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2022-02-23
Un altro maxisbarco mentre la Lamorgese fa solo chiacchiere
Ansa
Due malandati pescherecci la scorsa notte si sono trovati in balia delle onde a 70 miglia dalla costa italiana, a largo di Capo Spartivento, non distante da Lampedusa. Gli scafisti trafficanti di esseri umani erano riusciti ad accalcarci sopra 573 passeggeri, compresi 59 minorenni, molti dei quali non accompagnati. Le onde erano già alte e la Guardia costiera aveva previsto anche un veloce peggioramento delle condizioni meteo nella notte. Il Centro di coordinamento del soccorso marittimo ha mandato sul posto tre motovedette della Guardia costiera già in mare a Siracusa, a Crotone e a Reggio Calabria. Ma per il trasbordo è stato necessario anche l’intervento della nave militare Diciotti. La stessa che nell’agosto 2018 rimase a largo di Lampedusa con 190 passeggeri a bordo su disposizione di Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno (la decisione, però, è emerso nel corso del processo a carico di Salvini per lo stop in mare della nave Gregoretti, fu condivisa dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e da altri esponenti del governo. Il Senato non concesse l’autorizzazione a procedere), per poi sbarcare a Catania.
Questa volta il maxi sbarco dovrà assorbirlo Augusta, porto scelto per l’attracco della nave militare. A bordo di uno dei pescherecci gli uomini della Guardia costiera hanno recuperato anche un cadavere. L’uomo, la cui nazionalità non è stata resa nota, secondo i suoi compagni di viaggio, era morto già da alcuni giorni. Per un altro passeggero, invece, si è presentata subito la necessità di cure mediche ed è stato portato d’urgenza nel porto di Roccella Jonica, in Calabria, da una delle motovedette.
Con il maxi sbarco della Diciotti sono 4.701 gli immigrati che hanno raggiunto l’Italia dall’inizio dell’anno: 3.035 a gennaio e 1.666 a febbraio. Dati che provano la totale disattenzione del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, che è riuscito a fare peggio anche rispetto al 2021, quando, al mese di febbraio, gli sbarcati avevano raggiunto quota 4.151. E con l’arrivo della bella stagione andranno di certo a moltiplicarsi. Nello stesso mese del 2020, quando erano ancora in vigore i Decreti sicurezza ma il governo era già giallorosso, gli sbarchi si erano fermati a 2.065.
Al primo posto tra le nazionalità degli immigrati sbarcati c’è il Bangladesh, che ha già riversato in Italia 1.194 persone. Seguito dall’Egitto con 888 e dalla Tunisia con 596. I minori non accompagnati, con lo sbarco di ieri, hanno già sfondato quota 500. L’intervento dell’altra notte si è reso necessario, ha spiegato la Guardia costiera, perché i pescherecci erano già in balia delle onde e si era «in presenza di condizioni meteo sfavorevoli», per le quali era anche «previsto un peggioramento sensibile nelle ore successive». Gli sbarcati verranno sottoposti alle verifiche anti Covid 19. Ma tra le autorità c’è non poca preoccupazione, visto che a Pozzallo qualche giorno fa è approdata la Ocean Viking con a bordo 338 migranti, 35 dei quali risultati positivi e fatti salire a bordo della nave quarantena Azzurra ferma in rada.
«Altri 573 clandestini in arrivo, in aggiunta agli oltre 4.000 da inizio anno. Io subisco un processo perché ho fermato gli sbarchi, l’attuale ministro non muove un dito. Perché?». Matteo Salvini torna così a scagliarsi contro Lamorgese sul suo profilo Twitter.
Nel frattempo Lamorgese continua a chiacchierare con i suoi omologhi di Francia, Spagna e Germania. Ieri li ha ricevuti al Viminale «per un incontro di lavoro a quattro», fanno sapere dal ministero, «sul nuovo Patto europeo per la migrazione e l’asilo». Quello di ieri è stato propagandato come «un altro proficuo confronto sul futuro delle politiche migratorie dell’Unione europea e sul metodo di lavoro da seguire, che prevede un approccio graduale e parallelo sia sugli aspetti legati alla responsabilità sia a quelli connessi alla solidarietà». Allo stato, però, l’Italia continua a sbracarsi sull’accoglienza senza che gli altri Paesi Ue facciano alcun cenno alla redistribuzione.
