2024-05-24
Sulla sharia negli atti insorge la destra. E un ateneo occupato diventa moschea
Deputate di Lega e Fdi contro la poligamia nei documenti. Caos a Torino per l’imam in aula. Il ministro Bernini chiama il rettore.Dalla sharia nei documenti italiani agli imam nelle università, la sottomissione continua. Da un lato i contratti di matrimonio tra islamici vengono tradotti dai Comuni malgrado contengano parti in contrasto con le leggi italiane e poi vengono ipocritamente coperti da omissis. Lo abbiamo denunciato ieri dopo l’inchiesta esclusiva di Fuori dal coro. Quando uno straniero chiede la trascrizione dell’atto di nascita o matrimonio spesso gli uffici di stato civile si trovano davanti documenti che contengono clausole a esclusivo vantaggio dell’uomo su temi come poligamia e divorzio. Un caso che interroga la politica. «In Italia si rispettano le norme dell’ordinamento italiano, non esiste scusante che possa giustificare il mancato rispetto del primato del diritto italiano», dice con nettezza alla Verità Sara Kelany, responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia. «Non so quali amministrazioni abbiano fatto queste trascrizioni, ma certamente è un fatto abnorme. E sarebbe gravissimo se alcuni Comuni avessero sbianchettato diciture che recano indicazioni con norme dell’ordinamento sharitico, come la poligamia, contrarie alle nostre norme imperative. Il tema è se ci sia la volontà di sovrapporre l’ordinamento sharitico al nostro. E noi dobbiamo resistere a questa deriva. Esponenti eminenti e rappresentativi dell’Unione delle comunità islamiche hanno detto in interviste pubbliche, “se diventeremo tanti ci saranno tribunali islamici”». Kelany è poi da sempre in prima fila in difesa del mondo femminile: «Ho denunciato in ogni dove», spiega, «che ci sono donne musulmane che non possono lavorare perché i mariti non consentono loro di integrarsi. Lo dimostra anche l’alto numero sia dell’abbandono scolastico delle bambine sia delle giovani che non studiano né cercano lavoro. Temi che creano un cortocircuito nella sinistra, sempre pronta a parlare di patriarcato quando si tratta di violenza o morte delle donne italiane, ma che non dice una parola sulle donne islamiche, costrette al velo, ai matrimoni forzati». La poligamia che entra di fatto negli atti ufficiali delle istituzioni italiane non lascia indifferente la maggioranza. «È la testimonianza che lo stato di diritto viene calpestato per agevolare un’integrazione islamica che le donne europee devono contrastare con tutte le loro forze. Quando si tratta di legge islamica mancano sempre all’appello le femministe del patriarcato. L’Europa nel nome di una velenosa tolleranza rinnega sé stessa», afferma Anna Cinzia Bonfrisco, europarlamentare della Lega, ricandidata nella circoscrizione Centro, che lo scorso anno è stata sanzionata dal regime iraniano degli ayatollah per aver contribuito a espellere l’Iran dalla Commissione delle Nazioni Unite proprio sullo status delle donne. Per la collega Gianna Gancia Calderoli, ricandidata nel collegio Nordovest, «chi vuole vivere nel nostro Paese deve rispettare le leggi italiane. È molto grave che talune amministrazioni accettino documenti che mettono le donne in posizioni inaccettabili in Italia e in Europa. L’integrazione degli immigrati non si fa con gli omissis, bisogna operare con severità per avere un’integrazione vera». Ma a ricordare a tutti che nel nostro Paese il rapporto con l’islam è tutt’altro che risolto ci ha pensato la cronaca. Una sala dell’università di Torino, occupata dai Pro Palestina, è stata trasformata in moschea. Ed è stata organizzata anche la preghiera del venerdì con tanto di inno alla jihad. È accaduto la scorsa settimana quando, per quasi un’ora, l’imam Brahim Baya ha potuto predicare indisturbato. «È stato recitato un sermone in italiano e in arabo, si sarebbe celebrata la guerra santa e, si sospetta, l’incubo del proselitismo, visto che si è inneggiato alla jihad anche in Italia», hanno denunciato alcuni professori al ministero dell’Università, chiedendo l’intervento del ministro Anna Maria Bernini. La preghiera filmata è poi finita su Youtube e sui social con il titolo «Cosa ci insegna la Palestina?». In particolare, nel suo intervento l’imam, tra i responsabili della moschea Taiba di Via Chivasso, tra i promotori di Torino per Gaza e che rifiuta l’accusa di incitamento all’odio, ha parlato della «Terra Benedetta», che «è sempre presa di mira dagli invasori, dagli arroganti, dai colonizzatori, lo è stata al tempo delle Crociate». Fino ai tempi più recenti, aggiunge «i nuovi sionisti sono arrivati per prendersi quella terra, per insediarsi in un colonialismo più becero, più criminale che possa esistere, che è il colonialismo di insediamento in cui pretendevano che quella terra fosse una terra senza popolo ma non hanno calcolato che c’è un popolo, ma non un popolo: il popolo palestinese». Un popolo, prosegue nel sermone l’imam, «che ha resistito di fronte a questa furia omicida, questa furia genocida, uscita dalle peggiori barbarie della storia che non tiene in considerazione nessuna umanità, nessun diritto umano». Fino a definire la sofferenza di quel popolo «una forma di jihad. Il jihad nel più alto senso di questo termine, come sforzo per difendere i propri diritti, come sforzo per difendere la vita umana, come sforzo per difendere la pace. La vera pace».Ieri mattina il ministro Bernini ha telefonato al rettore, Stefano Geuna, e lui le ha ribadito «fermamente il carattere di laicità dell’istituzione universitaria e che la sede era occupata dagli studenti, i quali impediscono da giorni l’accesso a docenti e personale universitario; quindi sotto la piena responsabilità degli occupanti» e si è unito al ministro nel «sentimento di piena condanna sull’accaduto».
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco