2024-11-01
Ultrà verdi: il clima cambia, basta con la democrazia
Per Mario Tozzi & C. la sovranità popolare blocca la transizione verde. Che va imposta, criminalizzando il dissenso per il bene di tutti.Dai tempi di Ponzio Pilato verità e democrazia hanno qualche attrito; poi, a un certo punto, siamo arrivati a Mario Tozzi, in ossequio al vecchio adagio sulla tragedia destinata a riproporsi in farsa. L’allegro e fotogenico geologo del Cnr ieri ha occupato una pagina della Stampa balzando con apprezzabile tempismo sui morti di Valencia usandoli a conferma delle sue tesi: un «fate presto» globale in cui «non c’è spazio per le vecchie soluzioni di adattamento», «bisogna agire sulle cause, azzerare le emissioni clima alteranti, oggi». La cosa interessante non sono tanto le soluzioni proposte (sulle quali ciascuno conserverà pareri o idee che crede), quanto il metodo: l’ipotesi che a un certo punto occorra pur sempre passare attraverso la fatica di un consenso è un problema che letteralmente sparisce dal campo visivo di Tozzi. Non serve più baloccarsi col cretinismo parlamentare, serve solo abolire il dibattito, dal momento che - dice il volto tv cui hanno intitolato un asteroide per slancio d’ottimismo - «sulle cause dell’attuale crisi climatica la discussione tra gli scienziati è chiusa da tempo con l’attribuzione delle responsabilità all’uomo, e si riaprirà solo con nuovi dati».Nel suo mondo senza tentennamenti, e con la pacata fermezza di chi non debba addurre prove o ragionamenti, Tozzi avanza piallando le fole del pluralismo: qua si muore, signora mia, i «negazionisti» (di cosa non è dato sapere) «prendono tempo per accumulare profitti», sono «ignoranti o in malafede, ma comunque correi», perché «a loro vanno assommate (forse intendeva addebitate?, ndr) le enormi perdite di tempo, i tentennamenti, le incertezze, così come i danni e le vittime». Del resto, ieri Annalisa Corrado, europarlamentare e responsabile Conversione ecologica del Pd, ha detto che «Chi nega la crisi climatica mette a rischio la vita delle persone». Dunque è a suo modo razionale la conclusione di Tozzi rivolta ai «correi»: «Almeno avessero, ora, il pudore di tacere». Con ottima sintesi il quotidiano riassume così nella titolazione: «C’è una sola via: tagliare le emissioni e zittire gli scettici».L’argomento che Tozzi salta a piè pari in realtà avrebbe una certa profondità, tanto da avere - soprattutto quando sta per iniziare una delle tante Cop sul clima - ampia eco su riviste giornalistiche e specializzate. In sintesi: la democrazia rischia di essere un ostacolo a un’azione efficace di contrasto ai cambiamenti climatici, dal momento in cui tale azione richiede modifiche ai comportamenti, ai consumi o alle abitudini che molto difficilmente raggiungeranno il consenso necessario per via democratica.Del resto James Lovelock (1919-2022), «padre» della teoria di Gaia, intesa come il superorganismo Terra, spiegava chiaramente che, come si fa con le guerre, anche per sistemare il clima occorreva «mettere da parte la democrazia per un po’». Nel suo eloquente Contro la democrazia, James Brennan ha scritto che «la maggior parte dei miei lettori e amici filosofi ritiene che lo Stato non soltanto possa ma debba regolare le emissioni di anidride carbonica. La loro tesi fondamentale è che l’inquinamento presenta un problema di azione collettiva: da un punto di vista individuale, se uno qualsiasi di noi inquina a piacimento, non avrà comunque alcun impatto reale; ma se tutti inquiniamo a nostro piacimento, i risultati saranno catastrofici. Il problema è che come individui non abbiamo ragione di cambiare i nostri modi di fare». Una suggestione che il Guardian ha accarezzato per esempio nel 2021 («Is democracy up to the task of climate change?», ovvero «La democrazia è all’altezza sul tema del cambiamento climatico?»). Foreign Policy, prestigiosa rivista americana, ha fatto un passo più, spiegando con Cameron Abadi che la democrazia e le azioni di mitigazione sul clima sono «incompatibili»: «La democrazia si basa sul compromesso, ma il cambiamento climatico è esattamente il tipo di problema che non sembra permettere compromessi». Ancora più di recente, pure la Boston Review è tornata sul tema con rintocchi in assonanza con questa tesi («Socialism is insufficient for addressing the climate emergency»). Ragionamenti simili tendono quasi sempre a giustificare le dimostrazioni di gruppi come Fridays for future o simili come tentativi «razionali» di chiudere lo iato tra scienza e politica, tra presunta necessità e democrazia. Però almeno affrontano il problema che Tozzi salta di netto, andando ad applicare i primi metodi cui conduce la rinuncia alla democrazia: criminalizzare il dissenso e lavorare fattivamente per ridurlo, marginalizzandolo o patologizzandolo con un sorriso «per il bene di tutti».Ora, lui fa ridere, la dinamica sottesa un po’ meno. E di certo la tentazione di sopperire ai limiti della democrazia attribuendosi il potere di sospenderla perché «altrimenti moriamo tutti» è molto attuale. Tanto da far sorgere il sospetto che l’obiettivo dei discorsi à la Tozzi e dei suoi precursori seri non sia tanto il clima, quanto usare l’ambiente come ennesimo pretesto (dopo l’economia, dopo la salute) per decidere quando «superare» la democrazia. È una via di fuga comprensibile: quando Luca Mercalli, altro prezzemolino in corsa per salvare il mondo, quattro mesi fa si è sottoposto al vaglio dei cittadini di Usseaux (Torino) in una lista per le elezioni del sindaco, ha raggranellato zero preferenze.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.