Ora, però, c’è una stretta per le Organizzazioni non governative. Che arriva dalla Corte di giustizia europea. L’avvocato generale ha valutato che anche le navi delle Organizzazioni non governative che svolgono, più o meno consapevolmente, servizio di taxi del mare, fiancheggiando di fatto gli scafisti, sono soggette ai controlli dello Stato di approdo. «Finalmente», ha commentato Andrea Delmastro, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Esteri, «si riafferma il diritto sovrano degli Stati al controllo delle zone marittime di pertinenza, alla difesa dei confini, della sicurezza e della legalità. Finalmente viene ripristinata la legalità e la sovranità degli Stati sui deliri immigrazionisti di certa sinistra». Poi, però, si è chiesto se «il Governo ne prenderà atto» e se «difenderà sovranità, legalità e confini nel mediterraneo» o se «fingerà di non sapere per tenere unita la sua dilaniata maggioranza a detrimento degli interessi dell’Italia».
E l’Italia paga per rottamare i relitti
Mentre a Lampedusa si inventano il museo delle migrazioni, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha fatto sapere che smaltirà finalmente i barconi affondati entre le 12 miglia marittime o spiaggiati sulle coste italiane.
Dall’isola di Lampedusa, come aveva svelato Panorama, verranno rimosse oltre 500 imbarcazioni, finora ammassate in veri e propri cimiteri navali che deturpavano il paesaggio di calette ritenute di interesse turistico. Per cinque unità dal peso che supera le cento tonnellate e per le stazze proibitive per le capacità delle infrastrutture locali, l’Agenzia è dovuta ricorrere all’impiego di un pontone di circa 2.000 metri quadri attrezzato con una gru di 200 tonnellate. I costi, ovviamente, saranno esorbitanti. Le imbarcazioni, inoltre, hanno perso detriti, olio e carburante, inquinando i fondali.
Ma sull’isola si sfregano le mani per un progetto che intende trasformare l’ex base militare Loran, situata nella zona di Capo Ponente, «in un Centro studi in grado di coinvolgere istituzioni e associazioni internazionali, le reti del volontariato, gli istituti di ricerca sulla geopolitica, il mondo dell’arte e della cultura internazionale, e destinato anche a ospitare grandi eventi». Gli slogan sono già pronti: «Trasformare un simbolo di guerra come un’ex base militare, in un simbolo di pace, è un’iniziativa di grande valore che esprime coraggio e fiducia in un mondo migliore», ha commentato il sindaco Totò Martello, tra i grandi promotori dell’iniziativa. Il Comune, riporta la stampa locale, sembra aver già affidato il progetto all’architetto Stefano Boeri. Che si è affacciato a Lampedusa, accompagnato dal suo team e da altri consulenti (Emanuel Ingrao di Shifton e Silvia Basta della Fondazione Maimeri). I sopralluoghi sono già cominciati, sia nella ex base Loran che negli altri luoghi da destinare al progetto. «Quando a Lampedusa parliamo di migrazione», ha detto Boeri, «parliamo di vite in movimento, di storie, dì identità che nei secoli si sono incontrate lasciando su quest’isola, al centro del Mediterraneo, tracce culturali e sociali profonde. L’idea di un museo delle migrazioni non può che partire dalla raccolta dì queste storie, spesso disperate e difficili che bisogna saper intercettare e porre al centro del più grande archivio di vite del mondo contemporaneo».
E anche lui si è già inventato uno slogan: «Se è vero che le identità si costruiscono nel rapporto con l’altro, Lampedusa, l’isola delle storie, può diventare l’epicentro planetario dì una riflessione sui destini dell’umanità».
L’isola delle storie deve aver conquistato le istituzioni, visto che è già stata sottoscritta una lettera di intenti con la Regione Siciliana. «È un progetto di grandissima valenza, non solo simbolica ma soprattutto strategica, che il governo regionale ha accolto sin da subito con entusiasmo», ha commentato il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, secondo il quale «l’istituzione di un Centro studi che diventi punto di riferimento internazionale e luogo d’incontro per gli studiosi del fenomeno migratorio offrirà l’opportunità di esaltare la vocazione all’accoglienza di Lampedusa e, per di più, consentirà di trasformare in patrimonio collettivo e condiviso l’esperienza di cui l’arcipelago è culla».
L’isola delle storie, insomma, sembra puntare esclusivamente sull’accoglienza. Visto che oltre al Centro studi internazionale prevede la nascita di un auditorium, di un museo dotato di un archivio digitale che potrà ospitare non solo opere ma anche atti performativi e narrazioni, ovviamente sul tema dei grandi flussi migratori, di un sistema di laboratori e di luoghi di studio e residenza per studiosi, ricercatori, artisti e testimoni del fenomeno delle migrazioni da ricavare nei fortini militari dismessi che perimetrano l’isola.
