
Liscia, gassata o del rubinetto? Va bene tutto, purché si beva. L'Italia il secondo Paese al mondo e il primo in Europa per consumo di minerale. Cosa c'è da sapere sull'oro blu: dosi, tipi e utilizzi.Lo speciale contiene tre articoli«Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta», scriveva circa nove secoli fa San Francesco d'Assisi nel Cantico delle creature. E aveva ragione. L'acqua è utile per la vita stessa, in molti sensi: secondo la scienza, l'origine della vita sul nostro pianeta è stata possibile grazie all'acqua e lo è pure il suo mantenimento. L'esistenza di ciascun individuo dipende dall'acqua. Il nostro corpo è composto per la gran parte di acqua, in proporzione variabile a seconda dell'età. Fino a un anno la percentuale di acqua corporea è dell'85%, fino a 14 anni del 75%, fino ai 35 del 65%, fino a 50 anni del 55%, fino a 80 anni del 50%. Sono percentuali minimamente variabili in base al sesso e al peso, ma ciò non modifica la necessità di bere acqua. Perché la consumiamo respirando, sudando e tramite gli escrementi liquidi e solidi. Attraverso il suo viaggio nel nostro corpo, l'acqua svolge numerose funzioni fondamentali per la nostra sussistenza e la nostra buona salute e per questo è considerata un macronutriente. Non è che se non beviamo siamo sopportabilmente disidratati: se senza mangiare si può sopravvivere anche per circa due mesi, possiamo resistere solo qualche giorno senza bere.D'altro canto, bere troppo è dannoso. Non bisogna bere troppo in poco tempo, ma soprattutto non bisogna bere troppo durante la giornata. Per troppo - attenzione - intendiamo veramente troppo: già bevendo oltre i quattro litri si rischiano sintomi di iperidratazione. Si tratta di un problema ben più raro della bassa assunzione d'acqua, che conduce alla disidratazione, assai più comune e meno conosciuto. Il primo danno dell'«overdose» di acqua è l'iposodiemia, un abbassamento del sodio nel sangue che a sua volta comporta debolezza, nausea, vomito, mal di capo, sovraffaticamento dei reni, ipotensione e svenimenti.Qual è, quindi, la giusta dose d'acqua giornaliera? Circa un litro e mezzo, massimo due al giorno. Disperdiamo ogni 24 ore tra i due e i tre litri di acqua e, per mantenerci in forma, quello che perdiamo dobbiamo reintegrare. Occorre però considerare che anche il cibo solido contiene acqua: è all'incirca il 20% dei liquidi che assumiamo durante la giornata.Se i crackers, per esempio, hanno ovviamente un contenuto d'acqua inferiore a quello di una pizza con impasto altamente idratato, frutta e verdura freschi sono alimenti fortementi idratati e idratanti: su 100 grammi di cetriolo, 96,5 sono di acqua. Lattuga, ravanelli, anguria, cicoria ne posseggono intorno ai 95. Intorno ai 94 pomodori (anche in scatola), zucca, indivia belga, fiori di zucca, melone bianco e giallo, radicchio, zucchine. Tra il 60% e l'80% di carne, pesce e uova è acqua, tra il 40% al 60% di formaggi freschi, gelati e salumi e dal 20% al 40% di formaggi come grana e groviera. In burro, farina, legumi secchi e miele c'è tra il 10% e il 20% di acqua, mentre in biscotti e frutta secca tra il 2% e il 10%. Quindi, a meno che non si vogliano mangiare miriagrammi (decine di chili) di cibi solidi al giorno, per idratarsi a sufficienza è importantissimo bere. Frullati, succhi, centrifugati e bevande da pasto (meglio non zuccherate) contribuiscono alla quota di idratazione tramite liquidi, ma la modalità prevalente per assumerli è bere l'acqua. Come diceva San Francesco, l'acqua è pura. Pura anche perché si può considerare H2O (la composizione chimica dell'acqua, due molecole di idrogeno e una di ossigeno) immediatamente disponibile. Dei succhi di frutta o frullati freschi, infatti, l'organismo prima metabolizza le sostanze nutritive che contengono e solo