
Gli insulti da stadio (già duramente puniti) diventano il pretesto per accusare dei peggiori orrori un'intera realtà. Tutto per ribadire che i sovranisti sono il male.Sono stato di recente a Verona (e a breve spiegherò il perché), ma mi tocca ammetterlo: mi devono essere sfuggiti i gomitoli di filo spinato e le croci uncinate esposte sugli edifici pubblici. Forse perché era buio, non ho notato gli Sturmbannführer delle Ss agli angoli delle strade. E ovviamente mi sono perso anche il mercato degli schiavi: chissà, forse lo fanno solo nei giorni dispari. Il fatto è che Verona non mi sembrava proprio una città nazista, eppure, stando ai quotidiani di ieri, pare proprio che sia così. Su Repubblica, Michele Serra se l'è presa con gli abitanti della città «bella e benestante», spiegando che saranno disposti a «tutto pur di non ammettere: abbiamo un problema di nazismo, a Verona, e ce l'abbiamo da molto tempo (qualche barbone bruciato, qualche rogo di “impuri"). Come sempre», ha aggiunto, «non sono i pochi energumeni violenti a fare paura. È la maggioranza di borghesucci che fa finta di non vedere e di non sapere. E vanno pure in chiesa». Hai capito gli squallidi borghesucci veronesi? Loro sì che rappresentano la banalità del male, si credono assolti ma sono colpevoli fin nel midollo. Del resto continuano a chiudere gli occhi di fronte alle manifestazioni di inaudita violenza, ai barboni bruciati, ai roghi di inferiori. Forse l'editorialista di Repubblica si riferiva al recente caso del povero Vasile Todirean, clochard romeno picchiato e bruciato a Villafranca, in provincia di Verona. Solo che, la scorsa estate, per quel delitto atroce, non sono stati fermati dei nazisti, ma altri tre clochard. Certo a Verona, decenni fa, ci sono stati gli omicidi brutali di Ludwig, ma qui parliamo di serial killer, mica di militanti sovranisti. Secondo Paolo Berizzi, tuttavia, i sintomi di nazismo vanno ben oltre roghi e omicidi. Il nazistologo di Repubblica, sempre ieri, ha chiarito che il male nero scorre prepotente nelle vene della città scaligera. Ecco un esempio: «Il 4 ottobre i battenti di Castel Vecchio si aprono per il convegno “Le bugie sull'immigrazione": nella locandina c'è un immigrato con in mano un machete insanguinato. Logo del Comune e fondi di Serit, la municipalizzata dei rifiuti». A dirla tutta, quel convegno era la presentazione congiunta di due libri, tra cui il romanzo grafico Adam firmato dal sottoscritto e da Giuseppe Rava. L'immigrato con il machete sulla locandina era appunto il protagonista del fumetto, che con tutta evidenza Berizzi non ha letto (e dire che ha pure tante figure...). Il punto è che «le porte di Castel Vecchio» non si sono affatto aperte per il convegno. Anzi, il circolo degli ufficiali, che avrebbe dovuto ospitarci, ci ha gentilmente fatto sloggiare la sera prima, adducendo ragioni di opportunità politica. Abbiamo dovuto ripiegare su un'altra sala, scontentando la sinistra locale che avrebbe voluto censurarci. Curioso che in una «città nazista» la presentazione di due libri sull'immigrazione venga così osteggiata, non trovate? Altro esempio di nazismo diffuso sarebbe il Congresso delle famiglie dello scorso anno. Per la verità i partecipanti erano per lo più ferventi cattolici con figli al seguito, e infatti non si sono viste svastiche né stivaloni chiodati. Soprattutto, anche in quel caso, il congresso è stato osteggiato e vilipeso. Il comitato organizzatore ha addirittura subito un blitz all'interno della sede, e nei giorni del congresso si sono liberamente tenute contromanifestazioni di femministe e associazioni Lgbt, per altro sostenute da numerosi