2023-09-09
Trappola sull’etichetta geografica
Il 12 settembre in commissione Ue si discute dei nuovi marchi d’origine che dovrebbero favorire il made in Italy. Con la sola autodichiarazione aumenteranno i rischi di confusione.Come al solito il demonio si nasconde nei dettagli. Così in Europa si torna a parlare di etichette. Stavolta arrivano gli oggetti a indicazione geografica. Un passo avanti per il made in Italy, ma bisogna stare con le orecchie dritte perché a seconda di come va il 12 settembre in Commissione potrebbe essere un modo per sterilizzare il valore aggiunto del brand Italia rispetto al quale i nostri partner europei sono come Catullo: odi et amo. Lo vogliono, ma preferirebbero non comprarlo da noi. Su questo il gruppo Ecr, i conservatori, guidato da Giorgia Meloni ha drizzato le antenne e quando si parla di etichette tra Bruxelles e Strasburgo raramente è un buon segno. È vero che Paolo De Castro - già ministro agricolo in Italia ai tempi di Prodi, eurodeputato Pd ma ferocissimo critico di Frans Timmermans sui temi dell’agroalimentare - ha assicurato che di Nutri-score se ne parlerà semmai l’anno che viene, ma è anche vero che il Cep – il think thank che valuta e sostiene la legislazione europea – sul vino dà manforte all’Irlanda. In pratica vogliono scrivere sulle bottiglie cha fa male e vogliono obbligare tutti i paesi ad adeguarsi e questo mentre il settore vitivinicolo conosce una crisi devastante. L’export italiano è crollato di oltre 9 punti e il consumo è precipitato in media del 16%. Lo stesso vale per l’etichetta a semaforo (quella che boccia l’extravergine e promuove le bibite energetiche) che è ormai adottata con scelta unilaterale da almeno sei paesi - Germania, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Belgio e (sia pure con tanti mal di pancia) dalla Spagna - e sta creando problemi all’esportazioni italiane. Avevamo fatto benissimo nei primi quattro mesi dell’anno (più 9,5% con un tendenziale a fine anno di 64 miliardi) poi un’improvvisa gelata: da maggio a luglio meno 0,9% e non è solo colpa dell’inflazione. C’è da sperare invece che con i manufatti di artigianato vada meglio. Il lavoro preparatorio è stato lungo e soprattutto il gruppo Ecr (che raggruppa anche gli eurodeputati di Fratelli d’Italia) è riuscito a curvare la proposta di legge della Commissione in senso più favorevole. Ma Raffaele Stancanelli – il relatore ombra del provvedimento – avverte sulla genericità di alcune norme che potrebbero favorire la grande industria a discapito dell’artigianato di qualità. Sui cosiddetti prodotti IG (indicazione geografica) “non agri” c’è un forte rischio di banalizzazione della forza dei marchi di tutela europei. Uno de punti critici - come ha messo bene in evidenza Orign Italia, l’associazione dei consorzi Igp e Dop dell’agroalimentare presieduta da Cesare Baldrighi - è la confusione dei loghi. L’articolo 44 del nuovo regolamento «consentirebbe l’utilizzo del logo delle Igp dedicato ai prodotti agroalimentari anche alle IG artigianali e industriali non alimentari, il cui sistema di controllo sarebbe basato solo da autodichiarazione degli stessi produttori. «Ma questo non è il solo punto critico. Come messo in evidenza da Stancanelli c’è il tema che Mario Walsmann, eurodeputato bavarese del Ppe e relatore del provvedimento, ha tenuto sotto traccia: basta che una qualsiasi fase di lavorazione del prodotto si svolga nella zona geografica per cui si chiede il marchio che la tutela viene concessa. Si può fare in Vietnam la porcellana, poi incantarla a Monaco e marchiarla IG Baviera. L’Italia ovviamente non ci sta. Un conto è tutelare i coltelli di Pattada e di Scarperia o il vetro di Murano che hanno specifiche caratteristiche, tradizione, storicità e un conto è dare la patente a prodotti che non hanno nessuna storia. Le piastrelle di Sassuolo o di Fiorano, le ceramiche di Vietri o di Borgo San Lorenzo sono una cosa, il gres iperindustriale polacco un’altra. Ecco su questo si gioca la battaglia in commissione il 12 settembre prossimo. Intanto a Roma il Governo promuove e tutela i prodotti di tradizione ad altissimo valore aggiunto e il ministro Adolfo Urso con la legge sulle nostre produzioni tradizionali compreso il lancio del liceo del Made in Italy si è portato avanti. Vedremo se dall’europarlamento arriva o no un segnale positivo.
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