paesi». Obiettiamo che di fronte a questi numeri forse bisognerebbe togliere il termine non profit ad alcune onlus e Ong. «Certo», ammette il direttore generale, «il terzo settore è appena stato riformato per mettere un po' di ordine, se fosse accaduto prima, forse tutto questo non sarebbe successo». Domanda finale: perché non fate denuncia per capire come siano stati utilizzati esattamente i soldi dell'Unicef? «Questo dovrebbe chiederlo a New York, e in ogni caso stiamo aspettando la lettera dei magistrati: le assicuro che verrà letta e valutata con molta attenzione», è la risposta. Quindi non è ancora stata scartata definitivamente l'ipotesi della querela? «Non mi sento di escluderla assolutamente, se verremo a conoscenza di nuovi elementi, la presenteremo senz'altro», promette Rozera. Un impegno che potrebbe placare la protesta dei donatori.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.