2020-02-20
Varoufakis terrorizza i parrucconi dell’Ue
L'ex ministro di Alexis Tsipras fa tremare Bruxelles. Prima consegna al presidente della Camera greco le registrazioni (segrete) delle riunioni dell'Eurogruppo del 2015 in cui la Germania strapazzava Atene, poi promette di diffonderne le trascrizioni. Giuseppe Conte va in Aula ma non parla di Mes. La Lega: «Imputabile per infedeltà». Nel dibattito sul Consiglio europeo Matteo Borghi attacca: «Pacchetto? Questo è un cetriolo». Lo speciale comprende due articoli. Quella che sembrava una domanda di routine fatta da una giornalista lunedì sera durante la conferenza stampa dell'Eurogruppo promette di scatenare uno scontro al calor bianco tra le istituzioni europee e l'ex ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, e di mettere ancora più in luce la scarsa trasparenza che caratterizza l'Eurogruppo. Organo che, seppur informale, è snodo decisivo delle scelte politiche dell'Eurozona. Venerdì Varoufakis ha consegnato al presidente della Camera Kostas Tassoulas una chiavetta Usb contenente le registrazioni di numerose riunioni dell'Eurogruppo avvenute nei primi mesi del 2015, invitando Tassoulas a divulgarla ai parlamentari e al pubblico. La chiavetta è stata restituita al mittente a stretto giro, definendo il gesto «inaccettabile» e invitando Varoufakis a prendersi le sue responsabilità senza scaricarle sul Parlamento greco. Subito dopo, Varoufakis ha reso noto che avrebbe pubblicato le registrazioni intorno al 10 marzo, tempo necessario per le trascrizioni. Quando lunedì sera la giornalista ha chiesto un commento al presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno, la risposta è stata un secco «no comment». Subito dopo Centeno ha rivolto lo sguardo verso Klaus Regling, capo del Fondo salva Stati (Mes) che non si è fatto pregare e ha aggiunto: «Deploriamo questa violazione della riservatezza, mi auguro che abbia usato nel suo libro già pubblicato tutto ciò che riteneva interessante». Una dichiarazione laconica per liquidare come irrilevante l'uscita di Varoufakis, alla pari del suo volume. La replica di Varoufakis non si è fatta attendere. In un post pubblicato ieri sul sito del suo movimento politico, ha sferrato un durissimo attacco a Regling e rivelato un episodio che conferma come il tedesco abbia più di qualcosa da nascondere. Infatti, quando il prestigioso regista greco Costa-Gavras annunciò il film tratto dal libro di Varoufakis Adulti nella stanza, ispirato agli eventi del 2015 e documentato con le registrazioni che ora saranno integralmente divulgate, Regling si preoccupò e chiese subito un incontro a pranzo col regista. Lo scopo era di dissuaderlo dal girare il film, sostenendo l'imprecisione con cui il libro riportava i fatti dell'epoca. Costa-Gavras rispose che invece aveva verificato la perfetta rispondenza del contenuto del libro alle registrazioni, che aveva ascoltato, e quindi credeva alla versione di Varoufakis. Regling andò via e Costa-Gavras pagò pure il conto. Varoufakis ha spiegato che Regling ha motivo di preoccuparsi perché i cittadini europei sapranno che il tedesco suggeriva di non pagare le pensioni ai cittadini greci in modo da consentire il pagamento delle rate al Fondo monetario internazionale. Ha aggiunto che quando i cittadini potranno ascoltare le parole di Regling sarà molto difficile per lui avere un lavoro in qualsiasi Paese, compreso il suo, e ha concluso definendolo non solo un «cinico burocrate» ma anche «un incapace» che incappa in errori tecnici elementari. Ma perché rivelarle ora, dopo cinque anni? Varoufakis ha spiegato che credeva di aver chiuso la vicenda delle registrazioni con l'uscita del libro tre anni fa. Ma di recente in Grecia è stata approvata una legge che dispone la vendita di prestiti ipotecari inesigibili a dei fondi che dal 1° maggio sfratteranno le famiglie provocando una nuova ondata di sofferenze al popolo greco. Sia il nuovo governo di centrodestra che gli ex colleghi di Syriza imputano questi provvedimenti draconiani alla inefficace azione di Varoufakis durante le riunioni dell'Eurogruppo del 2015, in cui il greco irritò i colleghi europei, inimicandoseli. Allora, per mettere fine a questa rappresentazione distorta dei fatti, ecco la decisione di divulgare integralmente quanto registrato in quei mesi. In questo modo: 1 Si capirà come l'euroscetticismo sia stato alimentato da un processo decisionale inaccettabile, proprio al centro della Ue. 2 Si avrà conferma, purtroppo, che le posizioni degli euroscettici sono del tutto fondate. 3 Chiunque interessato potrà avere contezza sulle modalità con cui si prendono decisioni cruciali per l'economia mondiale. 