2020-11-28
Regioni, riapertura con beffa
Guinzaglio allentato per gli acquisti. Se è giusto dare ossigeno ai commercianti, è folle obbligarci a rinunciare a tutto (messe, cene coi parenti, neve), tranne che allo shopping. Concedendo una libertà a tempo determinato.Lo avvolse in fasce e lo depose nel carrello della spesa. Alleluja alleluja è nato il salvatore. Del mondo? No, dello shopping. La nuove linee del governo, nella loro solita confusione, sono per una volta chiarissime: avremo la possibilità di andare a fare acquisti, ci sarà concesso di spendere la tredicesima (per chi la prende ancora), potremo scegliere la cinquantesima sciarpa allo zio Pinuccio e il sessantesimo profumo alla zia Carmela, che ogni anno aspettano i nostri regali per rifornire i mercatini dell'usato (se soltanto fossero ancora aperti). Tutto qui. Andate e moltiplicate gli scontrini fiscali. Poi, celebrato come si deve il Natale del bancomat, di nuovo tutti a casa in religiosa, quella sì, solitudine. La messa di mezzanotte può saltare. Il pacco dono sotto l'albero invece no. Dopo aver dettato l'agenda a Gesù Bambino, tramite il ministro Francesco Boccia, il premier Giuseppe Conte è stato indeciso se lanciarsi in nuovi dpcm per regolamentare i trasferimenti da regione a regione della stella cometa e l'assembramento dei pastori del presepe. Poi, invece, ha deciso per una soluzione più commerciale. Qualche giorno fa ci ammoniva, con atteggiamento curiale, a cogliere il lato spirituale delle festività. Poi deve aver parlato con Confesercenti e così ha improvvisamente colto anche l'aspetto economico. Ed è già un piccolo passo avanti, se proprio vogliamo essere ottimisti (ne abbiamo così bisogno): invece di avere don Giuseppi moralizzatore che ci fa il predicozzo sul Natale ascetico, abbiamo mastro Giuseppi bottegaio che ci apre le porte al Natale consumistico. Già meno insopportabile, in effetti. Soprattutto pensando a quei commercianti che, con le vendite natalizie, riusciranno a dare da mangiare ai loro figli. Viva la libera uscita dello shopping, dunque. Viva la corsa affannosa ai regali. Viva l'assembramento nel negozi del centro. Sempre meglio che arricchire Amazon, per altro. Viva il santo avvento della carta di credito, viva la novena al registratore di cassa. Mi ricordo quand'ero bambino, in parrocchia ci davano una stellina per ogni giorno che andavamo alla novena. Se uno metteva insieme le nove stelline aveva diritto al dono. Non diteglielo a Conte, se no s'inventa la tessera della novena al centro commerciale. Una stellina per ogni giorno che fai un acquisto, se fai nove acquisti in regalo l'abbonamento online per seguire la messa di Natale da casa. Perché la linea (anzi, ormai dovremmo dire: il dogma) del governo ormai è chiaro: una manciata di giorni per santificare come si deve la Santa Natività del pacco dono. Poi di nuovo tutti rinchiusi in casa. Possibilmente in solitudine. Senza amici né parenti. Come carcerati. Con l'unico svago di telefonarsi l'un l'altro ricordando l'ora d'aria vissuta spericolatamente a cercare regali. E per carità, lo ripetiamo ancora, figuriamoci se noi abbiamo qualcosa contro i commercianti. Li difendiamo e li difenderemo sempre. Siamo felici se potranno tirare una boccata d'ossigeno. Incoraggeremo ogni iniziativa che li aiuti a incassare qualcosa. Soltanto che ci sentiamo un po' così, trattati più da borsellini che da uomini, più da libretti degli assegni che da cristiani. Sembra che l'unica cosa per cui veniamo veramente presi in considerazione sia la nostra attitudine a spendere. Il che, oltre a farmi sentire in netta inferiorità nei confronti di mia moglie, rischia di far confondere definitivamente la vita con la Visa (ovviamente Mastercard), appiattendo un po' il nostro essere a livello di banconota. La messa di Natale? Ci puoi rinunciare. La gita in montagna? Ci puoi rinunciare. Il pranzo con i parenti? Ci puoi rinunciare. A tutto puoi rinunciare: convivialità, divertimento, spiritualità, raccoglimento, comunità, svago, passioni. Tutto. Tranne lo shopping. Non è un po' troppo? Anche questa idea della libertà a tempo, poi, è non poco inquietante. Venti giorni. Poi di nuovo tutti dentro. A meno che non siate ultrà del Napoli, naturalmente: in quel caso come è noto le regole non valgono. Per tutti gli altri, per noi comuni mortali, libera uscita con scadenza incorporata. In modo che non ci abituiamo troppo bene. Mi sento un po' come quei cani che hanno dei cattivi padroni: tutto il giorno rinchiusi nella cuccia, poi arriva il momento della libertà. Ma dura solo pochi minuti. E solo per fare pipì. Appena il cane ha fatto pipì, il cattivo padrone lo rinchiude nella zona rossa, pardon nella cuccia. «E non abbaiare se no ti faccio un altrodpcm più cattivo ancora». Ma vi pare? Andremo a fare lo shopping così, con lo stesso spirito con cui i cani liberati dalla cuccia corrono a fare pipì. Contenti, si capisce, perché non vediamo l'ora di uscire dalla cuccia, pardon zona rossa. Ma con la consapevole rassegnazione che il divertimento potrà durare poco. Giusto il tempo di svuotare la vescica. O, peggio, il portafoglio. Così ci prepariamo ad affrontare questo strano dicembre con la Novena dello spesone e il Natale della prigione. Pronti a sacrificare tutto, tranne che la corsa ai regali. Perché ce l'hanno già anticipato: una volta passata la festa dell'acquisto torneranno le restrizioni più cupe, il moralismo più acceso, le conferenze stampa drammatiche, il ritornello del «non fare come quest'estate» (ma che diavolo avremo mai fatto quest'estate di così terribile?). Non avendo un piano per nulla, non avendo affrontato il problema dei trasporti, essendo in ritardo sugli ospedali e pure sui vaccini, avendo collezionato mancanze ed errori da premio ignobel dell'inefficienza, il governo si appresta ancora una volta a scaricare tutto il peso della pandemia sulle nostre spalle. Ma solo dopo aver spremuto le nostre tasche, naturalmente. Tanti auguri a tutti.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)