2024-01-08
Usa 2024: la sfida per le primarie repubblicane sta per cominciare
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Il prossimo 15 gennaio si terrà il caucus dell’Iowa. L’appuntamento elettorale che darà formalmente il via alle primarie presidenziali dell'elefantino. Ecco i profili dei principali contendenti in corsa.Tra i democratici, a dieci mesi di distanza dalle elezioni del 5 novembre, il presidente americano Joe Biden è in un vicolo cieco.Lo speciale contiene due articoli.Donald Trump L’ex presidente è decisamente il frontrunner. Secondo la media sondaggistica di Real Clear Politics dedicata alle primarie del Gop, l’ex presidente è al 63% dei consensi e sopravanza i rivali di quasi 52 punti. In Iowa il suo vantaggio è del 33%, in New Hampshire del 22% e in South Carolina del 30%. È interessante ricordare che Trump vinse le primarie del 2016 col 44,9% dei consensi complessivi, mentre Mitt Romney e John McCain si aggiudicarono quelle del 2012 e del 2008 rispettivamente con il 52,1% e con il 46,7%. L’ex presidente ragiona già da tempo come candidato definitivo: è in quest’ottica che su alcuni temi ha rotto con l’ortodossia repubblicana, strizzando l’occhio a quote elettorali trasversali (a partire dai colletti blu della Rust Belt). Si comprende anche così il senso del presentarsi come il campione del programma sanitario Medicare e di quello previdenziale Social Security. Un altro elemento da sottolineare è che, anziché azzopparlo, i guai giudiziari hanno finora incrementato i consensi dell’ex presidente. Da quando è stato incriminato la prima volta il 30 marzo, Trump ha infatti conquistato circa 20 punti percentuali. Il problema per lui è che i nodi giudiziari restano un’incognita. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso di valutare il suo ricorso contro la sentenza del Colorado che lo ha recentemente escluso dalle primarie di questo Stato. Inoltre, il primo processo penale lo attende, almeno teoricamente, il 4 marzo: un giorno prima, cioè, del Super Tuesday. Donald Trump (Ansa)Nikki Haley Al di là di Trump, Nikki Haley rappresenta la candidata al momento più solida. A livello nazionale, è riuscita a conquistare il secondo posto, scalzando Ron DeSantis. Inoltre, l’ex ambasciatrice all’Onu può contare su rilevanti finanziatori e sulla simpatia degli apparati governativi, che – soprattutto al Pentagono – non disprezzano affatto le sue idee proattive in politica estera. La Haley potrebbe inoltre essere avvantaggiata in quelle aree suburbane che, fondamentali per arrivare alla Casa Bianca, guardano con interesse ai repubblicani di orientamento maggiormente centrista. Le frecce al suo arco si fermano tuttavia qui. Innanzitutto la Haley, a livello nazionale, è collocata all’11%: è quindi lontanissima da Trump. Inoltre, nei primi Stati in cui si vota, è dietro di almeno 20 punti rispetto all’ex presidente. Addirittura, nel suo South Carolina, Trump la sopravanza del 30%. L’ex ambasciatrice è anche ultimamente incorsa in una serie di gaffe che potrebbero indebolirla. Infine, ma non meno importante, la Haley sembra al momento avere poco da dire ai colletti blu della Rust Belt: una quota elettorale cruciale, se il Gop vuole riconquistare la Casa Bianca. Gli scenari sono dunque due. Se Trump esce di scena, l’ex ambasciatrice potrebbe avere delle chances, nonostante non sia affatto amata da una parte della base trumpista. Se l’ex presidente vince la nomination, potrebbe sceglierla come propria running mate per federare il partito. Non dimentichiamo d’altronde che la Haley ha servito nell’amministrazione Trump come ambasciatrice all’Onu dal 2017 al 2018: un fattore che oggi depotenzia le sue critiche all’ex presidente. Nikki Haley (Ansa)Ron DeSantis Era partito come l’astro nascente del Partito repubblicano. E invece rischia di fare la fine di Scott Walker. La campagna di DeSantis è in seria difficoltà. Il governatore della Florida è sceso al terzo posto a livello nazionale e sta perdendo terreno anche in Iowa: Stato su cui ha da sempre scommesso moltissimo. Ha provato a