dopo assimila l'acqua. Insomma, la gestione dei liquidi che beviamo va svolta come dirigendo un'orchestra: un po' dal cibo solido, un po' da frutta e verdura in forma solida o idrolizzata come, appunto, frullati, succhi e centrifugati. Ma lo strumento che deve avere prevalenza assoluta, ai fini dell'idratazione, è sempre l'acqua. Se un tempo ci si recava a prenderla alle fonti, adesso è la fonte - un po' come nella storia di Maometto e la montagna - che viene da noi. È difficile vedere in giro persone con la borraccia d'acqua riempita al rubinetto di casa, praticamente un miraggio incontrare qualcuno con quei bicchierini telescopici che si tenevano in borsa, anni fa, per bere dalle fontanelle di strada, ma è comunissimo incontrare persone con la bottiglia di plastica d'acqua minerale comprata al supermercato, al bar o al distributore automatico. E, anche al ristorante, non chiediamo di certo una brocca d'acqua del rubinetto. Beviamo quasi solo acqua confezionata, insomma. Siamo, infatti, i primi consumatori di acqua minerale in Europa e i secondi nel mondo dopo il Messico.Nel 1987 si bevevano solo 47 litri di acqua minerale a persona l'anno, nel 2000 ben 167, oggi circa 206. In realtà, quello delle acque minerali è uno dei tipici esempi di mercato che crea il cliente e non viceversa. Ormai l'acqua, in Italia, è più che disponibile nelle case. Mentre prima beveva acque minerali soltanto il portatore di patologie che i diversi tipi di acqua aiutavano a tamponare, ora la bevono tutti. Ci siamo abituati, forse irrimediabilmente, a un concetto di «acqua portatile», che potremmo definire lo stadio successivo e ultramoderno dell'acqua potabile. Quest'ultimo, tuttavia, era ed è già quasi un lusso se ci paragoniamo ad altri luoghi del mondo, non solo notoriamente privi di acqua in casa come alcune zone africane, ma anche vicini a noi: in Romania, solo il 57% dei cittadini ha accesso all'acqua potabile. Ci siamo abituati all'acqua portatile anche per via della diminuzione delle fontane pubbliche di acqua potabile. Così come l'eliminazione dei telefoni pubblici ha reso inevitabile possedere un proprio cellulare per poter telefonare fuori casa, senza l'acqua portatile, già in borsa o da acquistare, non si può bere.Anche la sostituzione del materiale di cui sono fatte le bottiglie ha influito sull'idea sempre più familiare dell'acqua portatile: prima erano solo in vetro e, dopo averne bevuto l'acqua, si conservavano per riempirle di conserve liquide fatte in casa, dai succhi di frutta alla passata di pomodoro, per andare a prendere l'acqua direttamente alle sorgenti fuori città o per restituirle (il vecchio vuoto a rendere) quando si acquistava la nuova scorta d'acqua. Ma da un certo punto in poi le bottiglie sono diventate prevalentemente di plastica: la comodità (pesano molto meno e se cadono non rischiano di finire in mille pezzi) e la diffusissima disponibilità di un prodotto imbottigliato industrialmente e usa e getta hanno definitivamente archiviato il rubinetto come «fonte domestica».Che differenza c'è tra acqua potabile domestica e acqua minerale imbottigliata? L'acqua di acquedotto che ci giunge in casa può provenire da sorgenti naturali o da acque superficiali (laghi, fiumi e talvolta anche mari) opportunamente purificate dal punto di vista chimico e batteriologico, con trattamenti (cloro, ma anche ozono, raggi Uv, ipoclorito di calcio) che eliminano i contaminanti e processi di sedimentazione e filtrazione che setacciano solidi come il calcare.Questa è la differenza fondamentale tra acqua del rubinetto di acquedotto e acqua di fonte imbottigliata: quest'ultima è naturalmente potabile e subisce interventi molto più limitati. Le acque minerali sono lisce o frizzanti. Queste ultime possono essere effervescenti naturali oppure sono addizionate