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Riduci
Dalla Diciotti scendono 573 migranti. Sono già 4.702 gli arrivi in neanche due mesi, tra cui oltre 500 minori non accompagnati.E l’Italia paga per rottamare i relitti. Stefano Boeri pensa a un museo delle migrazioni a Lampedusa, da dove l’Agenzia delle dogane sta rimuovendo, con costi esorbitanti, oltre 500 imbarcazioni impiegate dai clandestini.Lo speciale comprende due articoli. Due malandati pescherecci la scorsa notte si sono trovati in balia delle onde a 70 miglia dalla costa italiana, a largo di Capo Spartivento, non distante da Lampedusa. Gli scafisti trafficanti di esseri umani erano riusciti ad accalcarci sopra 573 passeggeri, compresi 59 minorenni, molti dei quali non accompagnati. Le onde erano già alte e la Guardia costiera aveva previsto anche un veloce peggioramento delle condizioni meteo nella notte. Il Centro di coordinamento del soccorso marittimo ha mandato sul posto tre motovedette della Guardia costiera già in mare a Siracusa, a Crotone e a Reggio Calabria. Ma per il trasbordo è stato necessario anche l’intervento della nave militare Diciotti. La stessa che nell’agosto 2018 rimase a largo di Lampedusa con 190 passeggeri a bordo su disposizione di Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno (la decisione, però, è emerso nel corso del processo a carico di Salvini per lo stop in mare della nave Gregoretti, fu condivisa dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e da altri esponenti del governo. Il Senato non concesse l’autorizzazione a procedere), per poi sbarcare a Catania. Questa volta il maxi sbarco dovrà assorbirlo Augusta, porto scelto per l’attracco della nave militare. A bordo di uno dei pescherecci gli uomini della Guardia costiera hanno recuperato anche un cadavere. L’uomo, la cui nazionalità non è stata resa nota, secondo i suoi compagni di viaggio, era morto già da alcuni giorni. Per un altro passeggero, invece, si è presentata subito la necessità di cure mediche ed è stato portato d’urgenza nel porto di Roccella Jonica, in Calabria, da una delle motovedette. Con il maxi sbarco della Diciotti sono 4.701 gli immigrati che hanno raggiunto l’Italia dall’inizio dell’anno: 3.035 a gennaio e 1.666 a febbraio. Dati che provano la totale disattenzione del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, che è riuscito a fare peggio anche rispetto al 2021, quando, al mese di febbraio, gli sbarcati avevano raggiunto quota 4.151. E con l’arrivo della bella stagione andranno di certo a moltiplicarsi. Nello stesso mese del 2020, quando erano ancora in vigore i Decreti sicurezza ma il governo era già giallorosso, gli sbarchi si erano fermati a 2.065. Al primo posto tra le nazionalità degli immigrati sbarcati c’è il Bangladesh, che ha già riversato in Italia 1.194 persone. Seguito dall’Egitto con 888 e dalla Tunisia con 596. I minori non accompagnati, con lo sbarco di ieri, hanno già sfondato quota 500. L’intervento dell’altra notte si è reso necessario, ha spiegato la Guardia costiera, perché i pescherecci erano già in balia delle onde e si era «in presenza di condizioni meteo sfavorevoli», per le quali era anche «previsto un peggioramento sensibile nelle ore successive». Gli sbarcati verranno sottoposti alle verifiche anti Covid 19. Ma tra le autorità c’è non poca preoccupazione, visto che a Pozzallo qualche giorno fa è approdata la Ocean Viking con a bordo 338 migranti, 35 dei quali risultati positivi e fatti salire a bordo della nave quarantena Azzurra ferma in rada. «Altri 573 clandestini in arrivo, in aggiunta agli oltre 4.000 da inizio anno. Io subisco un processo perché ho fermato gli sbarchi, l’attuale ministro non muove un dito. Perché?». Matteo Salvini torna così a scagliarsi contro Lamorgese sul suo profilo Twitter. Nel frattempo Lamorgese continua a chiacchierare con i suoi omologhi di Francia, Spagna e Germania. Ieri li ha ricevuti al Viminale «per un incontro di lavoro a quattro», fanno sapere dal ministero, «sul nuovo Patto europeo per la migrazione e l’asilo». Quello di ieri è stato propagandato come «un altro proficuo confronto sul futuro delle politiche migratorie dell’Unione europea e sul metodo di lavoro da seguire, che prevede un approccio graduale e parallelo sia sugli aspetti legati alla responsabilità sia a quelli connessi alla solidarietà». Allo stato, però, l’Italia continua a sbracarsi sull’accoglienza senza che gli