2024-12-18
Uk, comico anti woke deve lasciare il Paese
Doyle, autore gay, andrà negli Usa dopo essere stato messo ai margini per la sua satira politicamente scorretta.Andrew Doyle è uno dei più affilati autori satirici britannici. Nordirlandese di origine, omosessuale e liberal come orientamento generale, è divenuto una sorta di bestia nera dei progressisti, qualificandosi come un castigatore feroce della cultura woke. Qualche tempo fa, quando per intendersi esisteva ancora Twitter, Doyle ha messo a frutto il suo talento di autore teatrale per creare il personaggio di Titania McGrath. Cioè una caricatura della perfetta attivista woke. Come scrisse Iain Macwhirter, «Titania McGrath è una guerriera della giustizia sociale vegana non binaria, che vive grazie a un fondo fiduciario e che si identifica come una trans lesbica nera anche se è bianca».Doyle si mise a pubblicare tweet impersonando Titania allo scopo di «castigare i “non risvegliati” per la loro mancanza di purezza morale», e in breve tempo la sua creatura satirica ha riscosso un successo incredibile: mezzo milione di follower, due libri pubblicati a firma Titania… Il riscontro di pubblico è stato talmente imponente che alcuni giornali si sono messi d’impegno a cercare di scoprire chi fosse il vero autore dei tweet parodistici. Un bel giorno, Andrew è stato scoperto, e lì sono iniziati i guai. Twitter ha cominciato a sospenderlo (o, meglio, a sospendere Titania) con sempre maggiore frequenza per «hate speech». I giornali hanno preso ad attaccarlo, giudicandolo irrispettoso delle più serie battaglie sociali. Da quel momento, Doyle è stato trattato come un traditore dei valori di sinistra e come una sorta di fascistoide. In questi anni - benché su molti temi le sue idee siano decisamente mainstream - ha subito attacchi di ogni genere e la sua carriera ne ha risentito. A quanto pare, ora la situazione si è fatta intollerabile, tanto da spingerlo ad annunciare che lascerà il Regno Unito. Lo ha annunciato in un articolo uscito sulla rivista online Unherd, in cui non risparmia durissime critiche ai laburisti al potere. «Anche se non credo che viviamo sotto una tirannia, ci sono gravi minacce alla libertà che dovrebbero essere affrontate», scrive Doyle. «Molti membri della classe dirigente hanno scarsa considerazione per la libertà di parola, come evidenziato dall’esistenza di leggi sull’incitamento all’odio, dalla registrazione di “episodi di odio non legati alla criminalità”, dalle pene detentive draconiane inflitte per post offensivi sui social media e dalle continue richieste di incitamento all’odio online. Queste non sono le caratteristiche di un Paese autenticamente libero, ma di un Paese in cui l’istinto autoritario non è stato domato con successo. Per quanto riguarda le produzioni artistiche, ora sono anch’esse legate a un’ideologia che richiede l’autocensura e punisce l’anticonformismo. Per i creativi, questo significa trovare modi per lavorare all’interno di un sistema che è antagonista alla genuina libertà di espressione. [...]Sebbene la maggior parte delle mie opinioni politiche siano tradizionalmente descritte come di sinistra, la mia posizione sulla guerra culturale ha fatto sì che io sia stato incasellato come di destra. Quindi, anche se non sono fedele ad alcuna ideologia, l’insistenza sul fatto che devo essere classificato come appartenente a un particolare schieramento significa che le mie prospettive lavorative saranno sempre limitate. L’asilo digitale dei social media, con la sua insistenza sul tribalismo politico, sul pensiero binario e sulle spirali di purezza, ha infettato il mainstream. Per molti commentatori ormai la questione è “o sei con noi o sei contro di noi”». C’è molta verità in quello che scrive Doyle. Il quale non è certo il primo a denunciare il livello di intolleranza per il pensiero difforme che la Gran Bretagna ha raggiunto soprattutto da quando i progressisti sono al potere. Abbiamo visto nei mesi scorsi le derive poliziesche e distopiche che la «lotta all’odio» ha prodotto. Persone arrestate per un post, cittadini schedati per aver detto una parola storta... Doyle è stufo di tutto ciò. «La prima volta che mi resi conto di un’opportunità persa a causa di fattori ideologici fu quando un membro senior dello staff del Soho Theatre di Londra mi disse candidamente che ero stato tolto dalla rosa dei candidati per un nuovo programma di drammaturgia perché ero bianco e maschio», scrive. «Anni dopo, quando insegnavo cabaret al Soho Theatre per comici emergenti, fui informato che il mio contratto non poteva essere rinnovato perché uno dei membri del gruppo si sentiva “in pericolo” dopo aver letto una battuta che avevo twittato. L’impatto di tutto ciò per me è stato trascurabile - non facevo affidamento finanziariamente sul lavoro e continuavo solo per senso di lealtà - ma mi preoccupava che un teatro importante avesse un disprezzo così disinvolto per l’importanza della libertà artistica. Una carriera nelle arti creative», continua Doyle, «non dovrebbe essere subordinata al rispetto di alcuna linea ideologica specifica, ma tali incidenti ora sono, sfortunatamente, la norma. Nel clima attuale, ci si aspetta che gli artisti siano attivisti, per garantire che il loro lavoro promuova il messaggio approvato. In altre parole, si richiede conformità a coloro la cui vocazione dovrebbe renderli i più liberi a livello di pensiero». Reazioni all’intolleranza woke si riscontrano ormai in tutto l’Occidente, a partire dagli Usa. Ed è lì che Doyle ha intenzione di trasferirsi, salutando la Gran Bretagna e sperando in tempi migliori. La sua storia dimostra che l’oscurantismo sinistrorso sta subendo duri colpi, ma ha infettato in profondità la cultura europea e non solo. Liberarsene del tutto non sarà per niente facile.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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