2024-09-12
La vigilanza di Meta: «Censura alla cieca, non si distinguono odio e frasi figurate»
Il comitato interno al gruppo di Mark Zuckerberg bacchetta Threads, l’anti Twitter lanciato contro Musk: «Regole preoccupanti».Dopo Facebook e Instagram, la censura arriva anche su Threads. Il comitato di vigilanza di Meta, un organo indipendente - ma finanziato dalla stessa casa madre - che monitora e valuta le decisioni relative alla moderazione dei contenuti sulle piattaforme di Mark Zuckerberg, ha chiesto alla società chiarimenti per quanto riguarda un caso di censura su Threads, il social network di microblogging lanciato l’anno scorso come alternativa a X, l’ex Twitter, in seguito all’acquisto di Elon Musk. La richiesta è arrivata dopo che a un utente giapponese è stato rimosso un commento rivolto al primo ministro giapponese, Fumio Kishida, perché considerato offensivo.L’utente in questione, nel commentare un articolo sulle accuse di evasione fiscale che hanno colpito il premier nipponico, avrebbe scritto l’equivalente letterale di «muori». Il sistema di moderazione ha considerato che l’espressione rientrasse nel rango dell’hate speech (discorsi d’odio) e, conseguentemente, meritasse di essere rimossa. Il comitato di vigilanza, noto come Oversight Board, ha invece fatto una valutazione diversa, ritenendo che il post non costituisse un rischio per la sicurezza e andasse considerato come un modo di dire figurato, non come una minaccia diretta al primo ministro (un’espressione simile si usa anche in italiano). Il fatto, secondo il board, «evidenzia la necessità di linee guida più chiare e flessibili, in grado di adattarsi alle diverse sfumature linguistiche e culturali».«È preoccupante che la policy di Meta in materia di violenza e incitamento non distingua chiaramente le minacce letterali da quelle figurate», si legge nell’articolo pubblicato sul sito del comitato. «In questo caso, la minaccia contro un leader politico era intesa come una critica politica non letterale che richiamava l’attenzione sulla presunta corruzione, utilizzando un linguaggio forte, che non è insolito sui social media giapponesi. Era improbabile che potesse causare pericoli». «Anche se i due moderatori coinvolti parlavano giapponese e comprendevano il contesto sociopolitico locale», continua «hanno comunque rimosso il contenuto per errore». Inoltre, il comitato di vigilanza ha evidenziato che la regolamentazione di Meta sulla violenza e l’incitamento, nel proibire l’utilizzo dell’espressione «morte a» contro persone considerate ad alto rischio, non è abbastanza chiara. «La logica della policy di Meta suggerisce che il contesto è importante per valutare le minacce ma, come è stato notato dal board in un caso precedente, i revisori umani di Meta non sono in grado di valutare l’intento o la credibilità di una minaccia». Fatto che dimostra come tutto il discorso sull’hate speech, quantunque portato avanti con le migliori intenzioni (senza cioè una più o meno conscia volontà di censura), rischi di diventare una cura peggiore della malattia, buttando via il grano insieme con la zizzania. Il nuovo social di Meta è finito sotto la lente della Commissione giudiziaria della Camera dei rappresentati Usa (a maggioranza repubblicana) fin praticamente dalla nascita. A pochi giorni dal suo lancio, il 17 luglio dell’anno scorso, il presidente della commissione, Jim Jordan, ha inviato una lettera all’amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, sollevando dubbi sulla potenziale censura che Threads avrebbe potuto mettere in campo. «Dato che in passato Meta ha censurato discorsi protetti dal Primo Emendamento in seguito a richieste e sollecitazioni di agenzie governative», scriveva nella missiva, «il Comitato è preoccupato per le potenziali violazioni del Primo Emendamento che si sono verificate o si verificheranno sulla piattaforma Threads». D’altra parte, che i social network abbiano subito pressioni per eliminare contenuti scomodi è ormai un fatto noto. È emerso con i Twitter Files, la serie di documenti fatti rilasciare da Elon Musk dopo l’acquisizione dell’allora Twitter, che hanno svelato le ingerenze operate da esponenti del governo statunitense sulle piattaforme online, per esempio attraverso lo Stanford Internet Observatory (noto come Sio, programma interdisciplinare dell’Università di Stanford nato per studiare la diffusione di fake news). Ricordiamo, in proposito, che su tale piattaforma non furono censurati solo i «Mario Rossi» (cosa comunque grave), ma anche figure prestigiose come Jay Bhattacharya, epidemiologo e docente dell’Università di Stanford, e Martin Kulldorff, professore ad Harvard (entrambi autori della Great Barrington Declaration). Lo ha testimoniato, pur in questo caso senza coinvolgimento di figure governative, lo scandalo che ha investito la Global Alliance for Responsible Media (Garm), organo fondato dalla World Federation of Advertisers (Wfa) - associazione che riunisce i principali inserzionisti del mondo e controlla il 90% degli investimenti globali in pubblicità - accusato di aver sfruttato il suo potere quasi monopolistico per boicottare i fondi destinati a voci non allineate.Ma soprattutto, lo ha ammesso lo stesso Mark Zuckerberg. In una lettera dello scorso 26 agosto rivolta alla Commissione giudiziaria della Camera dei rappresentanti, infatti, il Ceo di Meta ha dichiarato che l’amministrazione Biden ha esercitato pressioni sull’azienda affinché censurasse i contenuti sul Covid durante la pandemia. «Nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, compresa la Casa Bianca, hanno ripetutamente esercitato pressioni sui nostri team per mesi affinché censurassero alcuni contenuti Covid-19, tra cui l’umorismo e la satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo», ha scritto Zuckerberg nella lettera. «Credo che le pressioni del governo fossero sbagliate e mi rammarico che non siamo stati più espliciti al riguardo», ha continuato. «Penso anche che abbiamo fatto delle scelte che, con il senno di poi e con le nuove informazioni, oggi non faremmo».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.