esponenti della sinistra di livello nazionale. Veniamo infine alla questione che riguarda Mario Balotelli. Ci sono testimoni - pure al di sopra di ogni sospetto - che sostengono di non aver sentito i famigerati «buuu razzisti». Ma mettiamo pure che ci siano stati: basta il coro di qualche decina di persone per stabilire che un'intera città e un'intera classe politica sono naziste? È un po' troppo. Non solo: il Verona ha bandito dallo stadio fino al fino al 2030 il capo ultras Luca Castellini, in virtù delle dichiarazioni su Balotelli e la sua italianità pronunciate alla radio. A quanto pare, insomma, una reazione c'è stata e anche piuttosto dura. Inoltre la Procura veronese ha aperto un'inchiesta per discriminazione razziale in violazione della legge Mancino. Utilizzare gli stadi e le curve come metro con cui giudicare una intera società, tuttavia, resta scorretto ed eccessivo. Di dichiarazioni sconcertanti, nel mondo del calcio, ne abbiamo sentite ovunque e a tutti i livelli. Lo stesso Balotelli (citiamo dalla Gazzetta dello sport del 7 maggio 2017), parlando a un'emittente brasiliana, ebbe a dire: «Prima di essere italiano sono africano. Se fossi prima italiano, sarei bianco». Ciò non giustifica gli insulti, ovviamente, ma mostra che talvolta il mondo del pallone segue logiche tutte sue, per quanto discutibili. Il fatto è che Verona ha una grande colpa: è una città in cui la destra vince. Quindi - nella vulgata progressista - dev'essere per forza nazista. Ovunque la destra è forte, lì la sinistra ravvisa i germi dell'oppressione. Ormai persino le tradizionali accuse di razzismo e fascismo non bastano più: sono troppo deboli (oltre che ampiamente sbugiardate). Dunque, in piena psicosi nera, bisogna puntare più in alto, direttamente alle croci uncinate. Bisogna dire che la Lega è infiltrata da nazisti, che i partiti sovranisti coccolano i nostalgici di Hitler, che Fratelli d'Italia non approva la Commissione Segre per proteggere gli antisemiti e via di questo passo. È emblematico, a questo proposito, ciò che ha scritto su Twitter un paio di giorni fa lo storico Alberto Melloni (già collaboratore di importanti testate tra cui la stessa Repubblica). Commentando le frasi del cardinale Camillo Ruini secondo cui «il dialogo con Salvini è doveroso», Melloni ha tirato in ballo proprio il nazismo: «Quel che Ruini dice delle possibili prospettive di Salvini è identico a quel che Von Papen diceva di Hitler a Roncalli nel 1941. Roncalli lo zittì citando i milioni di ebrei uccisi nelle camere a gas». Ovvio: la destra, in Italia, va bene solo se piace alla sinistra. Cioè se è smorta, politicamente corretta e perdente. Altrimenti è nazista. E nazisti sono tutti coloro che la votano, a partire da quei borghesucci dei veronesi. I quali - pensa che schifosi - hanno persino la faccia tosta di andare a messa quando per andare in chiesa, si sa, è necessaria la tessera del Pd.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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Lockheed F-35 «Lightning II» in costruzione a Fort Worth, Texas (Ansa)
- Il tycoon apre alla vendita dei «supercaccia» ai sauditi. Ma l’accordo commerciale aumenterebbe troppo la forza militare di Riad. Che già flirta con la Cina (interessata alla tecnologia). Tel Aviv: non ci hanno informato. In gioco il nuovo assetto del Medio Oriente.
- Il viceministro agli Affari esteri arabo: «Noi un ponte per le trattative internazionali».
Lo speciale contiene due articoli.
Roberto Cingolani, ad e direttore generale di Leonardo (Imagoeconomica)
Nasce una società con Edge Group: l’ambizione è diventare un polo centrale dell’area.