altri Paesi Ue facciano alcun cenno alla redistribuzione.Ora, però, c’è una stretta per le Organizzazioni non governative. Che arriva dalla Corte di giustizia europea. L’avvocato generale ha valutato che anche le navi delle Organizzazioni non governative che svolgono, più o meno consapevolmente, servizio di taxi del mare, fiancheggiando di fatto gli scafisti, sono soggette ai controlli dello Stato di approdo. «Finalmente», ha commentato Andrea Delmastro, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Esteri, «si riafferma il diritto sovrano degli Stati al controllo delle zone marittime di pertinenza, alla difesa dei confini, della sicurezza e della legalità. Finalmente viene ripristinata la legalità e la sovranità degli Stati sui deliri immigrazionisti di certa sinistra». Poi, però, si è chiesto se «il Governo ne prenderà atto» e se «difenderà sovranità, legalità e confini nel mediterraneo» o se «fingerà di non sapere per tenere unita la sua dilaniata maggioranza a detrimento degli interessi dell’Italia». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/un-altro-maxisbarco-mentre-la-lamorgese-fa-solo-chiacchiere-2656770732.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-litalia-paga-per-rottamare-i-relitti" data-post-id="2656770732" data-published-at="1645562130" data-use-pagination="False"> E l’Italia paga per rottamare i relitti Mentre a Lampedusa si inventano il museo delle migrazioni, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha fatto sapere che smaltirà finalmente i barconi affondati entre le 12 miglia marittime o spiaggiati sulle coste italiane. Dall’isola di Lampedusa, come aveva svelato Panorama, verranno rimosse oltre 500 imbarcazioni, finora ammassate in veri e propri cimiteri navali che deturpavano il paesaggio di calette ritenute di interesse turistico. Per cinque unità dal peso che supera le cento tonnellate e per le stazze proibitive per le capacità delle infrastrutture locali, l’Agenzia è dovuta ricorrere all’impiego di un pontone di circa 2.000 metri quadri attrezzato con una gru di 200 tonnellate. I costi, ovviamente, saranno esorbitanti. Le imbarcazioni, inoltre, hanno perso detriti, olio e carburante, inquinando i fondali. Ma sull’isola si sfregano le mani per un progetto che intende trasformare l’ex base militare Loran, situata nella zona di Capo Ponente, «in un Centro studi in grado di coinvolgere istituzioni e associazioni internazionali, le reti del volontariato, gli istituti di ricerca sulla geopolitica, il mondo dell’arte e della cultura internazionale, e destinato anche a ospitare grandi eventi». Gli slogan sono già pronti: «Trasformare un simbolo di guerra come un’ex base militare, in un simbolo di pace, è un’iniziativa di grande valore che esprime coraggio e fiducia in un mondo migliore», ha commentato il sindaco Totò Martello, tra i grandi promotori dell’iniziativa. Il Comune, riporta la stampa locale, sembra aver già affidato il progetto all’architetto Stefano Boeri. Che si è affacciato a Lampedusa, accompagnato dal suo team e da altri consulenti (Emanuel Ingrao di Shifton e Silvia Basta della Fondazione Maimeri). I sopralluoghi sono già cominciati, sia nella ex base Loran che negli altri luoghi da destinare al progetto. «Quando a Lampedusa parliamo di migrazione», ha detto Boeri, «parliamo di vite in movimento, di storie, dì identità che nei secoli si sono incontrate lasciando su quest’isola, al centro del Mediterraneo, tracce culturali e sociali profonde. L’idea di un museo delle migrazioni non può che partire dalla raccolta dì queste storie, spesso disperate e difficili che bisogna saper intercettare e porre al centro del più grande archivio di vite del mondo contemporaneo». E anche lui si è già inventato uno slogan: «Se è vero che le identità si costruiscono nel rapporto con l’altro, Lampedusa, l’isola delle storie, può diventare l’epicentro planetario dì una riflessione sui destini dell’umanità». L’isola delle storie deve aver conquistato le istituzioni, visto che è già stata sottoscritta una lettera di intenti con la Regione Siciliana. «È un progetto di grandissima valenza, non solo simbolica ma soprattutto strategica, che il governo regionale ha accolto sin da subito con entusiasmo», ha commentato il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, secondo il quale «l’istituzione di un Centro studi che diventi punto di riferimento internazionale e luogo d’incontro per gli studiosi