2023-10-21
La verità è morta (e molto prima di Gaza)
In Medio Oriente, stesso copione dell’Ucraina: non c’è più una notizia che non diventi motivo di scontro tra versioni contrapposte. La colpa, però, non è del popolo credulone. Semmai degli esperti, che hanno contaminato i fatti con interessi politici e mistificazioni.Tra le varie tragedie a cui ci tocca assistere quasi quotidianamente dobbiamo annoverare un tremendo delitto che ha lasciato un cadavere illustre sul terreno. La morte della verità è avvenuta per omicidio, e non è nemmeno troppo difficile individuare i responsabili, dato che sulla scena del crimine ci sono parecchi indizi. Il corpo morto, tanto per cominciare, è stato lasciato in bella vista, e tutti lo possiamo osservare. Non c’è notizia di cui non si possa discutere all’infinito, non c’è affermazione che non sia decostruita e ricostruita con un impeto feroce scaturito dalla totale mancanza di fiducia.Si discute da giorni dell’ospedale battista di Gaza colpito da un missile (o era una bomba?). Si commenta con ansia il numero spropositato di decessi, ben 600 (o erano 500? O forse i morti erano 10 o 50 come sostengono fantomatiche «fonti di intelligence europee»?). Le autorità israeliane mostrano frammenti di video e forniscono ricostruzioni. Hamas risponde con un racconto totalmente differente. Poi arriva Al Jazeera a smontare l’analisi israeliana, anche perché si basava su un video trasmesso dall’emittente araba. Ma di nuovo altri osservatori occidentali replicano che Al Jazeera demolisce una narrazione ma non ne fornisce una alternativa credibile. E via smontando e rimontando.In Ucraina non è accaduto niente di diverso. Nelle trasmissioni e sui giornali ci si è scornati per mesi sulla paternità di questo o quel missile, ci si è accapigliati per scegliere le spalle su cui caricare il pesante fardello della morte. I più visibili commentatori hanno disegnato roboanti architetture ipotetiche per sostenere che i russi si fossero sabotati da soli un gasdotto, è intervenuto un premio Pulitzer a dimostrare che il sabotaggio era stato in realtà prodotto dall’Occidente, ma è stato comunque accusato di essersi bevuto il cervello.Nulla che non avessimo già visto con il Covid. Nel corso della pandemia abbiamo assistito con sconcerto al linciaggio mediatico di premi Nobel e di filosofi riveriti fino al giorno prima, mentre cantanti e attorucoli venivano celebrati quali maestri del pensiero. Una situazione delirante, e perfettamente sovrapponibile a quella che si crea ogni volta riguardo ai temi green e al riscaldamento globale.Che l’informazione nel mondo globalizzato si fosse trasformata in un diluvio travolgente, in un rumore di fondo avvolgente e capace di confondere i pensieri è cosa nota da tempo. Ma il quadro è decisamente peggiorato negli ultimi tre o quattro anni. Il comune cittadino si ritrova nella condizione che Michael Pollan ha definito «il dilemma dell’onnivoro»: di fronte a una montagna di cibi molto lavorati e artefatti, come faccio a distinguere ciò che è buono e ciò che non lo è? Che cosa posso mangiare? Per chi segue il notiziario quotidiano il dubbio è forse ancora più angosciante: a chi devo credere? Di chi mi devo fidare?Intendiamoci: non sono scomparsi i fatti, la realtà continua a esistere, solo che è molto più difficile interpretarla, se non altro perché ogni giorno siamo chiamati a misurarci su questioni enormi, di cui poco sappiamo e poco possiamo sapere anche se ci mettiamo di buzzo buono ad approfondire. I fatti esistono, ma la loro essenza ci sfugge, e coglierla è sempre più difficile, e qui gioca un ruolo determinante la crisi del principio di autorità. Inutile girarci intorno: una larga fetta della popolazione non si fida più delle istituzioni, di ogni ordine e grado. Non si fida più dei politici ma pure dei giornalisti, e non si fida più dei cosiddetti esperti, che siano scienziati, medici, analisti di geopolitica, ingegneri climatici e via snocciolando. Il tema è noto, come no. Ma troppo spesso, nell’affrontarlo, si dimenticano le clamorose responsabilità che i suddetti esperti e i tecnici di ogni ordine e grado hanno accumulato nel corso degli anni. Normalmente si punta il dito contro il popolo bue, indicato come troppo ignorante e superficiale per comprendere la profondità degli eventi, si pretende di istruirlo o rieducarlo, di regolarne i pensieri tramite direttive che non si possono mettere in discussione. E quando quello si ostina ad alzare la voce lo si mette a tacere. La mistificazione è divenuta una regola quasi ovunque, l’interesse economico e la compromissione politica hanno penetrato quasi tutti gli organismi istituzionali e la superficialità avvince anche i cosiddetti corpi intermedi. La fiducia è in crisi ed è colpa per lo più di chi l’ha tradita o non ha saputo meritarla. Dunque non ci si può stupire se il popolo rifiuta di credere a una ricostruzione ufficiale o subodora l’esistenza di oscure trame, perché molto spesso le ricostruzioni sono false e le trame esistono, nemmeno troppo oscure. In aggiunta, tutti i presunti «verificatori» e fact checker sono ancora più compromessi e superficiali di chi dovrebbero giudicare. Se aggiungiamo il proliferare di strumenti di controllo come il Dsa europeo o le varie commissioni contro odio e fake news ci rendiamo conto di come sia sostanzialmente impossibile intravvedere l’esistenza di un potere amico e affidabile. Nel disorientamento globale, i più cercano di aggrapparsi a opinioni maker e guide che siano rassicuranti, e che si limitino a confermare le opinioni, invece si scuoterle e metterle in crisi. Alla scomparsa della verità si accompagna la scomparsa del sacrosanto dubbio, perché soltanto chi è saldo può essere disposto a rivedere le proprie certezze, a indagarle a fondo. Quest’ultimo, tuttavia, è un lusso che non ci possiamo e vogliamo più permettere, e troppo spesso anche chi sfugge al pensiero unico si rifugia in un pensiero secondario, minoritario ma non autonomo, contrario per reazione e non per consapevolezza. Così si continua a discutere della provenienza dei missili, si esibiscono studi, analisi utili per lo più a bisticciare sui social. Nel frattempo la verità scolora e l’uomo solo in mezzo al diluvio si chiede: a chi devo credere? Tutt’intorno, silenzio.