2020-09-15
Via all’appello per il killer di Pamela. La famiglia: «Non ha agito da solo»
Pamela Mastropietro (Ansa)
Lo zio della vittima: «Si parla tanto di razzismo ma non s'indaga sulla mafia nigeriana».Era il 31 gennaio del 2018, in una strada di campagna a Macerata in due trolley venne ritrovata fatta a pezzi Pamela Mastropietro, 18 anni, romana. Si era allontanata due giorni prima dalla Pars, la comunità che avrebbe dovuta curarla per il suo disagio psichico. È un delitto il cui orrore - scrivono i periti della Procura - non trova eguali in cent'anni di storia criminale. Pamela è stata ridotta in 24 pezzi, gli organi sessuali scarnificati, il collo mai più trovato e ciò che restava del cadavere fu lavato con la varichina. A ucciderla - ha stabilito in primo grado la Corte di assise di Macerata - è stato il nigeriano Innocent Oseghale, spacciatore di droga, ospitato come richiedente asilo per mesi a spese del contribuente italiano dal Gus nell'ambito del programma Sprar. È stato condannato all'ergastolo il 28 maggio dello scorso anno. Domani ricompare davanti alla Corte di assise di appello di Ancona come unico autore del delitto (che lui ha sempre negato) e dello scempio del cadavere (che ha ammesso). Il caso Mastropietro irrompe di nuovo sulla scena politica. Allora c'erano le Europee che si infiammarono anche perché Luca Traini per «vendicare» Pamela inscenò per le strade di Macerata pistola in pugno un raid contro persone di colore: ne ha ferite sei (quattro sono poi finite dentro per spaccio) e lui sta scontando 12 anni di carcere per tentata strage aggravata da motivi di razzismo. Macerata si divise; fu invasa dagli antifascisti e dagli antirazzisti, per Pamela nessuna lacrima dal governo guidato allora dal marchigiano Paolo Gentiloni (Pd), moltissime quelle versate dalla gente che mise sotto accusa l'accoglienza senza controllo, lo spaccio senza argine. La Dia - la direzione antimafia - ha poi dimostrato con diverse inchieste che la mafia nigeriana ha nelle Marche una delle sue basi. Oggi si vota per le Amministrative e il caso Mastropietro potrebbe tornare a dividere gli animi.L'appello si apre con un'incognita inquietante. I difensori di Oseghale, gli avvocati Umberto Gramenzi e Simone Matraxia, contestano le notifiche degli esami tossicologici e autoptici condotti sui resti della povera Pamela e ne chiedono la nullità. Fossero accolte queste eccezioni, gli esami sarebbero irripetibili e le prove contro Oseghale verrebbero affievolite. Toccherà alla Corte d'assise d'appello presieduta da Luigi Antonio Cotelli decidere, ma è certo che il procuratore generale Sergio Sottani e il Pm d'udienza Ernesto Napolillo si opporranno. «Confidiamo che le eccezioni vengano respinte», dice Marco Valerio Verni, zio di Pamela a patrocinatore della parte civile. «Mi auguro che anzi si voglia procedere a un ulteriore supplemento d'indagini perché restiamo convinti che Oseghale non può aver fatto tutto da solo. Pamela è stata uccisa dalla mafia nigeriana, il che non vuol dire che sia un delitto di mafia, ma c'è il ragionevole dubbio che a ucciderla siano stati esponenti dei culti nigeriani. È sorprendente che rispetto all'orribile morte di Pamela non ci sia stata nessuna riflessione di questo tipo. Continuamente sento invece parlare, anche per fatti recenti, di pericolo razzista. Sia chiaro: per me Willy Monteiro Duarte è un eroe, ma per Pamela non ho sentito la stessa tensione. Spero che l'appello non solo confermi la condanna di Oseghale, ma apra un nuovo dibattito sul pericolo mafia nigeriana». A Marco Valerio si unisce la sorella Alessandra Verni, la mamma di Pamela che in questi giorni ha ottenuto il diploma di maturità come estetista. «L'ho fatto per Pamela. Mi piacerebbe che così come giustamente il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti vuole intitolare un istituto alberghiero al povero Willy - per lui sono le nostre lacrime, per la sua famiglia c'è il nostro abbraccio di solidarietà - si pensasse a qualcosa di simile per Pamela: magari un istituto professionale per estetiste».