2024-04-29
Umberto Smaila: «Rifare oggi “Colpo grosso”? Temo che mi auto-censurerei»
Il conduttore: «All’epoca era vietato vietare, eravamo più spensierati. Non ha vinto il femminismo, ma il conformismo. Sono felice di aver ricordato le foibe alla Camera»Umberto Smaila, cantante, attore, cabarettista, conduttore, imprenditore… La ha una sua classifica personale di cosa mettere dopo il suo nome e la virgola?«Beh, di tutte queste la meno concreta è forse imprenditore, nel senso che è vero che feci un accordo con altri imprenditori - veri - per aprire locali con il mio nome che facevano musica dal vivo, da Poltu Quatu a Sharm El Sheikh…».E poi?«Poi è arrivato il Covid, e le restrizioni hanno fatto il disastro che sappiamo, soprattutto nel settore musicale, mentre altri hanno potuto continuare a lavorare».Dovesse invece sceglierne la preferita, di definizione?«Direi che sono un artista polivalente. Da sempre un saltimbanco, per dirla in breve».Molteplice?«Un po’ anche alla maniera di Frank Sinatra o Bing Crosby, sì, li ho sempre trovati fonte di ispirazione così come quegli attori che amano la musica: Johnny Depp, Jeff Bridges, Russell Crowe…». Ecco: la musica. È stata il suo primo centro di gravità, giusto?«I miei mi mandarono a studiare pianoforte e recitazione, e a 8 anni già mi esibivo».E poi con gli amici del ginnasio, a Verona, fondaste «I Gatti di Vicolo Miracoli». Musica e cabaret.«La musica è ancora il mio lavoro e a un certo punto si è legata a un altro amore, quello del cinema. Di colonne sonore ne avrò scritte una quarantina. Per Marco Risi, Enrico Vanzina, Pier Luigi di Lallo…».Lo fa anche oggi?«Ne sto scrivendo un’altra, sì. Diciamo pure che questa carriera da autore di colonne sonore mi ha salvato le corna in tempi difficili. Pure se i diritti ora che arrivano…».Uno di successo come lei che tira la cinghia?«È capitato, sì, di fare economia in famiglia, anche se un po’ di fieno in cascina lo avevo messo».Tre figli.«Rudy, di 42 anni, sembra voler seguire un po’ le orme del mio mestiere. E ci sono i due figli che ho avuto con mia moglie Fanny (Minati, ndr), Roy che ha 25 anni e Greta che ne ha 22, e si vedrà che strada vorranno intraprendere».Umberto Smaila è poi stato - soprattutto? - Colpo Grosso. «Un successo incredibile, che poi ha vissuto uno snobismo retroattivo. Concita De Gregorio scrisse qualche anno fa che io e Antonio Ricci con Drive In fummo l’origine di molta della superficialità odierna».Si arrabbiò?«Ricci sì e rispose per le rime, io lasciai perdere perché conservo gelosamente alcuni articoli dell’epoca. Uno di Beniamino Placido su Repubblica, ad esempio, e uno di Francesco Alberoni che pur se su un settimanale femminile difendeva la mia trasmissione».Le ragazze Cin Cin sarebbero oggi proponibili?«Ma neanche per idea, figuriamoci. Probabilmente ci saremmo auto-arrestati all’auto-censura. Perché guardi che il problema non è certo il femminismo, ma il conformismo. Allora eravamo più spensierati, e senza tanti presunti problemi».Presunti?«Le assicuro che neanche le suffragette sarebbero arrivate a omologarsi in questo modo. Quando avevo 20 anni era vietato vietare. Ora è vietato tutto. Anzi, soprattutto è vietata una cosa».Cioè?«È vietato parlare, e di conseguenza è vietato pensare. Qualsiasi cosa io le dica verrà interpretata in modo sbilenco, ritagliata e messa all’indice. Se non stai attento, è un attimo che vieni considerato uno sbandato».Le pesa?«Mi spiace più che altro che con questo andazzo pure i comici rischiano di non far più ridere. Perché non possono dire nulla. La stessa intellighenzia di sinistra la pensava diversamente, allora. Ricordo Dario Fo che prendeva in giro Fanfani chiamandolo “Fanfanolo”. Oggi si sarebbe beccato una querela. Oscurantismo culturale, altroché, ecco quel che stiamo vivendo. Sempre che io possa permettermi di dirlo».Che cosa le manca?«Sono della generazione che ha adorato Oscar Wilde, Hemingway, Truman Capote, gente che si beveva otto Bloody Mary e poi produceva opere meravigliose».Ci si godeva di più la vita?«Sobbalzai quando Umberto Eco scrisse che mentre Berlusconi faceva i suoi party lui andava a letto presto dopo aver letto la Critica della ragion pura di Kant. Gli risposi con un editoriale su Playboy, allora, citandogli Leonard Bernstein che dopo due pacchi di Marlboro e aver ballato in discoteca, gay conclamato, era diventato uno dei più grandi musicisti del Novecento».Qualcuno ci riesce oggi?