del fenomeno migratorio offrirà l’opportunità di esaltare la vocazione all’accoglienza di Lampedusa e, per di più, consentirà di trasformare in patrimonio collettivo e condiviso l’esperienza di cui l’arcipelago è culla». L’isola delle storie, insomma, sembra puntare esclusivamente sull’accoglienza. Visto che oltre al Centro studi internazionale prevede la nascita di un auditorium, di un museo dotato di un archivio digitale che potrà ospitare non solo opere ma anche atti performativi e narrazioni, ovviamente sul tema dei grandi flussi migratori, di un sistema di laboratori e di luoghi di studio e residenza per studiosi, ricercatori, artisti e testimoni del fenomeno delle migrazioni da ricavare nei fortini militari dismessi che perimetrano l’isola.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
La Bce, pur riconoscendo «alcune novità (nel testo riformulato) che vanno incontro alle osservazioni precedenti», in particolare «il rispetto degli articoli del trattato sulla gestione delle riserve auree dei Paesi», continua ad avere «dubbi sulla finalità della norma». Con la lettera, Giorgetti rassicura che l’emendamento non mira a spianare la strada al trasferimento dell’oro o di altre riserve in valuta fuori del bilancio di Bankitalia e non contiene nessun escamotage per aggirare il divieto per le banche centrali di finanziare il settore pubblico.
Il ministro potrebbe inoltre fornire un ulteriore chiarimento direttamente alla presidente Lagarde, oggi, quando i due si incontreranno per i lavori dell’Eurogruppo. Se la Bce si riterrà soddisfatta delle precisazioni, il ministero dell’Economia darà indicazioni per riformulare l’emendamento.
Una nota informativa di Fdi, smonta i pregiudizi ideologici e le perplessità che sono dietro alla nota della Bce. «L’emendamento proposto da Fratelli d’Italia è volto a specificare un concetto che dovrebbe essere condiviso da tutti: ovvero che le riserve auree sono di proprietà dei popoli che le hanno accumulate negli anni, e quindi», si legge, «si tratta di una previsione che tutti danno per scontata. Eppure non è mai stata codificata nell’ordinamento italiano, a differenza di quanto è avvenuto in altri Stati, anche membri dell’Ue. Affermare che la proprietà delle riserve auree appartenga al popolo non confligge, infatti, in alcun modo con i trattati e i regolamenti europei». Quindi ribadire un principio scontato, e cioè che le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano, non mette in discussione l’indipendenza della Banca d’Italia, né viola i trattati europei. «Già nel 2019 la Bce, allora guidata da Mario Draghi, aveva chiarito che la questione della proprietà legale e delle competenze del Sistema europeo delle banche centrali (Sebc), con riferimento alle riserve auree degli Stati membri, è definita in ultima istanza dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue)». La nota ricorda che «il parere della Bce del 2019, analogamente a quello redatto lo scorso 2 dicembre, evidenziava che il Trattato non determina le competenze del Sebc e della Bce rispetto alle riserve ufficiali, usando il concetto di proprietà. Piuttosto, il Trattato interviene solo sulla dimensione della detenzione e gestione esclusiva delle riserve. Pertanto, dire che la proprietà delle riserve auree sia del popolo italiano non lede in alcun modo la prerogativa della Banca d’Italia di detenere e gestire le riserve».
Altro punto: Fdi spiega che «nel Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Ue) si parla di “riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri”, quindi si prevede implicitamente che la proprietà delle riserve sia in capo agli Stati. L’emendamento di Fdi vuole esplicitare nell’ordinamento italiano questa previsione». C’è chi sostiene che affermare che la proprietà delle riserve auree di Bankitalia è del popolo italiano non serva a nulla. Ma Fdi dice che «l’Italia non può correre il rischio che soggetti privati rivendichino diritti sulle riserve auree degli italiani. Per questo c’è bisogno di una norma che faccia chiarezza sulla proprietà».
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Con Giuseppe Trizzino fondatore e Amministratore Unico di Praesidium International, società italiana di riferimento nella sicurezza marittima e nella gestione dei rischi in aree ad alta criticità e Stefano Rákos Manager del dipartimento di intelligence di Praesidium International e del progetto M.A.R.E.™.
