Unipol, che ha chiuso il 2023 con un utile di 1,3 miliardi, lancia l’Opa per incorporare Unipolsai. Verranno unificate assicurazioni e partecipazioni di maggioranza in Bper (dove Montani sembra destinato all’addio) e Pop Sondrio. Su Mps: «Non è nei piani».Carlo Cimbri si prepara a diventare il secondo banchiere d’Italia dopo Carlo Messina. Cambia però il percorso: il capo di Intesa è partito dallo sportello per arrivare alle polizze. Il capo di Unipol ha cominciato dalle assicurazioni e ora è approdato al credito. Il passo decisivo ieri mattina con la fusione fra Unipol, testa della galassia, e Unipolsai in cui sono raggruppate le attività assicurative. Vengono così unificate sotto un unico cappello le compagnie d’assicurazione e le partecipazioni di maggioranza relativa in Bper e Banca popolare di Sondrio. L’operazione avviene attraverso un’Opa che Unipol lancerà su Unipolsai offrendo tre azioni ogni dieci possedute dai soci della compagnia d’assicurazione. Lo scambio equivale a una valorizzazione di 2,7 euro. Advisor finanziari sono Mediobanca per Unipolsai e Jefferies per UnipolIl mercato ha apprezzato l’iniziativa visto che le azioni Unipol sono salite del 21% a 6,95 euro e quelle di Unipolsai dell’11% andandosi a collocare poco sotto il valore dell’Opa. Il quadro di comando, composto da un blocco di coop capeggiate da Alleanza 3.0 subirà un piccolo annacquamento dal 52% al 45%.Il cambio di governance porterà Cimbri a occuparsi ancora più da vicino delle due banche. Un approccio molto amichevole a Sondrio con l’annuncio che Unipol avrà due rappresentanti nel nuovo consiglio d’amministrazione che avrà in Mario Pedranzini la guida operativa. Assai ruvido invece a Modena dove il licenziamento dell’amministratore delegato Piero Montani è stato annunciato da Cimbri addirittura a suon di musica. Una performance inedita nel felpato mondo della grande finanza dove le coltellate, soprattutto se mortali, vengono vibrate da mani guantate. Cimbri, invece, non ha voluto fare sconti all’amministratore delegato di Bper. Un tema su cui il gran capo di Unipol torna per due volte per essere certo di essere stato capito. La prima ricordando che in una recente dichiarazione Montani si era dichiarato «tranquillo» sulla prosecuzione del sui mandato. «Tranquillo?», chiosa Cimbri, «Io gli direi di stare sereno» con evidente riferimento alla condanna pronunciata da Matteo Renzi poche settimane prima di imporre a Enrico Letta di lasciare Palazzo Chigi. Che il tempo di Montani alla guida di Bper sia prossimo alla fine Cimbri lo ha ribadito una seconda volta quando, dopo aver lodato la squadra che ha lavorato all’integrazione fra Bper e Carige, si è occupato «del funzionamento della parte alta, della governance, del board di Bper». Per definire le sue intenzioni il capo di Unipol ha fatto ricorso alla carta vetrata. «Mi viene in mente Vasco Rossi quando canta: “E va bene cosi, senza parole”» mentre nella sala della conferenza stampa, con una performance inedita, risuonavano le note del brano del rocker di Zocca. «Noi stiamo concentrati nel ruolo di azionisti e quello che ci compete è contribuire alla governance di Bper per renderla più solida, efficiente e più adatta alla dimensione che la banca ha», ha spiegato il presidente di Unipol, ricordando che il gruppo bolognese presenterà una lista di sette membri per il cda. Cimbri ha invece valutato «positivamente» il lavoro che i dipendenti di Bper hanno fatto «per come si sono calate nella nuova dimensione di Bper, che si è trasformata da banca macro regionale a una banca di interesse nazionale», così come «il risultato qualitativo dell’integrazione: non hanno perso clienti, sul territorio hanno lavorato bene». Critico invece con le scelte di Montani: «Da Bper avrei gradito maggiore prudenza durante queste fasi di bisboccia di mercato». Modena infatti «deve fare ancora molto» nel «consolidamento» della sua impetuosa crescita. Al fuoco di domande su Mps ha risposto con altrettante smentite «Non ci sono state interlocuzioni con Mps che peraltro sta conseguendo nella sua veste stand alone sotto la guida di Luigi Lovaglio degli ottimi risultati». Qualcuno in sala ha fatto notare che anche la fusione tra Unipol e Unipolsai era stata smentita per anni. Poi l’annuncio di ieri mattina.Con l’attenzione concentrata sulle strategie del gruppo sono passati in secondo piano i risultati d’esercizio e l’aumento del dividendo a 0,38 euro da 0,37 euro. L’utile consolidato di Unipol è stato di 1.331 milioni di euro (866 milioni nel 2022). Con l’aumento del dividendo verranno distribuiti 273 milioni.Unipolsai ha chiuso l’esercizio 2023 con un utile netto consolidato in crescita a 766 milioni da 651 milioni del 2022. La raccolta diretta è salita del 10,4% a 15,1 miliardi, Dividendo di 0,165 euro, rispetto a 0,16 euro dell’esercizio precedente per un ammontare complessivo di circa 467 milioni.
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Un servizio di «Fuori dal coro» mostra il racket dei bengalesi a Monfalcone: o cedi metà del tuo stipendio oppure non lavori o, peggio ancora, vieni pestato. I soldi presi dai caporali servono anche a finanziare gli imam che predicano abusivamente.
(Arma dei Carabinieri)
Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 persone indagate per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro. Con l’aggravante del metodo mafioso.
Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola , Seclì e presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che operava nella zona ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori «Puglia», dal Nucleo Cinofili di Modugno (Ba), nonché dai militari dell’11° Reggimento «Puglia».
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto è cominciato nel giugno del 2020 con l’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane nato nel 1999. Le successive investigazioni avviate dai militari dell’Arma hanno consentito di individuare l’esistenza di due filoni parallel ed in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della zona ionica del Salento, suddivise tra Nardò e Gallipoli. Quello che sembrava un’attività apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui rispettivi territori, capaci di piazzare gradi quantitativi di droga. In particolare, l’organizzazione che operava sull’area di Nardò è risultata caratterizzata da una struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalla cessione di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
Sono stati alcuni episodi a destare l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando,dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima era stata avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria auto.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere portata in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione della macchina, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima era stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola più volte con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra e causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo di primo piano è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Alcune avevano ruoli centrali, come referenti sia per il rifornimento dei pusher sia per lo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una di loro. Spesso utilizzavano automobili di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna vicina al capo gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, come l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile intercettazione (WhatsApp e Telegram).
Nell’azione delle due strutture è stato determinante l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per ordinare le dosi. In alcuni casi gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del prodotto ceduto, ricontattavano i clienti per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con diversi appellativi che ricordavano cibi o bevande (come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”), veniva prelevata da nascondigli sicuri e preparata in piccole dosi prima di essere smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio. Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti nel Salento ionico, fino all’intervento di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata di oggi.
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