2019-03-21
Tutti i reati del no global che oggi fa il pirata
Dai Disobbedienti ai taxi del mare: Luca Casarini vanta una «carriera» trentennale da fuorilegge, con un elenco di crimini (ma anche di indulti) da record. Su nove condanne definitive, per ora ne ha scontate solo due. Senza pentirsi mai di nulla.«Ecco Luca Casarini, noto tra l'altro per aver aperto l'osteria Allo sbirro morto: pluripregiudicato, coccolato da Pd e sinistra, oggi alla guida del centro sociale galleggiante arrivato davanti a Lampedusa». Matteo Salvini non poteva trovare miglior antagonista. La trentennale epopea di Casarini si narra da sola. Alla sintetica biografia diffusa dal ministro dell'Interno, manca però un rilevante dettaglio. Pluripregiudiucato: su questo non si scappa. Ma anche plurindultato, pluricondonato e pluriassolto. Su nove condanne definitive, il novello protettore dei migranti ne ha scontate soltanto due: un mese ai domiciliari e tre mesi ai servizi sociali. Eppure, negli ultimi vent'anni, l'ex leader dei no global è finito sotto accusa per una sfilza di reati: oltraggio a pubblico ufficiale, resistenza alle forze dell'ordine, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento, invasione, occupazione, deturpamento.Le tre fitte paginette del casellario giudiziale ragguagliano su lustri di onorata carriera. A dispetto della mole processuale, il già capo dei Disobbedienti ha goduto di parecchie fortune procedurali e qualche benevolenza. La prima condanna passata in giudicato è del 30 ottobre 1995: oltraggio a pubblico ufficiale. Casarini ha 28 anni, è ancora un giovane contestatore che si farà. La pena è mite: un mese di reclusione, che viene sostituito con una multa da un migliaio di euro. A dicembre 2009 l'indulto però cancella tutto. È solo la prima di una sequela di indulgenze che il sistema penale italiano gli riserverà. A giugno 1998, intanto, arriva la prima macchietta sulla fedina, quasi simbolica: un mese di domiciliari per «contravvenzione al foglio di via obbligatorio».Passano gli anni. La fama del contestatore cresce, così come le sue prodezze. A giugno del 2005 è punito in appello per i disordini, di cinque anni prima, alla mostra delle biotecnologie di Genova. Due agenti di polizia restano feriti. L'allora leader delle tute bianche prende dieci mesi per resistenza a pubblico ufficiale. Ma anche questa volta l'indulto spazza via la pena definitiva. Stesso epilogo hanno i danneggiamenti in concorso ad Arco, sul lago di Garda, nel 2003. A settembre 2006 la corte d'appello di Trento delibera: dieci mesi di reclusione. Prima, però, al fu no global è concessa la sospensione condizionale, seguita dal solito indulto. A settembre 2009 Casarini viene nuovamente condannato a Trieste. È accusato di concorso in danneggiamento a San Dorligo della Valle, al confine con la Slovenia: reato commesso a novembre 2002. «Abbiamo scelto questo valico perché è uno di quelli dove avvengono grandi ingiustizie», illuminava il futuro capo missione della Mare Jonio, anticipando gli odierni temi di lotta. «I piccoli valichi», ragguagliava, «sono quelli dove si consumano i drammi umani dell'immigrazione». Grazie a generose attenuanti, «equivalenti alle aggravanti e alla recidiva», se la cava comunque con una modesta pena pecuniaria: 200 euro.È l'epoca della fortunata ribalta. L'allora capo dei Disobbedienti del Nordest incassa perfino una parziale assoluzione, con menzione d'onore: «Ha agito per motivi di particolare valore morale e sociale», scrive il tribunale di Padova. Corre il febbraio 2003, epoca della guerra in Iraq. Casarini e soci si dilettano a fermare i treni che trasportano materiali bellici nella base Usa di Camp derby. Seguono clamore, proteste e denunce. A gennaio 2008, il capo della rivolta è però assolto dall'accusa di blocco ferroviario, grazie alle attenuanti speciali concesse dal giudice: una sorta di fine che giustifica i mezzi. È invece condannato a 20 giorni di carcere per interruzione di pubblico servizio. Lui commenta trionfante: «Questa sentenza è un'arma per la battaglia contro tutte le guerre». In appello la pena sale a dieci mesi. Poco importa: a ottobre 2009 un condono spazza via tutto. Ad