2025-10-01
Ursula dà i compiti a casa per il riarmo
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Von der Leyen pretende che ogni anno i governi presentino un resoconto sugli acquisti per la difesa, in modo da controllarli e orientarli. Tra le priorità anche uno scudo spaziale e novità sugli aiuti pubblici.La Commissione stanzia 2 miliardi per Kiev. Oggi vertice a Copenaghen con schermo aereo e scorte armate. Rutte come Putin: ammette che l’Ucraina è il nostro cuscinetto.Lo speciale contiene due articoli.Non le bastava mantenere un controllo rigoroso sui conti pubblici dei singoli Paesi attraverso le regole del Patto di stabilità. E non le è sembrato sufficiente neanche imporre un piano di riarmo da 800 miliardi scavalcando l’Europarlamento e provocando una sorta di cataclisma all’interno dei partiti che la sostengono per l’uso spregiudicato dell’articolo 122 dei Trattati (procedura d’urgenza). Il capo della Commissione Ue Ursula von der Leyen si appresta a chiedere ai leader europei un vero e proprio resoconto annuale sullo stato dell’arte delle spese militari. L’obiettivo chiaro è monitorare passo per passo l’attività dei singoli Stati e nel caso entrare in pressing sugli esecutivi meno «belligeranti». Il progetto verrà presentato in queste ore - è previsto un vertice informale - ai rappresentanti dei Paesi dell’Unione e prenderà spunto da un documento, che secondo le informazioni di Euractiv, è stato già inviato alle capitali Ue. Una bozza d’accordo. In buona sostanza, è stato individuato nel mese d’ottobre di ogni anno il momento giusto per fare il punto sugli acquisti, «valutare i progressi compiuti e dare indicazioni strategiche sulle azioni prioritarie». Per carità, la Commissione mette le mani avanti e rassicura sulle intenzioni di pubblicare delle relazioni annuali in modo aggregato, ci sono sempre dei segreti della Difesa da tutelare, ma il senso non cambia: spostare ancora una volta in modo arbitrario (escludendo il voto all’Europarlamento viene da chiedersi se i singoli parlamenti nazionali saranno interpellati) poteri e controlli dai governi locali all’Europa. Altro travaso di sovranità non autorizzato.E c’è da stare all’erta perché al presidente della Commissione il resoconto annuale deve sembrare il minimo sindacale. Secondo quanto appreso dalla stessa Euractiv, la Baronessa al secondo mandato da leader dell’Ue era orientata a pretendere i cosiddetti «Semestri della Difesa»: due resoconti bellici annuali. A qualcuno deve essere sembrata un’esagerazione e così Ursula è arrivata a più miti consigli. Ma non finisce qui. Nello stesso vertice il capo dell’Unione ha intenzione di presentare quattro progetti centrali per riarmare il Vecchio continente.Neanche a dirlo, la priorità va data al muro di droni che dovrebbe avere una duplice funzione: difensiva e offensiva. Da un lato servirà a rilevare, tracciare e scudare gli attacchi, dall’altro avrà la capacità di colpire obiettivi terrestri. Ma il Drone wall è solo l’inizio. Perché nelle intenzioni della Commissione sarà accompagnato da un Eastern flank watch che agirà contro le «operazioni ibride»: dalle minacce cyber fino all’indefinibile capitolo della lotta alla disinformazione.Poi sono previsti, senza però l’indicazione di grandi dettagli, uno scudo di difesa aerea e uno scudo di difesa spaziale. Di cosa si tratta? Per capirne di più vanno riprese le parole del commissario Andrius Kubilius: «I dati spaziali», ha chiarito il responsabile della Difesa dell’Unione, «diventano fondamentali anche dal punto di vista militare. Per questo motivo dobbiamo creare una nostra industria dello spazio e lavorare sulla nostra autonomia per non dipendere più da lanciatori di Paesi terzi, come è successo fino a oggi». Poi c’è tutto un tema regolatorio da affrontare. Il