2024-09-21
Ursula aiuta Kiev e ci indebita per 35 miliardi
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Von der Leyen vola da Zelensky promettendo un maxi prestito, garantito dai proventi degli asset russi sequestrati. Un impegno raddoppiato, rispetto al G7, che richiederà l’emissione di obbligazioni. E gli Usa fanno spallucce lasciando che sia l’Ue a svenarsi.Quando c’è da allargare i cordoni della borsa per finanziare a piene mani l’Ucraina, l’Ue c’è sempre, anche quando serve a coprire il vuoto lasciato dagli Usa. È questa la sintesi dell’ottava visita della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, a Kiev per portare sostegno morale e, soprattutto finanziario, alle disastrate casse del presidente Volodymyr Zelensky.Un nuovo prestito di ben 35 miliardi di euro, garantito dai proventi degli asset finanziari russi sequestrati presso il depositario centrale belga Euroclear (circa 200 miliardi di euro). Un sostanziale raddoppio rispetto agli impegni concordati in sede di summit dei leader del G7 in Puglia, che inizialmente prevedeva un impegno di 20 miliardi di dollari (18 miliardi di euro) per la Ue, altrettanti per gli Usa, e i restanti 10 divisi tra Inghilterra, Giappone e Canada.Come vi avevamo anticipato mercoledì, riprendendo l’autorevole fonte del Financial Times, questo piano stava lentamente naufragando per l’indisponibilità degli Usa. Da Washington hanno infatti puntato i piedi sulla necessità che il sequestro dei fondi russi fosse prolungato a tempo indeterminato, anziché soggetto a rinnovi semestrali, al fine di poterli considerare un’effettiva garanzia per il prestito da erogarsi all’Ucraina. Tale prolungamento richiede l’unanimità dei 27 Stati membri e l’Ungheria di Viktor Orbán ha dichiarato di voler attendere almeno fino alle elezioni Usa del 5 novembre, prima di avallare tale importante modifica. Da qui lo stallo, mentre le casse di Kiev continuano inesorabilmente a svuotarsi.A Bruxelles hanno quindi capito che bisognava fare in fretta e muoversi in autonomia per non costringere la Von der Leyen a presentarsi a mani vuote da Zelensky. E il piano B, in fieri fino a qualche giorno fa, improvvisamente è diventata l’unica opzione possibile.I tecnici di palazzo Berlaymont hanno messo in piedi una manovra articolata su due strumenti. Il primo è il «Meccanismo di cooperazione per i prestiti all’Ucraina» che sarà alimentato dai proventi degli asset russi sequestrati (stimati in circa 2,5-3 miliardi annui) e servirà ad aiutare l’Ucraina nel rimborso di prestiti fino a 45 miliardi di euro che saranno erogati da tutti i Paesi del G7. Dal 12 febbraio, questi proventi sono stati sottratti alla disponibilità di Euroclear e, non essendo considerati asset «sovrani», a tutto luglio, la Commissione ha già reso disponibili all’Ucraina 1,5 miliardi. Una manovra che qualche Corte in futuro potrebbe ribaltare.Il secondo è il primo prestito di 35 miliardi di euro dell’Ue all’Ucraina che beneficerà di questo Meccanismo che, evidentemente, consentirà ai Paesi del G7 di prestare solo altri 10 miliardi. Di fatto, è accaduto che l’Ue, anziché coprire il 40% degli aiuti a Kiev, arriverà al 78%. Mentre da Washington hanno fatto spallucce, trincerandosi dietro un ostacolo tecnico che una sua fondatezza ce l’ha. La fuga in avanti della Von der Leyen non potrà che essere accolta con piacere dall’amministrazione di Joe Biden. Una grana in meno, avranno commentato alla Casa Bianca.I 35 miliardi annunciati ieri si sommano ad altri 118,3 miliardi erogati finora all’Ucraina: 45,6 miliardi a carico del bilancio Ue per aiuti di natura economica e per assistenza umanitaria, 12,2 miliardi in prestiti bilaterali da parte degli Stati membri e 43,5 miliardi per assistenza militare.Lo strumento utilizzato sarà quello dell’assistenza macro-finanziaria (Macro-financial assistance, Mfa), concepito in linea generale per fornire aiuti a Paesi partner in crisi di bilancia dei pagamenti, già utilizzato nel 2022 per deliberare altri 18 miliardi di prestiti a Kiev, poi erogati in sei rate nel corso del 2023. Lo strumento è pertanto collaudato, anche nelle condizioni a carico del debitore, ma stavolta si raddoppia l’importo. La proposta di regolamento della Commissione dovrà ora passare dal voto dei co-legislatori, Parlamento e Consiglio, nel quale però sarà sufficiente la maggioranza qualificata. La Commissione ha già dichiarato di voler concludere questo processo con la massima rapidità in modo da adottare il regolamento entro fine anno ed erogare la somma in più quote lungo il 2025.Da dove prenderà questi soldi la Ue? Indebitandosi sui mercati, emettendo obbligazioni. E già questa è una forzatura, peraltro non nuova, rispetto al regime generale che prevede che ogni uscita debba essere coperta da risorse proprie della Ue. Ma, poiché gli investitori richiedono sempre garanzie, sarà il bilancio Ue a fornirle - cioè noi - sfruttando quel particolare margine di manovra (headroom) che esiste tra entrate (più alte) e uscite (prudenzialmente più basse). Insomma, si tratta di risorse comunque sottratte a future emergenze. Per l’Ucraina è stato eroso un importante «cuscinetto» nel bilancio dell’Ue. Sperando che resti solo una garanzia sulla carta. Perché, quando l’Ucraina dovrà rimborsare, in comodi 40 anni, il prestito alla Ue, sarà il Meccanismo alimentato con i proventi russi a pagare. Se questi non fossero sufficienti, la Ue sarà rimborsata, a cascata, dai proventi straordinari accumulati dalla Commissione (che evidentemente si moltiplicano come i pani e i pesci), dalle riparazioni di guerra a favore dell’Ucraina o dal bilancio di Kiev. Solo in ultima istanza c’è il bilancio Ue ma, ci permettiamo di osservare - se gli Usa sono arrivati al punto di ritirarsi dall’operazione perché non si fidavano dell’evanescente garanzia fornita dai proventi degli asset russi sequestrati - allora non è affatto nulla la probabilità che, a fine corsa, il conto lo paghino i contribuenti dell’Ue.
Henry Winkler (Getty Images)
Ecco #DimmiLaVerità del 7 novembre 2025. Il deputato di Fdi Giovanni Maiorano illustra una proposta di legge a tutela delle forze dell'ordine.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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