2024-07-18
Sul bis di Ursula piomba la condanna per i vaccini
Ursula von der Leyen (Getty Images)
La Von der Leyen incassa la sentenza dei giudici durante un mandato segnato dalla frenata alla transizione e dal flop delle sanzioni. Forse riuscirà a farsi rieleggere, ma non a cancellare il sospetto che abbia mentito.Per Ursula von der Leyen la giornata che ha preceduto il voto per la sua riconferma non è iniziata bene. Non mi riferisco alle dichiarazioni ininfluenti di Angelo Bonelli, leader dell’alleanza che ha eletto al Parlamento europeo Ilaria Salis (il deputato rosso verde ha minacciato di non votare la presidente se nella maggioranza entreranno anche i conservatori), ma alla sentenza della Corte di giustizia europea, un macigno sul secondo mandato alla guida dell’Unione. I cinque anni a Bruxelles della bionda baronessa sono stati segnati da tre questioni che hanno profondamente condizionato la sua azione. La prima riguarda il cosiddetto Green deal, programma di riconversione energetica partito con il turbo sulla spinta delle multinazionali e dei socialisti alla Frans Timmermans e finito con una brusca frenata a seguito delle proteste di agricoltori, industriali e opinione pubblica. La seconda consiste nella guerra scoppiata ai confini dell’Unione e che ha visto l’Europa schierarsi al fianco dell’Ucraina senza se e senza ma e che, tuttavia, dopo due anni e mezzo di morti e bombardamenti, è finita in un vicolo cieco, con una ipotesi di tregua che rischia di somigliare a una resa. La terza è la questione dei vaccini, su cui Ursula von der Leyen è da tempo sulle spine, a causa del mistero che avvolge i suoi rapporti con l’amministratore della multinazionale Pfizer, quella che con il viagra e il siero anti Covid ha fatto una montagna di miliardi. Il Parlamento europeo avrebbe voluto leggere i messaggi che la presidente ha scambiato con Albert Bourla, ma gli sms sono misteriosamente svaniti dal cellulare della baronessa, generando dunque il sospetto che quelle comunicazioni contenessero elementi che dovevano restare sconosciuti all’opinione pubblica. Ma adesso, proprio sulla faccenda più delicata, quella dei vaccini, arriva la sentenza della Corte di giustizia europea, che di fatto condanna la Commissione guidata da Ursula von der Leyen per non aver concesso al pubblico un accesso sufficiente ai contratti di acquisto dei sieri anti Covid. Alcuni deputati, ma anche alcuni privati, avevano chiesto di poter consultare i contratti stipulati con le multinazionali del farmaco, per comprendere i termini e le condizioni raggiunte dalla commissione. Ma questo diritto era stato negato, consentendo solo una parziale consultazione dei documenti.La parte più interessante della sentenza è quella che riguarda le clausole dei contratti relative all’indennizzo delle imprese farmaceutiche degli Stati dell’Unione in caso di danni provocati dai vaccini. Il tribunale ha stabilito che le aziende che hanno prodotto il siero restano comunque responsabili nei confronti del danneggiato, perché il comportamento colposo non può essere soppresso o limitato. Risultato, le multinazionali devono rispondere, anche se la Ue ha fornito loro una manleva, e Bruxelles non può nascondere le informazioni. Secondo la Corte infatti, esiste un interesse pubblico, che non può essere aggirato neppure ricorrendo alla giustificazione della tutela della privacy.La sentenza di fatto censura il comportamento della Commissione, criticandone i comportamenti in più punti e accusandola di non aver favorito la necessaria trasparenza su una materia tanto delicata. Per Ursula von der Leyen significa finire sul banco degli imputati, perché fu lei principalmente a intrattenere i rapporti con le case farmaceutiche. Forse riuscirà a coronare il sogno di un secondo mandato, ma non a cancellare il sospetto che sui vaccini non abbia voluto raccontarci tutta la verità.
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