
Emmanuel Macron ha capito che bisogna difendere la laicità dello Stato per non soccombere.Quella che si vede in mezzo alla strada di Parigi è la testa di Samuel Paty, staccata dal corpo dal terrorista ceceno, diciottenne, che lo ha attaccato per strada. Non eravamo abituati a queste rappresentazioni e, malgrado l'attentato di venerdì, sulla medesima scia del processo alla carneficina per la pubblicazione di Charlie Hebdo delle caricature di Maometto, l'attenzione alla minaccia del terrorismo islamista sembrava dissolversi nella nuova era covidiana: altre le preoccupazioni emergenti.Invece: alla testa del Profeta, disegnata con una bomba sul turbante, si è replicato con la testa per strada di un insegnante di storia, geografia ed educazione civica che, per parlare di libertà di stampa aveva mostrato alla sua classe le vignette incriminate dagli islamisti.Si tratta di terrorismo? Certo, senza ombra di dubbio: un atto di terrorismo è tale per gli effetti che intende generare non per le sue motivazioni. E questa prospettiva deve essere la prima nel giudizio, rispetto alle stesse condizioni personali del terrorista. Ogni attacco che sia diretto a modificare con la violenza, promuovendo il terrore, non solo i valori fondanti la nostra cultura e società, cioè quei valori in cui comunemente ci riconosciamo, ma anche i comportamenti che si fondano su quei valori fondanti, è un atto di terrorismo.Si dirà che è giovane, diciotto anni, che è ceceno delle banlieue e, dunque, appartenente alle fasce marginalizzate e deboli della società: le più bisognose di aiuto. Considerazioni utili per avviare pratiche di prevenzione al fine di evitare la radicalizzazione violenta di questi soggetti, maggiormente esposti. Ma considerazioni del tutto inutili per giudicare il comportamento messo in atto da un terrorista: al terrorista conclamato si deve negare ogni attenuante e comprensione.Sono convinto che solo la condivisone di una visione così chiara e determinata possa aprire la strada alla collaborazione tra le diverse culture e religioni per prevenire il fenomeno, prima, e per combatterlo con unità di intenti e mezzi, dopo.Il terrorismo islamista è ormai radicato e infiltrato nella quotidianità: qui si perder la testa perché una allieva, con zia fedele allo Stato islamico, sobilla la piazza radicale con un video sui social. Il Califfato sopravvive nelle famiglie del radicalismo. Dunque, possiamo essere certi, che se l'emergenza Covid-19 passerà, il conflitto legato al terrorismo in cui si esprime la radicalizzazione violenta continuerà.In questo momento una inevitabile riduzione della complessità ci induce a ridefinire le priorità a cui prestare attenzione e impegno. Ma il mondo è inevitabilmente più complesso della capacità di interpretarlo in una sola visione unitaria. Anzi, come ogni emergenza la pandemia ha accelerato processi già avviati e presenti prima del suo avvio, senza necessariamente esserne la causa, e tra questi proprio gli esiti violenti dello scontento che è diventato sempre più conflitto aperto, senza possibilità di mediazione avendo eliminato tutti i corpi (istituzioni e organizzazioni, persone e maestri) che potevano fare da ammortizzatori: con maggior rapidità oggi si passa dal disegno della testa mozzata alla testa rotolata sull'asfalto, l'ideologia e la religione se ci sono, sono una scusa non una causa.L'atto terrorista di Parigi, quella violenza sanguinaria ricorda quello oggi sembra essere solo il contorno della nostra quotidianità assalita dal virus e che, invece, è il substrato che alimenta intimamente i comportamenti di tanti. In tal senso, non dobbiamo perdere la consapevolezza delle minacce che sono sempre presenti e che si alimentano della nostra distrazione e della nostra stupidità. Soprattutto quando comincia la stessa «società civile», fatta di genitori, associazioni e gruppuscoli, a «decapitare» in classe un professore che mostra le vignette di Maometto commentando con troppi «ma, se, forse» che affondano le radici nella pericolosa diffusa ideologia naive del politicamente corretto e del rispetto che arriva a castrare i nostri diritti fondamentali. Il discorso del 2 ottobre del presidente francese Emmanuel Macron, letto oggi, acquista altro spessore nella sua difesa della laicità dello Stato francese e dei suoi principi fondanti, che vengono posti al di sopra di qualsiasi particolarismo, denunciando il rigetto e la posizione antagonistica della variegata rappresentanza islamista francese nei confronti dello Stato, delle sue regole e dei suoi principi fondanti. Insomma, parole chiare che chiedono di condividere consapevolezza della minaccia del terrorismo islamista che perdura.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.