2023-12-29
Pur di benedire le unioni gay violate le regole del Vaticano
Mai convocata la commissione di esperti di temi teologici: avrebbe rilevato che la Dichiarazione contraddice platealmente un atto di due anni fa firmato da Bergoglio. Il quale snobba la rivolta dei vescovi di mezzo mondo.In Vaticano dovevano tenerci davvero tanto ad autorizzare le benedizioni delle coppie gay. Al punto che, per redigere la Dichiarazione Fiducia supplicans, il cardinale Víctor Manuel Fernández ha forzato le regole. Procedure che, negli usi della Santa Sede, non sono superflui orpelli barocchi, vezzi da sacerdoti vestiti di pizzi e abiti talari. No: nella Chiesa, la forma è sostanza. Invece, il prefetto dell’ex Sant’Uffizio ha compiuto un blitz. O meglio, un «golpe», come da consolidata tradizione argentina. Tucho, infatti, si è rifiutato di convocare la commissione di esperti che avrebbe dovuto esaminare il documento; l’ha vergato di propria iniziativa e poi l’ha consegnato al Papa. Il quale - riferiscono fonti ben informate alla Verità - si è fidato ciecamente del suo pupillo e ha firmato il testo senza nemmeno leggerlo, sicuro che fosse inappuntabile.Con il colpo di mano, dunque, monsignor Fernández ha esautorato la cosiddetta Feria Quarta, un gruppo composto da prelati, con il compito di esaminare i problemi teologici rilevanti. Sulla pagina Web del Dicastero per la dottrina della fede, che il porporato guida da luglio, è spiegato bene il funzionamento dell’organismo. Vi si legge che l’ex Congregazione si avvale della collaborazione di «Consultori», le cui adunanze «si tengono periodicamente. Le questioni trattate e i pareri dei Consultori vengono quindi discussi dalla Sessione Ordinaria (Feria Quarta) del Dicastero con voto deliberativo. Le loro decisioni sono successivamente sottoposte all’approvazione del Sommo Pontefice, in apposita udienza». Nulla di tutto ciò è avvenuto. Non c’è stato alcun vertice, non c’è stata alcuna discussione e men che meno una qualche votazione. Questo non significa che il documento sia invalido. Tuttavia, le anomalie sono gravi. E reiterate: in realtà, il prefetto non ha mai riunito i suoi consiglieri. Ecco perché, all’interno del Dicastero, si respira un’atmosfera pesante. Quelli che dovrebbero essere i collaboratori di Tucho sentono di essere stati ridotti a meri esecutori. E l’impressione è che, con il via libera alla benedizione delle unioni irregolari, il cardinale accentratore abbia passato il segno. Nessuno si era mai spinto fin qui. Nemmeno un fine studioso come Joseph Ratzinger, che pur avrebbe avuto le credenziali per procedere in autonomia. Ma quando, nel 2000, da prefetto della Fede, licenziò la Dominus Iesus, l’ultima Dichiarazione pubblicata prima che uscisse Fiducia supplicans, il futuro papa Benedetto XVI si premurò di rispettare la prassi. E alla conferenza stampa di presentazione del testo parteciparono anche due Consultori dell’allora Congregazione: monsignor Fernando Ocáriz e don Angelo Amato.Cosa temeva il cardinale Fernández, tanto da scardinare i protocolli? Magari, la Feria Quarta gli avrebbe fatto notare che, solo due anni fa, il suo predecessore, monsignor Luis Francis Ladaria Ferrer, aveva sostenuto il contrario di quanto ora messo nero su bianco da Tucho: «La benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita», scriveva il numero uno del Sant’Uffizio, osservando che amministrare il sacramentale avrebbe costituito «una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale», benché non esistesse «fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Con la nuova Dichiarazione, il prefetto del Dicastero smentisce quel pronunciamento, che pure venne ugualmente sottoscritto da Francesco. Insomma, l’attuale pontificato ha mietuto un altro paio di vittime: Aristotele e il suo principio di non contraddizione. È il cortocircuito più evidente nella condotta del «partito» di Jorge Mario Bergoglio. Da un lato, i riformisti proclamano il verbo della sinodalità, propinano una Chiesa collegiale, pronta a coinvolgere anche i laici - persino l’ex no global mangiapreti Luca Casarini - nelle assemblee e nelle decisioni. Ma se pretendono di imporre una rivoluzione dottrinale, i benevoli fautori della parresia prendono a comportarsi da autocrati. Parlavano come pastori, si trasformano in colonnelli. Così che non sembra più un’esagerazione pamphlettistica la formula coniata, qualche anno fa, dallo storico britannico Henry Sire: «Papa dittatore». Si badi: non monarca assoluto, però di uno Stato nel quale opera una burocrazia e l’esercizio del potere è codificato e distribuito. Semmai, un autentico tiranno. Da questo punto di vista, non sorprende lo spaccato offerto da Peter Seewald alla Bussola Quotidiana: il biografo di Ratzinger ha confermato che Benedetto fu deluso dal successore, il quale non si curò nemmeno di informarlo della sostanziale abrogazione del Summorum Pontificum, il motu proprio con cui l’emerito aveva liberalizzato le messe in latino. Poco lusinghiera è altresì la descrizione che, del Pontefice regnante, forniscono i pochi che hanno avuto occasione di confrontarsi con lui sulla faccenda della benedizione alle coppie gay. Bergoglio ignora - o vuole ignorare - gli interventi delle conferenze episcopali di mezzo mondo, che stanno vietando la pratica. È convinto che i vescovi stiano dalla sua parte e che le critiche siano un’esclusiva della «stampa di estrema destra». Non è chiaro se il Papa abbia perso il contatto con la realtà, sia mal consigliato, o stia provando ad accelerare l’attuazione della sua agenda: all’avvicinarsi della fine, spererà di imprimere un segno nella storia della Chiesa. Perché non limitarsi a lasciare un buon ricordo?
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)
(Ansa)
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