2021-03-14
In viaggio per la Russia sulla 2 cavalli ho iniziato a innamorarmi del liscio
Da ragazzo, in Emilia, pensavo che andare in balera fosse la morte sociale. Solo dopo anni ho capito quanto mi piacesse la musica che un tempo snobbavo. E di cui Raoul Casadei, il maestro morto ieri, è stato il principale promotore.Quand'ero piccolo, in Emilia, la domenica venivo svegliato dal rumore della lucidatrice e, se resistevo a letto, mi alzavo qualche decina di minuti dopo quando mia mamma, finito di lucidare, metteva su un disco, sempre quello: Castellina Pasi, Tutto pepe. Delle gran fisarmoniche e i cantanti che non dicevan neanche una parola, solo ogni tanto urlavano: «Oé!». Io, della musica che piaceva ai miei genitori, quando ero piccolo, avevo vergogna. Mi sembrava che loro fossero rimasti là, prima della rivoluzione, in un mondo che era quello dei loro genitori e dei loro nonni e che noi figli non capivamo e non potevamo capire più.Qualche anno dopo, quando facevo le superiori, un mio compagno di classe, Massimo, mi ha detto che uno dei suoi amici non si poteva proprio più frequentarlo. «Come mai?» gli avevo chiesto io. «Ma sai cosa fa?» mi aveva detto lui. «Cosa fa?» gli avevo chiesto io. «Va a ballare il liscio». «No!», gli avevo detto io. «Sì!», mi aveva risposto lui. Andare a ballare il liscio, a Parma, nel 1980, per un diciottenne, era una specie di condanna a morte, sul piano sociale. Noi, diciottenni parmigiani, ci sentivamo molto più avanti, da un punto di vista musicale, rispetto al liscio, anche se la condizione di Parma, musicalmente, nel contesto emiliano era, ed è, stranissima. Che se si guarda l'Emilia, nel suo complesso, i cantanti, prendiamo per esempio i cantanti o i cantautori o i gruppi di Bologna Modena Reggio Emilia: Guccini, Dalla, Morandi, Carboni, Luna pop, Cremonini, Bersani, Ligabue, Vasco Rossi, Modena City Ramblers, Cccp, Offlaga disco pax, Equipe ottantaquattro, I nomadi, Csi, Cisco, Ferretti, Zucchero, Mingardi, Pgr, I ladri di biciclette, Irene Fornaciari, Paolo Belli, i Giardini di Mirò, Nek, Pavarotti, Üstmamò, Skiantos, Stadio, il fratello di Ligabue, il figlio di Morandi, Caterina Caselli, Orietta Berti, Iva Zanicchi, Pierangelo Bertoli, Lo stato sociale, Beppe Starnazza, Astro Vitelli e molti altri che non mi ricordo. A Parma, chi c'è? I corvi, e Scialpi. Avevamo poco da fare i difficili, secondo me. Ma ci sentivamo, comunque, superiori, al liscio, che non era, tra l'altro, nella nostra comprensione delle cose, una musica emiliana, era romagnola, erano quei Raoul Casadei là che cantavano «Ciao, ciao, ciao, ciao, mare!», che noi, nel mezzo della pianura padana, cosa vuoi che sapessimo, noi, del mare? No no, a noi piacevano delle cose tutte diverse, a me piacevano i cantautori «Gli aerei stanno al cielo / come le navi al mare», a Massimo piaceva la musica da discoteca e il più grande musicista della nostra epoca, secondo lui, era Patrick Hernandez. Io, mi ricordo benissimo, gli avevo detto che dopo quella canzone lì, Born to be alive, che allora sentivamo tutti, Patrick Hernandez non avrebbe più fatto niente di memorabile, e che ne ero praticamente sicuro. E insomma, adesso non è bello da dire, ma avevo ragione. Dopo, finita la scuola, ho fatto il militare, e lì la canzone che mi ricordo di più è: «Picchetto, picchetto, picchetto maledetto»; poi sono andato all'estero a lavorare, per tre anni, poi son tornato a casa e mi sono iscritto all'università, lingue e letterature straniere, specialista in russo, e ho cominciato a andare in Russia. E mi è successa una cosa strana: c'eran delle canzoni, che in Italia non avrei cantato neanche se mi pagavano, che in Russia ho cantato più volte, ma con piacere, dentro degli appartamenti sovietici, in cucine