2024-11-13
La norma Ue blocca trasferimenti è una balla
Controlli di polizia su stranieri alla frontiera franco-tedesca (Getty Images)
Chi continua a emettere sentenze contrarie al centro in Albania si difende dichiarando di far soltanto rispettare una legge europea. Se così fosse, però, i magistrati del resto del continente dovrebbero intervenire per fermare tutti i respingimenti. Ma ciò non avviene. I giudici che hanno bocciato il trasferimento di alcuni migranti in Albania insistono nel dire che, per parte loro, hanno solo applicato la legge. «La normativa europea in materia di migrazioni è sovraordinata rispetto a quella nazionale», ha spiegato il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Salvatore Casciaro. «Quando si tratta di normativa immediatamente vincolante e c’è un contrasto con la legge italiana, il giudice può disapplicare. E se c’è un dubbio in merito all’incompatibilità, allora c’è la formula del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea». Insomma, le toghe che hanno ordinato di riportare indietro i migranti si sarebbero limitate a tener conto del quadro normativo europeo, senza alcuna forzatura. Ma è davvero così? La risposta è no. E la spiegazione è nei fatti. Siccome la sentenza cui si ispirano i giudici della sezione specializzata in immigrazione vale per l’intera Ue, è evidente che dovrebbe essere applicata in tutti gli altri 26 Paesi dell’Unione. E inevitabilmente, siccome tutti gli Stati operano con provvedimenti di rimpatrio dei clandestini verso i Paesi di provenienza, nel resto dell’Europa la magistratura dovrebbe fare quello che fa la nostra, cioè bloccare i respingimenti. E invece tutto ciò non accade, nonostante, come dicono i giudici, le sentenze della Corte di giustizia non solo abbiano preminenza rispetto alle norme nazionali, ma siano immediatamente esecutive. Infatti, non risultano casi di disapplicazione dell’elenco di Paesi sicuri adottato dai diversi governi della Ue. In Francia, Germania, Belgio e Svezia a nessun magistrato è venuto in mente di bloccare i trasferimenti e nemmeno di disapplicare una legge dello Stato di cui sono - lo ricordo perché qualche volta penso che alcune toghe si credano una repubblica a sé - servitori. Nonostante dai primi di ottobre, quando uscì la famosa decisione dei giudici europei, passi al setaccio le notizie riguardanti i migranti che arrivano dagli altri Paesi della Ue, al momento non ho trovato nemmeno una sentenza che somigli pallidamente a quelle dei giudici italiani. In materia, le uniche informazioni che ho trovato riguardano il rimpatrio di profughi iracheni e afghani e non mi pare che Baghdad o Kabul siano da considerare luoghi più sicuri del Cairo o di Dacca, metropoli che, secondo i nostri magistrati, non possono essere prese in considerazione per rispedire i clandestini. Oltre alle frasi con cui i giudici provano a legittimare il proprio operato nascondendosi dietro l’ineluttabilità delle loro decisioni, a colpirmi sono state alcune dichiarazioni del presidente di Magistratura democratica.Parlando con i giornalisti durante il convegno per i sessant’anni di Md, Silvia Albano, che fra l’altro è uno dei giudici che ha firmato le sentenze sui migranti trasferiti in Albania, oltre a negare che le toghe abbiano ingaggiato un braccio di ferro con il governo, ha spiegato che lei e i suoi colleghi vogliono solamente poter svolgere il proprio lavoro, «che significa», riporto il suo pensiero tra virgolette, «interpretare le leggi e valutarne la compatibilità con la Costituzione». Ecco, basta questa semplice dichiarazione per capire che ad andare in contrasto con la Carta su cui si regge la nostra Repubblica, non sono questa o quella forza politica e nemmeno l’esecutivo, ma chi crede che ai giudici tocchi «interpretare le leggi» e valutarne la compatibilità con i principi democratici su cui si regge il Paese. No, la Costituzione non affida alla magistratura il compito di interpretare le leggi, ma quello di applicarle. E, allo stesso tempo, non spetta al singolo giudice valutare se una legge sia in conflitto con la Costituzione, come sostiene Albano, perché per questo c’è la Corte costituzionale.Le parole del presidente di Md gettano una luce inquietante sull’evoluzione della giurisdizione in Italia. Perché spiegano quale sia il convincimento di alcune toghe le quali, invece di attenersi alla separazione dei poteri tra legislativo e giudicante, vorrebbero invadere il campo che è proprio del Parlamento, ovvero di chi rappresenta gli italiani i quali - è bene ricordarlo - sono l’unico sovrano della Repubblica. La questione a cui stiamo assistendo va, dunque, oltre il singolo caso dei trasferimenti in Albania. Perché in discussione c’è il futuro del Paese: se tocca ai giudici stabilire come interpretare una legge e quando disapplicarla, non siamo più in una Repubblica democratica ma in una Repubblica giudiziaria dove, mascherate dietro una presunta imparzialità, le toghe possono scavalcare sia l’esecutivo sia le Camere. A questo punto, dovremmo riscrivere la Costituzione, stabilendo che la sovranità appartiene ai giudici.