2019-08-17
Arriva il governo dell’invasione
Ci mancava solo Massimo D'Alema a far da levatrice al governo della vergogna. Ma l'ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri che andava a braccetto con gli hezbollah, alla fine è arrivato a benedire la nascita di un nuovo esecutivo 5 stelle-Pd. Lo ha fatto ricordando che 24 anni fa un colpo di mano, sotto gli occhi compiaciuti di Oscar Luigi Scalfaro, portò alla nascita del governo di Lamberto Dini, mettendo in un angolo Silvio Berlusconi, che aveva vinto le elezioni del 1994, e aprendo la strada alla successiva vittoria di Romano Prodi. D'Alema fu l'artefice dell'operazione, perché da segretario dei Ds tenne i rapporti con Umberto Bossi, presentando la Lega addirittura come «una costola della sinistra». E sempre lui, da capo dell'ex partito comunista (la svolta di Achille Occhetto è del 1989), propose un ex democristiano ed ex boiardo di Stato come leader della coalizione di sinistra, vincendo poi le elezioni.Perché D'Alema abbia evocato quei primi mesi di 24 anni fa è piuttosto evidente. Anche all'epoca si trattava di far cadere un governo che gli italiani avevano votato contro ogni previsione. La discesa in campo del Cavaliere aveva spiazzato tutti, in particolare la «gioiosa macchina da guerra» del Pds, che dopo la caduta di socialisti e democristiani era convinta di avere la strada spianata. Diversamente da quel che ci aspettava, gli italiani votarono per Berlusconi, per Gianfranco Fini e per Umberto Bossi, facendo vincere una coalizione che sembrava impossibile mettere insieme. Era il periodo in cui Fini era considerato un rifiuto del parlamento, tanto che in Belgio un ministro socialista si rifiutò di stringere la mano a un ex missino come Pinuccio Tatarella, e non un interlocutore migliore di Berlusconi. Dunque, per far cadere il Cavaliere, Scalfaro e i compagni lavorarono su Bossi, assicurandogli che in caso di crisi non ci sarebbero state elezioni. E così fu. Berlusconi cadde, anche perché nel frattempo gli era arrivato il suo primo avviso di garanzia, e l'Italia non tornò alle urne, ma si beccò Lamberto Dini come presidente del Consiglio. Fu un governo ponte, per consentire alla sinistra di riorganizzarsi e di presentare un volto che non spaventasse gli italiani, ma consentisse agli ex comunisti di governare. Fu scelto Prodi e si sa come finì, cioè con la sciagurata negoziazione dell'ingresso nell'euro.Per D'Alema tutto ciò è un merito, per noi l'inizio di una catena di errori e di scelte calate dall'alto, senza il parere degli elettori. Perché non soltanto si decise di far fuori Berlusconi senza passare dalle urne, ma qualche anno dopo a fare la stessa fine fu lo stesso Prodi. Ormai non serviva più, il lavoro sporco lo aveva fatto e le elezioni le aveva vinte. Con il contributo di Fausto Bertinotti fu costretto alle dimissioni e a Palazzo Chigi, per la prima volta nella storia repubblicana, si insediò un ex comunista, ossia lo stesso D'Alema.Un'operazione che per certi versi ricorda molto quella compiuta anni dopo da Matteo Renzi. Anche quest'ultimo, quand'era segretario, giubilò l'ex democristiano Enrico Letta e, proprio come D'Alema, divenne presidente del Consiglio senza che gli italiani lo avessero votato.Sarà per questo che, pur odiandosi, sia Spezzaferro (il soprannome del lìder Maximo risale ai tempi universitari), sia il Rottamatore, oggi sono sulla stessa sponda e sostengono il governo della vergogna? In effetti, in questo D'Alema ha ragione. Fare oggi un governo 5 stelle-Pd serve a non far votare gli italiani, proprio come nel 1995. E proprio come un quarto di secolo fa, serve a prendere tempo e a sgonfiare il partito che gode di maggiori consensi, magari, come accadde ai tempi di Berlusconi, con l'aiutino della magistratura. Insomma, l'operazione è la stessa, con la sola differenza che oggi, al posto del Cavaliere, c'è Matteo Salvini. Ma in entrambi i casi, dei partiti senza voti provano a governare l'Italia in barba agli italiani.Dove possa portare il governo della vergogna è abbastanza evidente. Ora c'è da fare ciò che l'Europa vuole, cioè assecondare tutte le decisioni di Bruxelles, senza alcuna obiezione. E i nostri complottardi sono pronti. Lo si vede già in questi giorni. Salvini è ancora al Viminale, ma già la linea sui migranti è cambiata e Giuseppe Conte, per salvare la poltrona, dopo aver condiviso la decisione di chiudere i porti, intestandosela perfino davanti alla magistratura, oggi apre all'accoglienza dei clandestini. Quello che ci attende dunque è chiaro. Se passa il governo della vergogna, avremo anche il governo dell'invasione. Per la gioia di Renzi, della Boschi e di D'Alema. Un vero tuffo nel passato.