2022-07-05
«I vaccinati sono più sensibili». Se ne sono accorti dopo la terza dose
Prima Massimo Galli, che attribuiva i postumi della malattia alle iniezioni. Adesso, Andrea Crisanti ammette che chi ha porto il braccio «è meno protetto». Anche il «Bmj» svela dati inquietanti. Eppure qui preparano l’ennesimo booster.Il primo dubbio lo ha instillato un peso massimo, anzi il professor Massimo, che di cognome fa Galli, ex direttore del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, autorità televisiva indiscussa durante il periodo della pandemia. Dopo essere stato colpito dal coronavirus, nonostante le sue tre vaccinazioni e aver misurato su sé stesso le conseguenze di quello che viene definito long Covid, durante un’intervista al settimanale Panorama, il luminare si fece sfuggire una frase riguardo ai sintomi manifestati da molti pazienti. «Sono così tanti che viene il dubbio se considerare tutto ciò come long Covid. Alcuni di questi potrebbero essere innescati dalle vaccinazioni. Con il dovuto imbarazzo, sulla base dei dati che potevano essere disponibili, molte di queste sintomatologie sembravano fenomeni psicosomatici. Ora che pure io sono direttamente coinvolto, devo riconsiderare alcune mie convinzioni». Già, avendoli provati su di sé all’inizio di giugno, il professore cominciava a prendere in considerazione che forse quei sintomi non erano inventati, ma dovuti o alla malattia o alla cura della malattia, perché prima di allora Galli, come molti altri, non si era mai sentito così affaticato e dolorante.Ma ora, alla voce del luminare della tv si uniscono anche altri pareri e nuovi studi. La prima voce da registrare è quella del professor Andrea Crisanti, ossia di colui che per primo nel marzo del 2020 invocò i tamponi per arginare i contagi. Intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno durante un convegno a Bari, il direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova si è lasciato sfuggire una frase che però getta una luce inquietante su ciò che ci aspetta nelle prossime settimane e probabilmente nel prossimo autunno. Alla domanda del giornalista che gli chiedeva lumi sull’aumento dei contagi registrato nell’ultimo mese, il professore ha ribattuto spiegando che molto dipende dalla variante insidiosa con cui abbiamo a che fare, ma molto dipende anche dal fatto che i vaccinati, specialmente quelli che hanno ricevuto l’iniezione diversi mesi fa, «sono più sensibili». Sì, Crisanti ha detto proprio così, testuale: «La diffusione del virus a cui stiamo assistendo dipende, appunto, dalla maggior sensibilità della popolazione e, ovviamente, anche dai nostri comportamenti. Sottolineo, questa variante è più insidiosa per i vaccinati e i vaccinati sono meno protetti». Ma come? Non abbiamo fatto prima, seconda e terza dose per poter tornare alla normalità e vederci restituita la vita che conducevamo prima? Non ci avevano detto che il booster era indispensabile e che grazie a quello saremmo stati a posto per i prossimi cinque o dieci anni? A quanto pare si sbagliavano. I pozzi di scienza non avevano tenuto conto, non soltanto dei possibili effetti avversi ma, come per la verità qualche studioso aveva provato a dire, anche del rischio che il sistema immunitario, una volta stimolato, reagisse in maniera contraria a quella che ci sarebbe stato da aspettarsi. Il quotidiano pugliese ovviamente ha messo in pagina l’intervista con un titolo che non lascia adito a dubbi: «Crisanti lancia l’allarme contagi: vaccinati più sensibili al virus». Ora, che chi si è immunizzato sia esposto al contagio più di chi non lo è potrà sembrare una cosa logica per chi è del settore, così come l’ipotesi che alcune reazioni classificate come long Covid siano dovute all’iniezione, ma per gente come noi non lo è. Non abbiamo offerto il braccio alla patria perché ci faceva piacere farlo, ma perché ci era stato detto e spiegato fino allo sfinimento che, una volta vaccinati, avremmo ridotto il rischio di infettarci e di finire in ospedale. A dire il vero, il presidente del Consiglio ci assicurò che una volta in compagnia di persone inoculate c’era la certezza di trovarsi con chi non è contagioso e di non contagiarsi. Certo, il premier non è un infettivologo e invece che di virus si occupa di surplus, però i professori ci rassicuravano dall’alto della loro esperienza. Il tono di voce ogni volta era quello di chi è costretto a spiegare cose ovvie ai somari. Purtroppo, le cose ovvie non erano tanto ovvie, prova ne sia che oggi, con assoluta nonchalance, ci viene detto che i vaccinati sono più sensibili, ma allo stesso tempo ci si invita a fare la quarta dose, perché la terza non basta più e addirittura rischia di esporci a maggiori rischi. Aggiungo una notizia, uno studio in fase di pubblicazione sul British medical journal ha indagato le reazioni su 22 milioni di persone, valutando l’efficacia vaccinale da agosto 2021 a marzo 2022. In sintesi, gli ultracinquantenni si contagiano di più e gli ultrasettantacinquenni hanno maggior rischio di ricovero. Certo, i risultati vanno presi con le pinze, perché l’articolo è classificato come preprint, cioè non ancora certificato e quindi oggetto di ulteriori valutazioni, ma la conclusione a cui arrivano i ricercatori inglesi lascia senza parole, perché segnala un aumento di ospedalizzazioni e decessi fra i vaccinati e un decremento tra i non vaccinati. Ovviamente, coloro che non si sono sottoposti all’iniezione sono numericamente inferiori a chi è stato inoculato. Tuttavia, se noi siamo senza parole, gli esperti dovrebbero spenderne qualcuna per spiegarci che cosa sta succedendo.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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