di anidride carbonica.Gli italiani preferiscono le acque minerali lisce naturali: le beve il 65% della popolazione, il 35% preferisce il gusto frizzante, naturale il 22% e addizionate il 13%. L'acqua frizzante stimola le papille gustative, perciò dà la sensazione di essere più dissetante e aiuta la digestione. Ma le caratteristiche più importanti delle acque minerali sono altre. L'uomo non sintetizza alcun sale minerale: deve assumerli bevendo e mangiando. È l'etichetta sulla bottiglia che ci svela la connotazione minerale dell'acqua in questione, conferita dal passaggio su rocce e terreni e che ci indica quella più adatta a noi, perché i sali minerali naturalmente contenuti possono avere un impatto curativo oppure patologizzante. È il residuo fisso (cioè il peso dei sali minerali residui dopo l'evaporazione di un litro di acqua a 180 gradi) la prima catalogazione: le acque minimamente mineralizzate hanno sali minerali inferiori a 50 milligrammi per litro e sono così leggere che favoriscono la diuresi, quindi sono di aiuto in caso di calcoli renali anche perché ne facilitano l'espulsione; le oligominerali hanno un residuo fisso tra 50 e 500 milligrammi per litro, sono acque medie e adatte a chiunque; le acque minerali hanno un residuo fisso tra 500 milligrammi e 1 grammo per litro, mentre le acque ricche di sali minerali lo hanno di oltre 1,5 grammi per litro, sono considerate curative in senso stretto e vanno bevute previo consiglio medico e con scopo decisamente terapeutico (tutte queste informazioni sono scritte sull'etichetta della bottiglia). Vediamole nel dettaglio. Le acque iposodiche sono indicate per chi soffre di ipertensione e ritenzione idrica. Lo sono la maggior parte delle acque minerali, perché, di solito, il contenuto massimo di sodio è di 50 milligrammi per litro e bevendone anche due litri al giorno si assume 1 microgrammo di sodio, quantitativo che per chi deve mangiare rigorosamente senza sale può essere rilevante. In questo caso, meglio optare per le iposodiche, con sodio massimo di 20 milligrammi per litro.Le acque sodiche, invece, con contenuto di sodio superiore a 200 milligrammi per litro sono consigliate a chi svolge intense attività fisiche anche sportive, perché reintegrano i sali minerali perduti con l'intensa sudorazione. Bisogna però fare sempre attenzione a non incorrere in un eccesso di sodio e a bilanciarlo col potassio (frutta e verdura fresca).Gli anemici si gioveranno di acque ferruginose, che sono rare ma non introvabili. L'anemia da carenza di ferro è più tipica del sesso femminile, che perde abbondante ferro ogni mese durante il ciclo mestruale, ma ne possono soffrire anche gli uomini. Le acque calciche sono utili contro l'osteoporosi, l'ipertensione e disturbi di stomaco e fegato. Le acque solfate (più di 200 milligrammi per litro di solfati) aiutano l'intestino pigro e problematiche digestive.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/un-brindisi-dacqua-la-terapia-idrica-e-la-prima-medicina-2597085319.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="uno-o-due-bicchieri-durante-i-pasti-a-piccoli-sorsi-e-non-ghiacciata" data-post-id="2597085319" data-published-at="1758138229" data-use-pagination="False"> Uno o due bicchieri durante i pasti, a piccoli sorsi e non ghiacciata Può sembrare strano leggere un vademecum su come e quando bere, ma non lo è. L'assunzione di acqua va distribuita durante la giornata. Duranti i pasti non bisogna bere troppo, ma nemmeno per niente. Uno o due bicchieri di acqua sono sufficienti. Anche durante la colazione, soprattutto se si beve solo un caffè accanto a una brioche e non il canonico cappuccino, un bicchiere d'acqua è assolutamente indicato. È molto diffusa l'idea che mangiando non si debba bere per evitare di diluire i succhi gastrici