2024-11-03
Sottovoce lo dicono tutti: trattiamo con Putin
Il «Corriere» ospita l’intervento di Giampiero Massolo, uno dei massimi esperti di questioni internazionali, che davanti allo stallo di Kiev invita al realismo e a cercare subito una tregua. Si poteva fare alle stesse condizioni un anno fa. Quante morti inutili.Forse non tutti se ne sono accorti, ma l’Ucraina è scomparsa dalle prime pagine di quotidiani e dalle aperture dei telegiornali. Per due anni le notizie dal fronte hanno accompagnato le nostre giornate e i discorsi di Volodymyr Zelensky sono apparsi ovunque, anche nei programmi di intrattenimento. Ma da settimane, forse da mesi, ciò che accade a Kiev e dintorni è stato retrocesso: se va bene con reportage nelle pagine interne dei giornali e se va male con un colonnino, pubblicato in cronaca.A questo proposito, mi ha molto colpito l’intervento di Giampiero Massolo, ex segretario generale della Farnesina, ovvero uno dei massimi esperti italiani di cose internazionali. Con un’opinione di una cartella o poco più, il diplomatico oggi impegnato alla guida di alcune aziende ha spiegato sul Corriere che in Ucraina occorre guardare in faccia la realtà e cercare di raggiungere al più presto una tregua. L’articolo è stato pubblicato quasi nascosto, con un titolo che ne camuffava il contenuto. In pratica, Massolo osserva che il 20% del territorio ucraino è stato conquistato dai russi e al momento non si intravede alcuna possibilità di ribaltare la situazione. Dunque, urge raggiungere un accordo, che - l’ex ambasciatore lo fa capire chiaramente - lasci a Putin ciò che i suoi soldati hanno occupato e congeli la situazione. Il problema è che una simile intesa molto probabilmente si poteva raggiungere un anno fa o forse addirittura due anni fa, quando non erano state sacrificate decine di migliaia di vite umane e quando qualche decina di migliaia di chilometri quadrati poteva ancora rimanere nelle mani dell’Ucraina. Invece, i duri e puri, quelli secondo cui bisognava difendere Kiev senza se e senza ma (ovviamente stando seduti nel proprio salotto di casa e limitandosi a sposare la causa di Zelensky), erano certi che sarebbe stato possibile ribaltare la situazione e sconfiggere la Russia. Bastava solo sganciare più miliardi e svuotare gli arsenali per armare Kiev fino ai denti. E dunque avanti fino alla morte. Dei soldati ucraini, ovviamente. Secondo intellettuali e politici occidentali, Mosca sarebbe capitolata presto. Putin sarebbe stato detronizzato da un colpo di Stato. L’economia russa sarebbe collassata a causa delle sanzioni. Smettendo di importare gas avremmo chiuso il rubinetto della macchina da guerra di Mosca. E alla fine il bene, rappresentato dall’Occidente, avrebbe trionfato, come in ogni storia a lieto fine. Purtroppo non sempre le favole finiscono per coincidere con la realtà. E due anni e mezzo di guerra, oltre a provocare il maggior numero di vittime dalla seconda guerra mondiale in poi, hanno creato i presupposti, insieme alle scelte dissennate dell’Unione europea in fatto di transizione green (che altro non è che una glaciazione), per una grande depressione economica. La sconfitta di Kiev, che per noi era ampiamente prevedibile già due anni fa, si sta verificando sotto i nostri occhi anche se non ne parliamo (è di ieri il drammatico appello di Zelensky) e ora non resta che sventolare bandiera bianca. E sperare di raggiungere una pace, magari non giusta ma necessaria.Di tutto ciò chiederanno scusa i soloni della guerra a oltranza, quelli secondo cui non ci si doveva arrendere alla prepotenza di Putin (ovviamente a non arrendersi dovevano essere gli ucraini)? Ammetteranno mai di aver sbagliato tutto e di averci condotto a sostenere un conflitto insensato, il cui epilogo era già scritto, contribuendo a moltiplicare le vittime oltre che a spazzar via un’intera generazione di ucraini? Purtroppo temo di no. Anzi, temo che li rivedremo presto, alla prossima guerra, impartirci lezioni dall’alto della loro cattedra di esperti in fallimenti.Ps. Alcune migliaia di soldati ucraini sono intrappolati da settimane nella regione russa che le truppe di Kiev hanno invaso ad agosto accompagnate da entusiastiche cronache dei colleghi guerrafondai. Era chiaro fin dall’inizio che quella era una missione suicida, ma i giornaloni l’hanno raccontata come se fosse stata una mossa decisiva, capace di ribaltare le sorti del conflitto. L’eroica mossa del cavallo era un inganno. Dei militari ucraini e dei lettori italiani. Ma anche in questo caso nessuno chiederà scusa. Almeno lancino una campagna per salvare quei giovani ingannati dai loro superiori e dalla propaganda a mezzo stampa.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)