aprile 2008 il neocomandante Casarini incassa pure l'assoluzione per gli incidenti, nel 2001, al G8 di Genova e al Global forum di Napoli. Il pm chiede sei anni per associazione sovversiva. «Il fatto non sussiste», rigetta la corte d'assise di Cosenza. Decisione confermata in appello e cassazione.Evapora anche la sfilza di reati commessi a Mestre a novembre 2003: interruzione di un ufficio pubblico, invasione di edifici, deturpamento e imbrattamento. A dicembre 2009 arrivano sei mesi di reclusione. Puntualmente condonati. Così come la pena di 5 mesi e 20 giorni per l'occupazione della sede del Magistrato delle acque di Venezia. Una plateale protesta contro il Mose. Il provvedimento, confermato dalla Cassazione a fine 2012, è ancora una volta condonato.Arriviamo quindi a luglio 2016. Dopo un abbondante ventennio di fulgido proscenio, Casarini è costretto ad alzare le mani. Deve scontare tre mesi di domiciliari per l'occupazione di una casa popolare di Marghera: la sua. Insomma: quella che s'era assegnato agli albori della carriera. «Ci siamo», annuncia su Facebook, «Ho da scontare una condanna». Il tono sembra scorato. Il dissidente ha chiesto l'affidamento ai servizi sociali. Ma il tribunale di Palermo ha vergato una relazione i cui «non esclude contatti con la criminalità». Arresti domiciliari, quindi. Giustizia cinica e bara. «Evidentemente a questi giudici interessava di più la vendetta che la funzione sociale della pena», lamenta Casarini. «Sono pieno di condanne». Rivendica però ogni gesto: blocchi, manifestazioni, disobbedienze, occupazioni. «I reati che mi attribuiscono li ho compiuti, e posso andarne fiero». In realtà, quasi tutto è passato in cavalleria. Meno che quel trimestre, ancora da scontare. Ma a settembre 2017 arriva pure l'auspicato affidamento ai servizi sociali. Del resto, il leader aveva avvertito: «Piuttosto che stare chiusi in casa, avrebbe avuto più senso dedicare questi tre mesi ad altri». Sempre così, l'ex giottino. Una vita spesa ad aiutare il prossimo. Lo sanno bene i 49 migranti, coraggiosamente tratti in salvo al largo di Lampedusa. Casarini è tornato: più disobbediente e impunito che mai.
Nel riquadro il professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana (iStock)
Il 10 ottobre Palermo celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con eventi artistici, scientifici e culturali per denunciare abbandono e stigma e promuovere inclusione e cura, su iniziativa della Fondazione Tommaso Dragotto.
Il 10 ottobre, Palermo non sfila: agisce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la città lancerà per il secondo anno consecutivo un messaggio inequivocabile: basta con l’abbandono, basta con i tagli, basta con lo stigma. Agire, tutti insieme, con la forza dei fatti e non l’ipocrisia delle parole. Sul palco dell’evento – reale e simbolico – si alterneranno concerti di musica classica, teatro militante, spettacoli di attori provenienti dal mondo della salute mentale, insieme con tavoli scientifici di livello internazionale e momenti di riflessione pubblica.
Di nuovo «capitale della salute mentale» in un Paese che troppo spesso lascia soli i più fragili, a Palermo si costruirà un racconto, fatto di inclusione reale, solidarietà vera, e cultura della comunità come cura. Organizzato dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzato da Big Mama Production, non sarà solo un evento, ma una denuncia trasformata in proposta concreta. E forse, anche una lezione per tutta l’Italia che alla voce sceglie il silenzio, tra parole come quelle del professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana che ha detto: «I trattamenti farmacologici e psicoterapici che abbiamo oggi a disposizione sono tra i più efficaci tra quelli disponibili in tutta la medicina. È vero che in molti casi si parla di trattamenti sintomatici e non curativi, ma molto spesso l’eliminazione del sintomo è di per sé stesso curativo. È bene - continua Fiorillo - diffondere il messaggio che oggi si può guarire dai disturbi mentali, anche dai più gravi, ma solo con un approccio globale che miri alla persona e non alla malattia».
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