Christine Lagarde (Ansa)
Come accade, ad esempio, in quel carrozzone chiamato Unione europea dove tutti, a partire dalla lìder maxima, Ursula von der Leyen, non dimenticano mai di inserire nella lista delle priorità l’aumento del proprio stipendio. Ne ha parlato la Bild, il giornale più letto e venduto d’Europa, raccontando come la presidente della Commissione europea abbia aumentato il suo stipendio, e quello degli euroburocrati, due volte l’anno. E chiunque non sia allergico alla meritocrazia così come alle regole non scritte dell’accountability (l’onere morale di rispondere del proprio operato) non potrà non scandalizzarsi pensando che donna Ursula, dopo aver trasformato l’Ue in un nano economico, ammazzando l’industria europea con il folle progetto del Green deal, percepisca per questo capolavoro gestionale ben 35.800 euro al mese, contro i 6.700 netti che, ad esempio, guadagna il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni.
Allo stesso modo funzionano le altre istituzioni dell’Unione europea. L’Ue impiega circa 60.000 persone all’interno delle sue varie istituzioni e organi, distribuiti tra Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo (la Commissione europea, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, la Corte di giustizia dell’Unione europea e il Comitato economico e sociale). La funzione pubblica europea ha tre categorie di agenti: gli amministratori, gli assistenti e gli assistenti segretari. L’Ue contrattualizza inoltre molti agenti contrattuali. Secondo i dati della Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 2019, questi funzionari comunitari guadagnano tra 4.883 euro e 18.994 euro mensili (gradi da 5 a 16 del livello 1).
Il «vizietto» di alzarsi lo stipendio ha fatto scuola anche presso la Banca centrale europea (Bce), che ha sede a Francoforte, in Germania, ed è presieduta dalla francese, Christine Lagarde. Secondo quanto riassunto nel bilancio della Bce, lo stipendio base annuale della presidente è aumentato del 4,7 per cento, arrivando a 466.092 euro rispetto ai 444.984 euro percepiti nel 2023 (cui si aggiungono specifiche indennità e detrazioni fiscali comunitarie, diverse da quelle nazionali), ergo 38.841 euro al mese. Il vicepresidente Luis de Guindos, spagnolo, percepisce circa 400.000 euro (valore stimato in base ai rapporti precedenti, di solito corrispondente all’85-90% dello stipendio della presidente). Gli altri membri del comitato esecutivo guadagnano invece circa 330.000-340.000 euro ciascuno. Ai membri spettano anche le indennità di residenza (15% dello stipendio base), di rappresentanza e per figli a carico, che aumentano il netto effettivo. Il costo totale annuale del personale della Bce è di 844 milioni di euro, valore che include stipendi, indennità, contributi previdenziali e costi per le pensioni di tutti i dipendenti della banca. Il dato incredibile è che questa voce è aumentata di quasi 200 milioni in due anni: nel 2023, infatti, il costo totale annuale del personale era di 676 milioni di euro. Secondo una nota ufficiale della Bce, l’incremento del 2024 è dovuto principalmente a modifiche nelle regole dei piani pensionistici e ai benefici post impiego, oltre ai normali adeguamenti salariali legati all’inflazione, cresciuta del 2,4 per cento a dicembre dello scorso anno. La morale è chiara ed è la stessa riassunta ieri dal direttore, Maurizio Belpietro: per la Bce l’inflazione va combattuta in tutti i modi, ma se si tratta dello stipendio dei funzionari Ue, il discorso non vale.
Stessa solfa alla Corte di Giustizia che ha sede a Lussemburgo: gli stipendi variano notevolmente a seconda della posizione (avvocato, cancelliere, giudice, personale amministrativo), ma sono generalmente elevati, con giuristi principianti che possono guadagnare da 2.000 a 5.000 euro al mese e stipendi più alti per i magistrati, anche se cifre precise per i giudici non sono facilmente disponibili pubblicamente. Gli stipendi si basano sulle griglie della funzione pubblica europea e aumentano con l’anzianità, passando da 2.600 euro per il personale esecutivo a oltre 18.000 euro per alcuni alti funzionari.
Il problema, va precisato, non risiede nel fatto che le persone competenti siano pagate bene, com’è giusto che sia, ma che svolgano bene il proprio lavoro e soprattutto che ci sia trasparenza sui salari. Dei risultati delle politiche di Von der Leyen e Lagarde i giudici non sono esattamente entusiastici, ma il conto lo pagano, come al solito, i cittadini europei.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast dell'11 dicembre con Carlo Cambi