non detto è che se l’obiettivo è consentire ai singoli Stati di raggiungere i flussi bellici indicati dal piano di riarmo è chiaro che alcuni limiti normativi devono essere rimossi e che la cooperazioni tra Paesi è destinata forzatamente ad aumentare. «L’Europa», si legge nel testo, «dovrebbe aggiornare i suoi quadri normativi in materia di concorrenza e aiuti di Stato, in particolare per contribuire a promuovere una maggiore cooperazione industriale nel settore della difesa tra gli Stati membri». Argomento molto controverso e assai delicato, visto quanto sono disarmonizzate al momento norme e politiche dei singoli Stati.Se non è una rivoluzione poco ci manca. E come tutte le rivoluzioni annunciate da Bruxelles - dalla svolta sanitaria fino a quella ambientale - non si può andare tanto per il sottile. Per affrontare un’emergenza è lecito bypassare alcuni passaggi dei processi democratici. Da una parte si pensa di «strappare» con il voto all’unanimità per scansare il no di Orbán sull’ingresso dell’Ucraina nell’Unione, dall’altra si saltano i lunghi e pericolosi passaggi parlamentari pur di «liberare» il piano di riarmo. E se poi di questi strappi si avvantaggiano i soliti noti (Francia e Germania) poco importa, ciò che conta è difendere l’Europa da un attacco che viene dipinto come sempre più imminente.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ursula-compiti-casa-per-riarmo-2674141697.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lue-paga-il-muro-anti-droni-ma-la-nato-balbetta-forse-sconfinamenti-involontari" data-post-id="2674141697" data-published-at="1759287268" data-use-pagination="False"> L’Ue paga il muro anti droni. Ma la Nato balbetta: «Forse sconfinamenti involontari» La bolla dei droni è già scoppiata: Ursula von der Leyen ha annunciato di voler stanziare 2 miliardi, presi non si sa dove (forse dagli asset russi?), affinché Kiev se ne procuri a bizzeffe. Oggi poi, a Copenaghen, si terrà un vertice informale per discutere del famigerato «muro» contro le incursioni dei velivoli senza pilota. Di cui non si sa ancora nulla di certo: la tedesca parlava di «incursioni dei droni russi ai nostri confini», mentre il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ieri ha confermato che si sta cercando di capire «cosa c’è dietro» i blitz sui cieli danesi, cioè se siano coinvolti russi. Addirittura, non è chiaro nemmeno se lo sconfinamento prima dei droni in Polonia e poi dei Mig-31 in Estonia fosse «intenzionale o meno. Ma anche se non lo fosse», ha aggiunto il funzionario olandese, «sarebbe comunque sconsiderato e inaccettabile, quindi dobbiamo proteggere i nostri cieli». Quindi dobbiamo sborsare un sacco di soldi. Al summit, la Commissione presenterà l’ennesimo documento sul riarmo. La Von der Leyen punta, «in stretta collaborazione con la Nato», sullo sviluppo di «capacità interoperabili», per le quali andranno aumentati gli «appalti congiunti». Ma «è necessario agire subito» per far partire la missione «Guardia del fianco orientale».Noi teniamo i nasi all’insù; loro ci infilano le mani in tasca. E non si capisce se l’apparato di sicurezza approntato per la riunione scandinava renda l’allarmismo più credibile, o soltanto più grottesco. Il premier polacco, Donald Tusk, si porterà la scorta armata per «un ovvio atto di solidarietà» verso gli alleati danesi, i quali spediranno un contingente per proteggere sia l’incontro di oggi sia quello, in programma per domani, della Comunità politica europea, con i leader di 40 Stati. La Finlandia - l’ha annunciato con orgoglio il suo presidente, Alexander Stubb - dispiegherà un sistema anti droni (ma quindi esiste già?). Volodymyr Zelensky spedirà i suoi «specialisti» nella lotta agli apparecchi senza pilota. E alla faccia del disimpegno dal Vecchio continente, anche l’America collaborerà alla barriera aerea, in una «espressione della stretta cooperazione transatlantica», hanno commentato da Copenaghen. Forse perché Donald Trump, che lo ha ribadito ieri per l’ennesima volta, è «deluso» dal comportamento di Vladimir Putin. La risposta di Mosca al chi-va-là dell’Europa somiglia a una pernacchia: «Costruire muri è sempre una cosa negativa», è stata la considerazione dall’ironia tipicamente russa del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.Panico ed entusiasmo: l’Ue si sente vicina alla battaglia finale, però, al contempo, è sicura che - sono le parole della Von der Leyen - un’azione «decisiva» dell’Occidente possa «rappresentare una svolta» nel conflitto ucraino.L’inviato speciale di Trump, Keith Kellogg, ha punzecchiato lo zar: «Sta tirando i carri armati fuori dai musei per portarli al fronte. Credo che, in cuor suo, Putin sappia di non poter vincere. Bisogna fargli capire che non può vincere nel lungo periodo». È un approccio del quale non si può ignorare la differenza rispetto alla strategia dell’«escalation controllata» di Joe Biden: prima non si sapeva se l’obiettivo vero fosse il controllo o l’escalation; adesso, almeno, si intuisce che le decisioni di Washington, compresi il via libera a Kiev per i bombardamenti in profondità e l’eventuale fornitura di Tomahawk, sulla quale il capo della diplomazia russa, Sergej Lavrov, continua a nutrire dei dubbi, servono a spingere la Federazione a chiudere la guerra con un accordo. Non a provocarne una rovinosa quanto improbabile sconfitta.A pensar male si fa peccato, ma il sospetto che quelli in difficoltà non siano soltanto i russi sorge. Putin fronteggia il primo autentico peggioramento dell’economia dall’inizio delle ostilità. Tuttavia, molti dei suoi colleghi liberali e democratici, al di qua della cortina di ferro, se la passano altrettanto male. Secondo i sondaggi, Keir Starmer è alla frutta e se in Gran Bretagna si votasse oggi, il sovranista Nigel Farage rischierebbe addirittura di ottenere i numeri per un esecutivo monocolore. In Germania, la popolarità del cancelliere Friedrich Merz, quello secondo cui «non siamo più in pace ma nemmeno in guerra», continua a crollare: è al 26%, due punti in meno in sette giorni. Afd risulta il primo partito, al 27%, con il divario più ampio di sempre rispetto alla Cdu, che è ferma al 24. E a proposito di conti disastrati, su Emmanuel Macron è ormai inutile infierire. A tutti questi politici decotti fa piuttosto comodo non diciamo un conflitto, ma almeno la strizza generalizzata che lo precede e che giustifica la sopravvivenza dei loro governi, in nome della salvezza nazionale.Le figuracce si moltiplicano: all’indomani delle indiscrezioni sul tentativo di portare avanti l’iter di adesione all’Ue dell’Ucraina neutralizzando il veto ungherese, si è scoperto che il vicegovernatore della regione di Krasnodar, appena dimessosi per andare al fronte, è stato arrestato con le accuse di frode e abuso di potere. In pratica, fino a oggi aveva evitato le trincee per la poltrona; dopodiché ha abbandonato la poltrona per provare a rifugiarsi nelle trincee, pur di evitare la galera. Aleksandr Vlasov, in carica da settembre 2020, si sarebbe appropriato di donazioni e sussidi destinati a volontari che erano a corto anche di uniformi. Ve li ricordate i russi che rubavano i chip dalle lavatrici?Infine, spunta persino la metamorfosi neitzschiana della Nato: Rutte parla come Putin e confessa che l’Ucraina non va aiutata solo «perché si tratta dei nostri valori», bensì perché è la nostra «prima linea di difesa». Uno Stato cuscinetto: è esattamente così che la concepiscono in Russia. Se guardi dentro l’abisso, l’abisso guarda dentro di te.
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