2024-06-13
Siluro Ue alla Cina (e pure a Berlino): dazi sulle auto elettriche alle stelle
L’aumento delle tariffe sui veicoli cinesi strizza l’occhio agli Usa e bastona l’industria tedesca, dipendente dal mercato asiatico. Sberla anche a Stellantis, fresca di accordo con Leapmotor. Pechino: «Ci difenderemo».L’Unione europea si accoda agli Stati Uniti e colpisce le importazioni di auto elettriche cinesi con dazi tra il 17,4% e il 38,1%. A quattro settimane dalla decisione di Washington di quadruplicare i dazi sulle auto elettriche provenienti dalla Cina, Bruxelles si adegua e, in esito all’indagine avviata nove mesi fa sui sussidi di Stato alle compagnie automobilistiche cinesi, la Commissione europea colpisce i produttori del Paese con un aumento delle tariffe doganali. Anziché applicare una tariffa indistinta, però, Bruxelles ha inteso dare un segnale a Pechino, differenziando l’onere a seconda della collaborazione ottenuta nel corso dell’indagine. Dunque, il dazio sarà del 17,4% per Byd, del 20% per Geely e del 38,1% per Saic. Per gli altri, il dazio sarà del 21% medio per le aziende che hanno collaborato nell’indagine a loro carico e del 38,1%, il massimo, per quelle che non hanno collaborato. Dongfeng, Chery, Leapmotor, Nio, XPeng, Great Wall, Bmw e Tesla Shanghai avranno, tutte, un dazio del 21%. La tariffa è aggiuntiva rispetto a quella già esistente, pari al 10%. Dunque per Saic il dazio sale al 48,1%L’indagine avviata dalla Commissione nello scorso ottobre conclude che effettivamente le catene del valore dei veicoli elettrici in Cina beneficiano di sussidi illeciti. Nel comunicato di Bruxelles si dice che «la catena del valore dei veicoli elettrici a batteria (Bev) in Cina beneficia di sovvenzioni ingiuste, che stanno causando una minaccia di danno economico ai produttori europei di Bev». L’indicazione dei dazi è provvisoria e sospesa, c’è tempo fino al 4 luglio per la Cina per offrire una conciliazione. Dopo quella data, in assenza di novità, diverranno definitivi e saranno applicati a partire dal prossimo novembre. L’aumento dei dazi era atteso, anche se la percentuale del 38,1%, trascurando il bizzarro decimale, è molto oltre le attese. Nei giorni scorsi il Kiel Institute si è cimentato nel calcolare l’impatto di un dazio medio al 20%. Ne risulta che il volume delle auto importate dalla Cina in Europa scenderebbe del 25%, circa 100.000 unità, per un valore di 3,65 miliardi di euro. I produttori europei colmerebbero il divario diminuendo le esportazioni e aumentando la produzione, ma solo in parte. Il primo effetto pressoché certo è un aumento dei prezzi. La decisione di Bruxelles ha diverse conseguenze. La prima è che, di converso, l’Europa esporterebbe verso la Cina meno componentistica, per una perdita di fatturato stimato attorno a 500 milioni di euro. La seconda è che nella rete dei dazi cadranno anche le auto di case occidentali fabbricate in Cina, segnatamente quelle tedesche. Vi è anche una scappatoia a portata di mano per i cinesi: questi potrebbero soddisfare la domanda europea con nuovi stabilimenti in Europa, cosa che del resto sta già avvenendo. La decisione della Commissione è un brutto colpo per l’industria dell’auto tedesca, molto esposta in Cina: tra un terzo e un quarto del suo margine viene dal mercato cinese. Ieri i titoli delle case tedesche sono scese in borsa, mentre dalla Gran Bretagna arrivano altre brutte notizie. Secondo Reuters, Oltremanica vi sarebbero 1,5 milioni di cause pendenti sulla questione dieselgate contro 13 case automobilistiche, tra cui tutte quelle tedesche. Sui dazi non si è fatta attendere la reazione del governo di Pechino.Lin Jian, portavoce del ministero degli esteri cinese, ha scritto su X che «L’indagine anti-sovvenzioni dell’Ue contro i veicoli elettrici cinesi è una mossa protezionistica. La Cina non starà a guardare. Adotteremo tutte le misure necessarie per difendere i nostri diritti e interessi legittimi». Proprio una ritorsione di Pechino è ciò che temono l’industria automobilistica tedesca e il governo di Olaf Scholz. Il cancelliere tedesco si era esposto platealmente la settimana scorsa avvertendo che la mossa potrebbe scatenare una guerra commerciale con la Cina, avvertimento che ha ripetuto ieri. Ma lo schiaffo alla Germania, che vede messo in piena vista il suo conflitto di interessi, è forte. Critica la decisione di Bruxelles anche Stellantis: un portavoce ha detto che la casa francese «non sostiene misure che contribuiscono alla frammentazione del mondo». L’azienda guidata da Carlos Tavares, d’altronde, ha stretto da poco un accordo con la cinese Leapmotors per la produzione di automobili elettriche al di fuori della Cina. La decisione della Commissione segna un cambiamento epocale nelle scelte sul commercio internazionale. L’indagine lo scorso autunno era partita d’ufficio, senza denunce di parte, cosa di per sé bizzarra. Inoltre, dato il giro d’affari ancora piuttosto limitato, l’imposizione dei dazi sembra orientata a proteggere i produttori europei nel futuro, piuttosto che a evitargli danni nel presente. Segno che l’imposizione di questi dazi è una scelta politica, con due obiettivi. Il primo è proteggere la nascita di una industria europea dell’auto elettrica, in sintonia con il Green Deal e il divieto di motori a benzina dal 2035. Il secondo obiettivo è dare un segnale di vicinanza all’alleato americano in chiave anti-cinese, gettando, come avvertimento, un po’ di sabbia negli ingranaggi della Germania, ex locomotiva d’Europa.
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