2022-09-06
Una vera thatcheriana al posto di Johnson. Il nuovo premier Uk sveste i panni diccì
Liz Truss vince la contesa tra i Tories e promette un maxitaglio di tasse. Un ritorno alle origini dopo l’«ecumenismo» di BoJo.Come La Verità aveva pronosticato già all’inizio di giugno, cioè ben prima che Boris Johnson fosse costretto a gettare la spugna, la persona su cui puntare - in caso di sostituzione - era Liz Truss, in quel momento ministro degli Esteri. Una inesorabile consecutio temporale e politica ha portato il partito conservatore britannico esattamente verso questa scelta: Johnson ha annunciato le sue dimissioni il 7 luglio scorso, e, pochi giorni dopo, è iniziato un lungo e complesso leadership contest, che, attraverso una serie di eliminazioni successive, ha condotto i conservatori alla scelta finale tra la Truss e l’ex ministro dell’Economia Rishi Sunak. E ieri è stato annunciato il successo della prima sul secondo: 57% contro 43%. Oggi, a Balmoral, la regina Elisabetta conferirà alla Truss l’incarico formale di costituire un nuovo governo: e la 47enne Truss sarà la terza donna premier (dopo Margaret Thatcher e Theresa May: tutte conservatrici) della storia politica britannica. «Boris», ha detto Truss rivolgendosi dal podio al premier uscente, «tu hai portato a compimento la Brexit, hai realizzato la campagna vaccinale contro il Covid, hai distrutto Jeremy Corbyn e hai affrontato Vladimir Putin».Per capire come mai sia stata scelta lei, a nostro avviso, occorre prima comprendere come mai sia davvero caduto Boris Johnson, e poi perché non sia stato scelto dai Tories un candidato apparentemente più solido nell’establishment economico come Sunak. Il consiglio per i lettori è quello di non credere alla vulgata presa come oro colato dalla stampa europea: quella secondo cui Johnson sarebbe caduto soprattutto a causa degli scandali che hanno lambito alcuni suoi collaboratori e, ancora di più, per la forte polemica scatenata dalla violazione da parte di membri del governo (inclusi lui stesso e Sunak) delle pur blande restrizioni pandemiche in Uk. Sì, certo: non ha giovato a un volpone come Johnson aver provato a fare la parte del finto tonto rispetto a ciò che gli accadeva intorno. Così come ha certamente pesato pure la vicenda del partygate: i cittadini britannici non tollerano l’idea che i politici consentano a sé stessi (neanche per un brindisi a Downing Street) ciò che hanno vietato a loro.Ma le cause reali della crisi, a nostro avviso, erano altre due. Per un verso, l’economia, cioè i mancati tagli di tasse e l’adozione di una contestata linea eccessivamente dirigista; per altro verso, le recenti sconfitte elettorali (alle locali e in due suppletive). In altre parole, finché il partito ha considerato Johnson una macchina da voti, gli ha perdonato tutto: ma non appena il vento elettorale è cambiato, i Tories sono diventati spietati con il loro leader, e anche alcuni scandali sono diventati l’innesco per rimuoverlo. Una volta compiuta quella prima scelta, era fatale che l’opzione Sunak non potesse funzionare: e non tanto per essere stato pure lui multato per il partygate, ma perché, da ministro dell’Economia, era stato proprio lui a incarnare scelte economiche assai poco thatcheriane. La realtà è che Johnson si è trovato di fronte a un rebus: da un lato, alle elezioni politiche del 2019, aveva fatto il pieno del tradizionale voto conservatore; dall’altro, aveva recuperato anche un significativo voto di delusi di sinistra. Il premier uscente ha cercato di immaginare un mix programmatico per rivolgersi a tutte queste componenti, ma, così facendo, ha scontentato proprio la parte thatcheriana, quella che voleva meno tasse, e che (correttamente) immaginava Brexit come la chiave di volta per una sterzata anti tasse e anti burocrazia. E così ecco il paradosso: l’indiscusso campione di Brexit non è riuscito a realizzare politiche in linea con quella conquista. E qui si spiega la scelta di un profilo come quello della Truss, che ha trionfato non tanto per la sua linea atlantista (tutti i candidati in campo avevano condividevano quella opzione: la posizione sulla guerra non è mai stata in discussione da parte di nessuno), ma proprio per il suo richiamarsi esplicitamente alla Thatcher. Se Sunak, anche durante il leadership contest, aveva negato la possibilità di tagli di tasse immediati, la Truss li ha invece messi al centro della sua proposta. E il suo governo partirà per un verso con misure per mitigare la crisi energetica (blocco delle bollette), ma per altro verso proprio con un megataglio fiscale (si parla dell’equivalente di 30 miliardi di euro). Il messaggio è questo: servono fortissime misure di emergenza, ma un conservatore non deve mai perdere di vista i suoi principi di fondo, a partire da un drastico abbassamento della pressione fiscale. Qual è invece il punto debole della Truss (così come, va detto, di chi si è misurato con lei)? Diversamente da Johnson, né lei né Sunak sono trascinatori di folle. Nel 2019, Johnson era stato capace di un risultato eccezionale: ottenere la più grande maggioranza conservatrice dal 1987, e la percentuale più alta dal 1979. Oggi, al contrario, i conservatori sono indietro nei sondaggi rispetto ai laburisti, che peraltro, diversamente da quando erano guidati dal radicalismo estremista di Jeremy Corbyn, fanno meno paura a larghi segmenti di elettorato. Per questo la scommessa della Truss è difficile, e al tempo stesso merita ogni incoraggiamento: è difficile perché i Tories partono svantaggiati in vista delle elezioni politiche del 2024; ma merita un incoraggiamento perché, se riuscirà a risalire la china, lo farà con una ricetta legata a principi conservatori, pro mercato, pro libertà.