2023-06-15
Gli ultrà dell’insulto non si fermano davanti al feretro
L’antiberlusconismo è vivissimo, critiche al lutto e bordate d’odio. Ma il peggiore è Gad Lerner: prima offende, poi presenzia alle esequie.Caro Berlusconi, ti odiamo anche da morto. Il fatto che l’ex premier sia stato un personaggio pubblico deve aver fatto scattare nella testa di una serie di ex avversari politici l’idea che quindi non gli si debba concedere neppure quell’elementare pietà che da secoli gli esseri umani riservano a chi lascia questa terra. E invece da sinistra, in particolar modo da quelli che si professano cattolici, non sono mancati attacchi di ogni tipo. Neppure preceduti da quella formula un po’ ipocrita del «parlandone da vivo e non da morto…». Niente. Veleni in libertà, che sarebbero quasi un fatto di personale meschinità se non aiutassero a capire perché Silvio Berlusconi ha preso milioni di voti: combattuto più per essere Silvio Berlusconi che non per le sue idee e i suoi programmi politici. In questa piccola galleria della totale mancanza di eleganza spicca Gad Lerner. Il giornalista caro a Carlo De Benedetti prima svelena su Twitter e poi si presenta regolarmente in duomo al funerale. Un attacco di presenzialismo acuto o un piccolo pentimento? Sui social aveva scritto, poche ore prima: «La coincidenza della morte di Flavia Franzoni Prodi con quella di Berlusconi suona beffarda, ma se non altro ci ricorda che esiste un’Italia migliore». Ma che bella idea, la gara di moralità tra feretri. E Lerner poi c’è pure rimasto male che sul sagrato Matteo Salvini non l’abbia degnato di uno sguardo. Il lutto nazionale è stato contestato duramente da una serie di esponenti della sinistra. Brando Benifei, capogruppo del Pd al Parlamento europeo, ha definito «inopportuna» la scelta del governo Meloni, al pari di Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana. Quello che ha fatto più chiasso è stato sicuramente Tomaso Montanari, che da rettore dell’ateneo per stranieri di Siena non ha messo le bandiere a mezz’asta. Gelido l’ex presidente del Senato, il magistrato Piero Grasso, che intervistato dall’AdnKronos ha affermato: «Il lutto nazionale per la morte di Berlusconi? Si tratta di una decisione del governo in carica, una decisione politica. Non ho altro da aggiungere». Almeno ha evitato polemiche. Non così Rosy Bindi. L’ex ministro prodiano ha imperversato per tre giorni su giornali e tv per spiegare quanto era malvagio il caro estinto e ieri ha ribadito a La7 che comunque «è stato inopportuno il lutto nazionale per una persona divisiva come è stato Berlusconi». Il punto non è se Berlusconi abbia diviso o meno l’opinione pubblica. Il punto è se anche il giorno del suo funerale ci si debba per forza contrapporre. Un altro cattolico da battaglia come padre Alex Zanotelli se l’è invece presa con Santa Romana Chiesa. Il missionario ha sostenuto con il Fatto quotidiano che concedere al Cavaliere il duomo di Milano «significa esaltare un uomo, mentre dobbiamo avere il coraggio di dire quello che è stato. Altrimenti continueremo a fare della amoralità berlusconiana la nostra etica quotidiana». Poi, Zanotelli ha aggiunto che «tra Ruini e Berlusconi c’è stato un notevole connubio, ma questa non è la Chiesa di Francesco». La «Chiesa di Francesco», par di capire, dovrebbe concedere il duomo solo a funerali di provata fede progressista. Anche tra i giornalisti non sono mancati gli irriducibili. Maurizio Molinari ha paragonato su La7 Silvio Berlusconi a Donald Trump: «Accentrare tutto su se stesso […] ha creato dei vulnus e ha concesso a Berlusconi alcuni eccessi. Sicuramente ci sono i suoi comportamenti nei confronti delle donne che lui esaltava nella sua volgarità e aggressività anche con offese nei loro confronti. E qui c’è un paragone nettissimo con Trump». Non pago degli insulti, il direttore di Repubblica ha continuato: «Trump usa lo stesso linguaggio e gli stessi comportamenti nei confronti delle donne perché, esattamente come Berlusconi, identifica in questo linguaggio un altro elemento di collegamento fondamentalmente con la base popolare». Un altro direttore del gruppo Gedi, Massimo Giannini della Stampa, è stato più sobrio ma ha comunque criticato duramente la scelta del lutto nazionale, in quanto l’ex premier è stato «un personaggio controverso» e perché «non c’è stato neppure per Paolo Borsellino e Giovanni Falcone». Sarebbe bastato affermare che fu un grave errore non stabilirlo per i due magistrati uccisi dalla mafia, senza fare sgradevoli paragoni. Al coro non si è sottratto neppure Corrado Augias, che ha sostenuto: «Capisco i funerali di Stato per un ex presidente del Consiglio, ma il lutto nazionale per un leader politico che è stato così profondamente, volutamente e aggressivamente divisivo non va bene». Va anche segnalato il caso imbarazzante di un giornalista di Repubblica, Michele Smargiassi, che da giorni imperversa su Twitter, anche sui profili altrui, protestando contro «il funerale da stadio», «il lutto per la Sublime Guida» e una presunta «corsa sul carro funebre del vincitore». Ognuno in fondo, davanti alla morte degli altri ha l’occasione di essere se stesso. I credenti, poi, si trovano ad aver a che fare con le parole urticanti di Gesù, che nel Vangelo dice: «Lasciate che i morti seppelliscano i morti». Se i vari Bindi e Zanotelli le avessero ricordate, probabilmente sarebbero rimasti in silenzio. Anche questa è una forma di pietà, la più semplice.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)