e rallentare la digestione. Al contrario: i succhi gastrici sono acquosi e l'organismo li produce a partire dai liquidi. Se è a secco, cercherà quell'acqua in altri reparti dell'organismo con successivo rallentamento della digestione. Quando mastichiamo il cibo, lo trasformiamo in bolo mescolandolo con la saliva (e anche la salivazione è una produzione di acqua da parte del nostro organismo). Deglutendo poi il bolo, cioè il boccone masticato, lo inviamo al tubo digerente: l'acqua ci aiuta, proprio fisicamente, a spingerlo giù. Bere un bicchiere d'acqua appena svegli, a digiuno, è considerata una forma di prevenzione dal popolo giapponese, che sappiamo essere molto attento alla salute. Il bicchiere d'acqua appena emersi dalle braccia di Morfeo aiuta a eliminare tossine e sostanze di scarto accumulate durante la notte e dà una piccola spinta al metabolismo che si sta risvegliando. Il resto dell'acqua va distribuito armoniosamente durante il resto della giornata, un bicchiere alla volta. È meglio bere a piccoli sorsi che «a garganella» come assetati nel deserto e, anche in estate, è meglio bere acqua a temperatura ambiente piuttosto che ghiacciata: l'acqua troppo fredda può affaticare la digestione, irritare l'intestino e procurare una per nulla simpatica congestione se si è accaldati. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/un-brindisi-dacqua-la-terapia-idrica-e-la-prima-medicina-2597085319.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-bottiglia-di-vetro-batte-la-plastica-ed-e-ora-di-riaprire-il-rubinetto" data-post-id="2597085319" data-published-at="1758138229" data-use-pagination="False"> La bottiglia di vetro batte la plastica. Ed è ora di riaprire il rubinetto Nonostante la bottiglia di plastica stia conducendo una vera e propria guerra contro quella tradizionale di vetro, vincendola, sono preferibili le acque minerali in bottiglia di vetro. La bottiglia di vetro ideale è quella verde scuro: il colore scuro è sempre servito (pensate alle bottiglie di olio) per proteggere dai raggi solari. L'acqua imbottigliata va sempre tenuta al riparo da calore e luce e, soprattutto nel caso delle bottiglie di plastica, non andrebbe mai lasciata sotto la luce diretta del sole. Le bottiglie di plastica sono principalmente in polivinilcloruro (Pvc) o polietilentereftalato (Pet). Il Pvc è meno costoso e in più è sensibile ai gas dell'acqua frizzante, mentre il Pet non lo è. Se da una parte la bottiglia di plastica è l'unica che troviamo nei distributori automatici e in maggiore quantità rispetto a quella in vetro, anche sugli scaffali del supermercato e nei locali di ristorazione, a confronto con il vetro, la plastica non vince. Anzi. Il dibattito sulle sostanze potenzialmente nocive rilasciate dai vari tipi di plastiche, sul loro impatto e sulle condizioni di emissione di tali sostanze è aperto e complesso, le posizioni sono divise tra chi lancia l'allarme e chi lo nega. Certo è che il vetro presenta un'inalterabilità chimica di fronte a sole e calore che è fuori discussione. Inoltre, nel caso di eventuale riutilizzo del vetro, quest'ultimo si può certamente lavare senza problemi con acqua e detersivo nonché sterilizzare tramite la bollitura; la plastica decisamente no. Quindi, anche nell'ottica di scongiurare eventuali contaminazioni microbiche in caso di riutilizzo, dal punto di vista igienico è indubbiamente meglio il vetro. È vero che il vetro pesa e costa di più, ma il prezzo più alto è giustificabile. In definitiva, sembra sensato affiancare l'acqua in vetro a quella in plastica nell'uso quotidiano. Lo stesso consiglio vi diamo riguardo all'acqua di rubinetto. Non è un veleno: provate a reintrodurre anche quella nella vostra routine di bevitori.
Mattia Furlani (Ansa)
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