2021-07-31
O il vaccino o la Dad. Il governo studia la stretta sui prof
Ma gli immunizzati sono oltre l'85%. Dopo il 20 agosto lo scontro si riaccenderà. Il sottosegretario Rossano Sasso e «l'ipotesi aberrante».Come La Verità ha ripetutamente scritto negli scorsi giorni, non sono le opinioni di chicchessia ma le cifre a rendere abbastanza surreale la residua discussione sull'eventuale imposizione di un obbligo vaccinale a carico del personale scolastico. Stando ai dati aggiornati al 23 luglio, infatti, già l'85,5% del personale ha ricevuto la prima dose e il 78% anche la seconda, avendo così completato il percorso di vaccinazione. E allora di che cosa stiamo parlando?Interpellato dalla Verità, il sottosegretario Rossano Sasso (Lega) va addirittura oltre, e ipotizza, con argomenti razionali, che in realtà si sia già al 90% e forse perfino più su. E come mai? In primo luogo, perché nei mesi passati c'è stata una fase in cui gli insegnanti potevano vaccinarsi in base a una corsia preferenziale stabilita per la loro professione, mentre poi in moltissimi si sono prenotati e vaccinati semplicemente in base alla rispettiva fascia anagrafica: e già questo fa supporre che i numeri reali adesso siano superiori. Non solo: per una serie di intrecci burocratici, non è piccolo il numero degli insegnanti provenienti da una regione ma scolasticamente impegnati in una regione diversa (ad esempio, un docente di origine meridionale che insegna nel Nord) che nei mesi scorsi non si sono potuti prenotare né nell'una né nell'altra regione: molti di loro sono adesso prenotati per agosto, il che farà ancora salire le cifre. Senza dire di una percentuale di persone che non possono vaccinarsi per altre ragioni di salute. I dati oggettivamente altissimi e queste considerazioni hanno portato tutti a un esercizio di realismo, evitando per ora fughe in avanti. E lo stesso generale Francesco Paolo Figliuolo ha fissato al 20 agosto prossimo il momento in cui le regioni dovranno far sapere la situazione aggiornata, per consentire al governo le relative decisioni. È noto che c'è chi spinge (in primo luogo Roberto Speranza) per l'obbligo, di fatto immaginando un'estensione alle scuole delle regole fissate per il personale sanitario. Dalle parti di Palazzo Chigi si ragiona anche (ma si tratta di un'ipotesi che prescinde dal necessario confronto politico sul tema) sulla fissazione di soglie provinciali (ci sono infatti anche significative differenze all'interno di una stessa regione) che dovrebbero essere raggiunte per scongiurare il rischio Dad (si ipotizza un'asticella del 90%). Secondo questo scenario, se una provincia non avesse il 90% di docenti e personale vaccinato, scatterebbe la Dad.Ma - vale la pena di ripeterlo - i dati aggregati a livello nazionale sono talmente alti da risultare complessivamente rassicuranti quando ancora mancano 42-43 giorni alla ripresa dell'anno scolastico. E ancora il sottosegretario Sasso fa notare che alcune cifre territorialmente più basse possono proprio essere spiegate con il fenomeno degli insegnanti che hanno la cattedra in un'altra regione e che si vaccineranno durante le settimane estive. Il sottosegretario Sasso è positivamente molto netto pure su due altre questioni delicate. Definisce «aberrante» la sola ipotesi di destinare alla Dad i ragazzi che non siano vaccinati, sancendo una discriminazione nei confronti di quegli alunni: «L'ipotesi non è sul tavolo e faremo in modo che non lo sia», scandisce. «Non è oggetto di discussione: sarebbe una sorta di apartheid sul piano didattico-educativo». E la chiarezza di questa risposta è rassicurante. Per altro verso, l'esponente leghista insiste su uno strumento utile, non invasivo ed efficace che potrebbe essere messo in campo: i tamponi salivari. Su insistenza di Sasso, c'è stato il riconoscimento da parte dell'Iss. Sasso ricorda che in Francia, nelle scuole, i tamponi salivari sono usati da un anno, e che da settembre il ministro francese dell'Istruzione ha ipotizzato un utilizzo massiccio di questa forma di screening, al ritmo di 600.000 a settimana. In particolare nei casi in cui c'è un positivo, si tratta di un modo semplice per monitorare gli altri evitando restrizioni non necessarie. Qual è il problema, dunque? Grazie al pressing di Sasso, il ministro Patrizio Bianchi ha interpellato il Comitato tecnico scientifico su una serie di temi e anche sui tamponi salivari: ma su quest'ultimo punto, non si sa perché, il Cts non ha ancora risposto. Questi i fatti e i problemi sul tappeto. Inutile nascondersi dietro un dito: considerando le ipotesi allo studio a Palazzo Chigi, la spinta di Speranza e la controspinta leghista, c'è da attendersi un match politico acceso intorno al 20 agosto, quando ci sarà l'ulteriore monitoraggio. Se prevarrà la ragionevolezza, saranno le cifre (già altissime oggi) a imporsi e a chiudere la questione. Se invece peserà la voglia di scontro politico, chiusuristi e pasdaran dell'obbligo tenteranno un ennesimo assalto. In tutto ciò appare piuttosto sfocato il ruolo del ministro Bianchi. L'uomo ha avuto esperienze politiche: vicino al Pd, è stato assessore in Emilia Romagna. Ma era un contesto diverso: nella trincea rovente del ministero, sembra invece scontare una non forte attitudine alla decisione. E gli equilibri politici non lo aiutano: il Pd appare freddo nei suoi confronti, il centrodestra non lo vede come un suo ministro, e i grillini lo detestano in quanto successore di Lucia Azzolina.
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