mettersi alla destra di Trump, per sottrargli il voto dei conservatori duri e puri. Una strategia, la sua, che però non ha convinto. E infatti, pur godendo di consensi rilevanti lo scorso marzo, da allora ha perso circa 20 punti. DeSantis non è riuscito a trovare la chiave giusta ed è rimasto schiacciato dall’immagine ingombrante di Trump. I dibattiti televisivi non sono riusciti a rilanciarlo. Ed è adesso onestamente poco probabile che ci riusciranno i primi eventi elettorali delle primarie. Infine, rispetto a un eventuale candidatura a vicepresidente, è in una posizione assai peggiore della Haley. Quest’ultima è favorita perché, scegliendola, Trump potrebbe federare il partito. Invece una parte consistente degli elettori di DeSantis, senza il governatore in campo, virerebbe già di suo sull’ex presidente. Ron DeSantis (Ansa)Vivek Ramaswamy e Chris Christie Durante l’estate sembrava in grande spolvero. E invece, a partire dall’autunno, la stella di Vivek Ramaswamy si è appannata: è attualmente quarto con il 4% dei consensi. Imprenditore antisistema, a meno che non stupisca tutti in Iowa, probabilmente si ritirerà dopo il fatidico caucus. Gli elettori non gli hanno probabilmente perdonato un’assenza di autenticità nell’imitare pedissequamente il Trump delle origini. Lui spera evidentemente in una nomina a candidato vicepresidente. Tuttavia, per le stesse ragioni riguardanti DeSantis, la Haley è al momento in una posizione migliore da questo punto di vista. Non è tra l’altro escludibile che la quasi totalità del pacchetto di voti di Ramaswamy finisca automaticamente nella cassaforte di Trump. Brutte notizie anche per Chris Christie: l’ex governatore apertamente antitrumpista è al 3% a livello nazionale. Risulta competitivo soltanto in New Hampshire, dove tuttavia sta mettendo di fatto i bastoni tra le ruote alla Haley, favorendo indirettamente Trump. Ogni tanto viene da chiedersi a che gioco stia realmente giocando. Vivek Ramaswamy (Ansa)<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/usa-2024-primarie-repubblicane-iowa-2666897466.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="democratici-joe-biden-nel-pantano" data-post-id="2666897466" data-published-at="1704730953" data-use-pagination="False"> Democratici: Joe Biden nel pantano Joe Biden (Ansa) Che Joe Biden sia in significativa difficoltà per la riconferma, è testimoniato dal fatto che ha di recente accusato Trump di usare «la retorica della Germania nazista». Le performance sondaggistiche dell’attuale inquilino della Casa Bianca continuano a rivelarsi disastrose. Gli americani non sono preoccupati soltanto dalla sua età, ma appaiono insoddisfatti sulla gestione dell’economia e dell’immigrazione clandestina. Inoltre, anche la crisi di Gaza sta creando spaccature in seno all’elettorato dem.Non a caso, un numero crescente di sondaggi dà Trump avanti al suo successore, anche in vari Stati chiave. Senza trascurare che quote crescenti di afroamericani e ispanici stanno abbandonando il Partito democratico. Dulcis in fundo, si fa per dire, il network di Barack Obama si sta mostrando sempre più scettico e insofferente verso la ricandidatura di Biden. Attenzione: questo non significa che la sua campagna elettorale sia necessariamente destinata a naufragare. Resta però il fatto che una situazione del genere preoccupi molti nel campo dem, anche tra coloro che nel 2020 avevano sostenuto l’attuale inquilino della Casa Bianca. Biden sta provando a rispolverare la strategia che lo portò alla vittoria la volta scorsa: demonizzare l’avversario e tentare così di compattare un partito – quello democratico – più spaccato che mai. Il punto è che, differentemente dal 2020, adesso il presidente dovrà fare i conti con il giudizio degli americani sul suo operato. Un giudizio che, come rilevano i sondaggi, non sembra al momento particolarmente positivo. In questo quadro, tirare in ballo il nazismo rischia di rivelarsi una sorta di boomerang, perché potrebbe indurre gli elettori a ritenerla una mossa disperata, messa in campo da chi è a corto di argomenti.