strettissime, seduti su degli sgabelli intorno a un tavolo con sopra una bottiglia di vodka, un baton di pane nero, due cetrioli e tre pomodori, e una di quelle canzoni è Un italiano vero, di Toto Cutugno. Apro una parentesi: questa canzone, secondo me, ogni tanto salta fuori il dibattito sull'inno nazionale, questa canzone, che noi Italia un po' la snobbiamo, sentirla fuori dall'Italia uno si accorge che questa è la vera canzone che dovrebbe diventare l'inno nazionale. E a me piacerebbe moltissimo, un giorno, magari non tanto lontano, vedere i giocatori della nazionale che, una mano sul cuore, al centro del campo cantano: «Buongiorno Italia gli spaghetti al dente, e un partigiano come presidente, con l'autoradio sempre nella mano destra e un canarino sopra la finestra» e ho paura che non succederà mai, chiusa la parentesi. Dopo che mi sono laureato, nel 1995, ho fatto un viaggio in macchina, una Citroën 2 cavalli grigia e nera, sono partito da Basilicanova, in provincia di Parma, sono arrivato a San Pietroburgo, ci ho messo quattro giorni e è stato un viaggio stupefacente. Il mio meccanico, mi ricordo, che aveva messo a punto la macchina prima del viaggio, quando me l'aveva consegnata mi aveva dato anche un cacciavite a stella e mi aveva detto «Se la macchina a un certo punto si ferma, tu parcheggi da un lato della strada, scendi, prendi questo cacciavite, sviti le targhe, sia quella davanti che quella di dietro, e la macchina la lasci lì. L'importante è che porti indietro le targhe». Avevo uno stereo, sulla macchina, e avevo preso su tre cassette, e non avevo fatto altro che ascoltarle una dopo l'altra, durante tutto il viaggio di andata e poi anche, due mesi dopo, durante tutto il viaggio di ritorno. Una era una cassetta che mi aveva dato mio babbo, che erano le canzoni del liscio che ascoltava lui quando era piccolo, ma non il liscio quello là, romagnolo, con la fisarmonica, no, era il liscio emiliano, dei pezzi fatti tutti coi fiati, e tra gli altri pezzi c'era un pezzo che a me, ancora oggi, sentirlo, mi sembra di essere sui monti dell'Ucraina, anche se è un pezzo che l'ha scritto un signore nato a Barco, in provincia di Reggio Emilia e si intitola Battagliero. Ecco quella musica lì, io dopo, ma anni dopo, ho conosciuto un ragazzo che ha messo su un'altra banda che suonano quella musica lì, la banda si chiama L'usignolo e lui si chiama Mirco Ghirardini e m'ha detto che probabilmente, adesso questa cosa non si sa bene davvero, ma è possibile che il liscio, le sue origini, non siano, come si pensa, romagnole, ma emiliane, che il liscio sia nato proprio dai cosiddetti concerti a fiato, e il primo concerto a fiato sembra fosse nato proprio in provincia di Parma, ed era quello di Cantoni, il concerto Cantoni, che erano quindici fratelli e sorelle, più qualche cugino, e qualche amico, che suonavano ognuno uno strumento diverso e facevan le sagre di paese, le fiere, d'inverno si preparavano e d'estate facevano le tournées. Insomma, ho dovuto ammucchiare più di trent'anni per capire che quella musica là che quando ero piccolo mi dava tanto fastidio, in realtà a me piace, e da quel viaggio, son passati venticinque anni, io mi aspetto sempre, da un anno all'altro, che ci sia, in Italia, e nel mondo, la mania del liscio. C'è stata del tango, c'è stata della lambada, c'è stato delle orchestre balcaniche, ce ne son state altre che probabilmente io ho saltato perché non stavo attento, c'è stata della taranta, a me sembra stranissimo che non ci fosse del liscio, invece non c'è ancora stata, e il principale promotore è stato quello lì di Ciao mare, Raoul Casadei, che è morto ieri.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
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