«Per me - e dovrebbero averlo letto in tanti, per capire cosa sta succedendo oggi nel mondo - è stato fondamentale leggere Houellebecq. Sottomissione, soprattutto».Com’è che stiamo sfiorando l’intervista all’intellettuale?«Me lo sto chiedendo anche io, stiamo volando troppo alti, e poi intellettuale no, eh, non scherziamo. Mi nutro di letture, ascolto le sinfonie di Gustav Mahler, e sono disposto a confrontarmi con chiunque, ma intellettuale è una parola che rifuggo, mi raccomando. Tra i miei più cari amici c’è Stefano Bonaga, che è un comunista fatto e finito, eppure tra noi c’è un dialogo meraviglioso perché lui ti sa parlare di LeBron James come del clavicembalo ben temperato. Non è uno scienziato della filosofia, e io voglio arricchirmi nel parlare con gente come lui».Non intellettuale, quindi, ma ancora godereccio, Smaila?«Ah non glielo nascondo. Stasera mangerò dei tortellini in brodo. E conservo il vizio del sigaro, o meglio del Toscanello, riservandomi un Havana solo dopo le cene importanti, magari accompagnato da un Calvados come il commissario Maigret. Sempre con moderazione, eh, che poi tanto non ce n’è uno che mi abbia mai visto ubriaco in vita mia. Più che altro, sa cosa non vorrei mai perdere, nella vita?».Cosa?«La curiosità. La voglia di conoscere, divertendomi, anche con un po’ di presunzione».Nacque a metà del Novecento da esuli fiumani. Nei giorni di Sanremo qualche polemichetta l’ha riguardata, si temeva salisse sul palcoscenico a parlare di Foibe…«Sa che i miei facevano lo stesso lavoro dei genitori di Mussolini? Papà - Guerrino - era fabbro, mamma Giuseppina detta Mery era insegnante. È stata lei a scrivere della storia della mia famiglia in un libro (Fiume, la casa oltre il confine, edizioni Historica, ndr) e di recente sono stato ospite a Montecitorio a ricordare le Foibe».Roba di destra.«Solo di recente si è riconosciuta giusta memoria al massacro. Ebbe fin dall’inizio connotazione politica: quando gli esuli dalmati arrivarono alla stazione di Bologna e chiesero acqua dopo aver viaggiato su treni da bestiame, urlarono loro che erano fascisti e che se ne dovevano andare. Peccato volessero solo essere italiani».Quella sui genitori del Duce me l’ha detta per curiosità o per altro?«Pura curiosità, si figuri, mica sono una camicia nera, io. Forse più un anarchico individualista, un cane sciolto. Che a volte mi domando se non sia la posizione più comoda per non prendere posizione».Libero?«Senza recinti, sì. Sono fiero dei miei cambiamenti e di non essere ideologico a senso unico. Le dicevo di Bonaga, ma ho tanti amici che potremmo definire vetero-comunisti ma nel senso che ormai sono vecchi come me. Mi ci scontro quando li vedo abbracciare la fede politica come fossero preti, che credono tutta la vita nella stessa cosa. Lo scriveva pure Bertrand Russell in Perché non sono cristiano». Rieccoci a volare alto…«Mi scusi, ha ragione, torniamo al comico, che poi è più socialmente impegnato e forse anche più utile».Ormai mi ha citato la politica. Di Salvini ha detto che ha fatto la sua fortuna nel riportare quel che la gente sente al bar. Conferma?«E lo dice uno come me, che non sono nemmeno uno da bar ma proprio da osteria, come quella veronese in cui papà si fermava a bere il quartino di vino prima di tornare a casa. Salvini è stato il primo a parlare di bollette del gas, pane al pane e vino al vino, non da ideologo».E la Meloni? Le piace?«Più che altro trovo ingiuste le tante critiche. Mi stupisce che i portatori del concetto di patriarcato non le rendano onore al merito, e neppure chi conosce numeri e bilanci. Per il resto che posso dirle: non l’ho mai incontrata ma mi sembra simpatica. Ho allenato lo sguardo confrontandomi con il pubblico pagante in sala, a teatro: penso di saper capire molto dalle facce delle persone».Al centrodestra quanto manca Berlusconi? E a lei?«Non lo frequentavo così spesso, ma abbiamo cantato insieme in alcune feste, e poi era il presidente del mio Milan, e ha persino risollevato il cinema e la tv nostrana, dando da mangiare a tanta gente. Lui era un anticonformista vero, pur con il suo tono di voce da frate minore e con il suo andare in chiesa. Uno che sapeva godersi davvero la vita».
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.