2019-07-17
I dem litigano già sulle macerie dell'Obamacare
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I dossier ampiamente divisi nell'attuale corsa elettorale verso la nomination democratica del 2020 fioccano. E, tra questi, un ruolo di primo piano è certamente incarnato dalla questione sanitaria. Una questione che, da almeno tre anni, sta scavando solchi sempre più profondi in seno all'Asinello. E che adesso rischia di deflagrare, nell'ambito di primarie già abbastanza litigiose.La riforma sanitaria siglata nel 2010 dall'allora presidente americano, Barack Obama, è stata a lungo considerata una sorta di fiore all'occhiello negli ambienti del Partito democratico. Quella norma era risultata il frutto di un difficile compromesso tra le varie correnti interne ed era venuta ad articolarsi su tre pilastri fondamentali: il divieto per le compagnie assicurative di rifiutarsi di stipulare polizze a malati con condizioni preesistenti, l'obbligo imposto ai cittadini di munirsi di un'assicurazione sanitaria e - infine - l'estensione del numero di cittadini aventi diritto a ricadere sotto la copertura di Medicaid (programma sanitario, siglato da Lyndon Johnson nel 1965, rivolto alle persone con basso reddito). Già ai tempi delle primarie democratiche del 2016, aveva cominciato a svilupparsi un serrato dibattito interno tra chi - i centristi - voleva limitarsi a una tutela della riforma obamiana e chi - la sinistra - chiedeva invece un suo netto superamento, guardando ai sistemi di welfare state europeo. Alla fine, con un Asinello di fatto spaccato in due, alla convention democratica di Philadelphia si cercò di inserire nel programma la proposta della cosiddetta opzione pubblica: la creazione, cioè, di un'agenzia di assicurazione sanitaria gestita dal governo che potesse competere con altre compagnie private americane. Non era un'idea nuova. Già Obama si era mostrato favorevole a una simile soluzione ma non era stato in grado di farla approvare dal Congresso. Ciononostante, si è sempre trattato di una proposta molto controversa: se i suoi fautori hanno spesso sostenuto che con questo provvedimento sarebbe possibile dare una copertura sanitaria anche a numerosi cittadini meno abbienti, i critici hanno sovente sottolineato che una simile proposta danneggerebbe le compagnie private in termini concorrenziali. Con la sconfitta di Hillary Clinton alle scorse presidenziali, il dibattito sulla sanità ha assunto nuovo vigore, continuando a spaccare internamente il Partito Democratico. Fino all'attuale campagna elettorale per la nomination del 2020.Pochi giorni fa, Joe Biden ha presentato la propria proposta in materia sanitaria. Da sempre vicino alle correnti centriste dell'Asinello, l'ex vicepresidente sta cercando di contrastare le misure giudicate più radicali, proponendosi al contempo come l'unico legittimo erede della presidenza Obama. Con il suo piano, i cittadini americani avrebbero la possibilità di acquistare un'opzione di assicurazione sanitaria pubblica. Inoltre questo progetto di legge aumenterebbe il valore dei crediti d'imposta per i premi più bassi, con l'obiettivo di favorire le famiglie della classe media. Biden punterebbe anche ad estendere la copertura per i cittadini a basso reddito in quattordici Stati che hanno bloccato l'espansione Medicaid, prevista dall'Obamacare. Senza poi dimenticare il tentativo di ridurre il prezzo dei farmaci soggetti a prescrizione medica. Come si può vedere, la proposta dell'ex vicepresidente è un compromesso centrista che cerca tuttavia di strizzare l'occhio alle correnti progressiste. Più a sinistra della riforma di Obama, non lo è tanto da sfociare in modelli da welfare state europeo, auspicati da molti dei suoi rivali nella corsa per la nomination. Una proposta che non implicherebbe sulla carta un drastico incremento della pressione fiscale e che - proprio per questo - potrebbe incontrare il favore degli elettori democratici maggiormente moderati.A sinistra la situazione appare invece ben differente. Diversi candidati di quell'area, a partire dal senatore del Vermont Bernie Sanders, propongono la cosiddetta Medicare for all. L'idea sarebbe quella di estendere Medicare (programma sanitario attualmente rivolto agli ultrasessantacinquenni) a tutti i cittadini statunitensi, creando in questo modo un sistema sanitario universale all'europea. A ben vedere, non è la prima volta che nella storia americana venga avanzata l'idea di un simile modello: in passato, pur in modi differenti, furono presidenti come Teddy e Franklin Delano Roosevelt, oltre a Harry Truman a cercare di spingere in questa direzione. Con il piano di Sanders, le persone che attualmente ricevono l'assicurazione dai loro datori di lavoro passerebbero sotto il sistema governativo. Il progetto fornirebbe una copertura quasi completa, comprendendo le cure ospedaliere e ambulatoriali, i servizi di emergenza, i servizi di prevenzione, la maggior parte dei farmaci da prescrizione, nonché la copertura per le visite oculistiche e dentistiche. In questo quadro, il piano del senatore socialista escluderebbe quelle coperture sanitarie private che si rivelassero un doppione di coperture già offerte dal governo. In realtà, il progetto di Sanders di espansione del programma Medicare non è l'unico attualmente in circolazione negli Stati Uniti ma è certamente il più netto e radicale. Un piano che, per quanto riscuota un certo apprezzamento tra gli elettori della sinistra, riscontra tuttavia profondi problemi sul piano delle coperture. Coperture che, con ogni probabilità, dovrebbero risultare sostenute da un significativo aumento della pressione fiscale. Un autentico tallone d'Achille per la campagna elettorale del senatore.Tra la proposta di Biden e quella di Sanders si collocano, poi, in un variegato spettro di (spesso confusi) distinguo tutti gli altri candidati alla nomination democratica del 2020. Generalmente si registra un consenso piuttosto alto per il progetto Medicare for All: consenso che tuttavia tradisce una certa ambiguità. Non solo perché, con questa locuzione, si intendono assai spesso proposte diverse. Ma anche perché, non appena gli intervistati vengono informati che il piano implichi un considerevole aumento della tassazione, spesso finiscono con l'ammorbidire il loro fervente sostegno.Ciononostante, al di là dei sistemi e delle divergenze ideologiche, la sanità rischia di comportare un ulteriore grattacapo per i candidati democratici. Nel corso del confronto televisivo di Miami lo scorso giugno, molti di loro si sono infatti detti favorevoli a far accedere gli immigrati irregolari alla sanità pubblica. Tra costoro, ci sono stati: Joe Biden, Bernie Sanders, Kamala Harris e Pete Buttigieg. Soltanto il governatore del Montana, Steve Bullock si è esplicitamente mostrato contrario all'idea. Insomma le figure maggiormente quotate per conquistare la nomination sembrerebbero compattamente propense a garantire la sanità pubblica ai clandestini. Una posizione abbastanza difficile da capire. Innanzitutto, in un Paese dove ancora ampi strati della popolazione meno abbiente fatica ad avere accesso ai servizi sanitari nazionali, una simile proposta rischia di diffondere non poco malumore, spingendo frange elettorali che già hanno abbandonato l'Asinello nel 2016 ad allontanarsi ancora di più (si pensi soltanto ai colletti blu della Rust Belt). In secondo luogo, i numeri parlano chiaro. Secondo un sondaggio condotto due settimane fa da Cnn, il 58% dei cittadini americani si oppone a questa proposta. Insomma, non è affatto escluso che, con una simile mossa, i democratici si apprestino a fare l'ennesimo regalo a Donald Trump.