4 Poiché non può esserci democrazia senza trasparenza, si offrirà un piccolo contributo ai democratici di tutto il mondo. Giova ricordare che in quel libro viene riportato un episodio, mai smentito, a proposito del nostro ministro dell'Economia dell'epoca, Pier Carlo Padoan. Quando Varoufakis chiese a Padoan come fosse riuscito a contenere l'ostilità di Wolfgang Schäuble che lo aggrediva in ogni possibile occasione in particolare nell'Eurogruppo, Padoan rispose che aveva conquistato il suo rispetto accogliendo il «suggerimento» di approvare il jobs act, dopo il quale le ostilità improvvisamente cessarono. Ma quelle registrazioni potrebbero costituire la conferma delle numerose perplessità sollevate negli ultimi mesi a proposito delle decisioni assunte dall'Eurogruppo sul Mes e su altri dossier decisivi per il nostro Paese. Se il clima in quel consesso è quello documentato da Varoufakis, con un nucleo forte di Paesi arroccato intorno alla Germania che detta la linea con atteggiamenti ricattatori, quale garanzia ha il nostro Parlamento che sia stato rispettato il mandato conferito ai nostri rappresentanti?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/varoufakis-terrorizza-i-parrucconi-dellue-2645194931.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="conte-va-in-aula-ma-non-parla-di-mes-la-lega-imputabile-per-infedelta" data-post-id="2645194931" data-published-at="1757930606" data-use-pagination="False"> Conte va in Aula ma non parla di Mes. La Lega: «Imputabile per infedeltà» Seduta infuocata ieri pomeriggio a Montecitorio. Dopo una mattinata relativamente tranquilla in Senato, il premier Giuseppe Conte ha affrontato alla Camera il secondo round di comunicazioni in vista del Consiglio europeo di domani, dedicato ai negoziati sul bilancio a lungo termine dell'Ue per il settennato 2021-2027. E nonostante su uno dei punti considerati più caldi, vale a dire la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, Giuseppi abbia preferito mantenere un omertoso silenzio, ci ha pensato il presidente della commissione Bilancio, Claudio Borghi, a riportare prepotentemente a galla il tema. Punto di partenza, i fondi destinati dal budget Ue allo strumento di bilancio per la competitività e la convergenza della zona euro (Bicc). Un'arma importante, progettata dai Paesi aderenti alla moneta unica per far fronte a situazioni economiche difficili, e che almeno sulla carta dovrebbe prevedere una funzione di stabilizzazione come un regime comune di riassicurazione contro la disoccupazione o un fondo per periodi di crisi. Ebbene, parlando in Aula, lo stesso premier Conte ha definito la dotazione proposta dal Consiglio «nel complesso modesta», precisando che «l'Italia pertanto insisterà affinché in futuro sia possibile un rifinanziamento che aumenti le risorse complessivamente disponibili e introduca una più robusta funzione di stabilizzazione». Cosa c'entri in questo groviglio di acronimi il Bicc con la riforma del Mes, è presto detto. Lo strumento di bilancio della zona euro rappresenta infatti, insieme alla garanzia comune sui depositi (Edis), uno dei tre cardini del famoso «pacchetto» sbandierato dal nostro premier. O passano tutti e tre i punti, o niente. Questa, almeno a detta di Conte e del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, sembrava dover essere la posizione ufficiale del nostro Paese ai tavoli del negoziato. «Questa logica del cetriolo si porta dietro il cetriolo più grosso di tutti, che è il Mes», ha tuonato Borghi dai banchi della Camera, «il Bicc doveva essere parte del pacchetto, e noi dovevamo essere un player fortissimo in queste negoziazioni sul bilancio europeo perché avevamo il coltello dalla parte del manico, legato al fatto di poter decidere o meno se approvare il Mes». Tramontato, o comunque fortemente ridimensionato il Bicc, che fine fa il pacchetto? Senza contare che sull'Edis i lavori sono ancora in corso, e le resistenze da vincere ancora tante. «Tutto quello che sta uscendo come documentazione ufficiale porta alla conferma di quello che noi avevamo già sospettato, vale a dire che non c'era nessun pacchetto, che non c'era nulla», ha poi aggiunto il deputato leghista, «ma che contrariamente a quanto era stato dato come mandato parlamentare, il testo del Mes è chiuso». Parole che sembrano confermate sia dalle indiscrezioni circolate nelle ultime settimane, sia dagli atti ufficiali. Come già riportato dalla Verità, infatti, nelle conclusioni dell'Eurogruppo di gennaio, il presidente Mario Centeno assicurava sul fatto che «non si tratta più di una questione di sostanza, manca solo la definizione di alcuni aspetti legali, contiamo di chiudere l'accordo a marzo». «Ormai sembra evidente a tutti, anche a chi faceva finta di non vedere, che qui abbiamo avuto una persona infedele al suo mandato», ha rilanciato durissimo Borghi all'indirizzo del premier. «Chiunque si renda infedele al mandato è passibile di carcerazione non inferiore a 5 anni», quindi «pensateci bene prima di firmare direttamente il Mes: qui l'unica cosa che vogliamo vedere è che il Mes verrà scartato riga per riga», altrimenti «l'infedeltà sarà accertata e la responsabilità sarà tutta sua».
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
Continua a leggereRiduci