2019-04-17
Tutti gli errori di Bankitalia che hanno affossato Pop Vicenza
«Romanzo impopolare» di Cristiano Gatti e Ario Gervasutti ricostruisce il crac con documenti inediti pure sui tentativi di matrimonio tra venete.Come far sparire la banca di una regione florida, bruciando i risparmi di 120.000 soci, senza che si capisca davvero di chi è stata la colpa. «Perché in questa storia siamo tutti colpevoli», scrivono Cristiano Gatti e Ario Gervasutti in Romanzo imPopolare (Aviani & Aviani editori, Udine), una ricostruzione puntigliosa dello scandalo chiamato Popolare di Vicenza, che ha il gusto di non focalizzarsi più di tanto sul suo ex dominus Gianni Zonin, bersaglio grosso quanto scontato, ma di ampliare lo sguardo alle responsabilità di Bankitalia, della Bce, dei governi Renzi e Gentiloni, di un territorio che ha adulato il suo «Doge» fino a un minuto prima di maledirlo. Uno Zonin, che oggi è a processo per ostacolo alla vigilanza (a rischio prescrizione) e potrebbe anche vedersi contestata la bancarotta fraudolenta (reato ben più grave), ma che in fondo non si è fatto da solo come «banchiere». Il filo conduttore del saggio è fatto per piacere ai lettori veneti e lo si capisce anche solo scorrendo i titoli dei capitoli nevralgici: «Assedio su misura», «Idi di marzo», «Medicina letale» , «Cura da cavallo», «Tempesta perfetta». La Popolare di Vicenza, non quotata in Borsa, con lo stesso presidente da 19 anni, autoreferenziale al massimo, sempre pronta ad agitare la retorica della «banca del territorio» anche quando comprava banche di dubbia fama a Trapani, con il valore delle azioni fissato da perizie pagate dalla banca stessa, era fondamentalmente cosa e buona e giusta. Poi sono arrivati i «cattivi», da Roma e da Francoforte, killer che si sono spacciati per medici, proponendo fusioni con Veneto Banca e Popolare Etruria che erano, come nel Padrino di Mario Puzo, proposte che non si potevano rifiutare. Ma Zonin le ha rifiutate e allora ecco la «tempesta perfetta». Poi, certo, provare a salvare le due popolari venete, con i goffi tentativi organizzati nella capitale dal duo Ignazio Visco-Pier Carlo Padoan, è costato miliardi e miliardi di tutti gli italiani. Ma almeno ha fatto sparire dai muri veneti le scritte su «Roma ladrona». Fatta questa doverosa premessa, sono specialmente i resoconti e i virgolettati dei consigli di amministrazione della Vicenza, a regalarci il clima drammatico di un impero che dal 2012 al 2015 si sgretola in modo quasi scientifico sotto la poltrona di Zonin. Uno Zonin che nel cda del 9 settembre 2014, mentre gli azionisti si stanno svenando con gli aumenti di capitale, esprime così la sua filosofia: «Finché sarò presidente io, in Borsa non andremo mai. Siete d'accordo?». E i consiglieri gli rispondono con un sì all'unanimità. La Borsa come male assoluto, posto inventato dai perfidi anglosassoni e dove il banchiere «cattolico» e del territorio perderebbe l'anima, ma dove almeno gli azionisti non è detto che perdano tutto, se perfino le azioni Carige ancora qualcosa valgono. E però, se nel saggio è spiegata bene la quantità delle irregolarità di cui si macchiò il management della banca berica, dalle famose «baciate» alle lettere di riacquisto delle azioni rilasciate ai clienti «vip», ci sono anche squarci sorprendenti. Come il discorso che Fabio Panetta, futuro direttore generale di Banca d'Italia, fa a Francesco Iorio, ad della Bpvi del dopo Zonin, per spiegargli quant'è dura avere a che fare con la Bce, «rea» di alzare sempre l'asticella della patrimonializzazione. Siamo nell'autunno del 2015 e Panetta, romanissimo, spiega: «La situazione è dovuta a un capriccio della Nouy (Danielle, capo vigilanza Bce). Domani vedrò Matteo Renzi e gli dirò che se questa cosa passa, farò una dichiarazione pubblica per dire che la decisione è del tutto inaccettabile. Dopodomani dovrò incazzarmi con questa...». Panetta, che non a caso oggi piace anche al M5s, continua: «È una cosa fatta per dare un segnale alle banche italiane, che effettivamente ne hanno fatte, purtroppo, di tutti i colori... Perché voi siete uno, e poi c'è il vostro dirimpettaio, Veneto Banca, poi c'è quell'altro, poi c'è Genova... E quando lei dice mi sono rotta i coglioni di avere a che fare con persone così, non le si può dare torto. Ma una cosa è la vendetta, che non appartiene a chi fa Vigilanza, altro è l'applicazione delle regole». Altra perla di questo Romanzo imPopolare è il racconto del tentativo di fusione tra Popolare di Vicenza e Veneto Banca, un altro istituto che improvvisamente passa da «banca aggregante» (ovvero autorizzata da Bankitalia a fare acquisizioni) a banca, sostanzialmente, costruita intorno a un buco. Via Nazionale, come da tradizione, spinge per il matrimonio riparatore, prima che arrivi la Guardia di Finanza. I vertici delle due banche, capitanati da Zonin e Vincenzo Consoli, si vedono di nascosto tra Natale e Capodanno del 2013 ad Aquileia, in Friuli, ma non se ne fa niente perché scoprono che Bankitalia li sta gabbando: nel cda del nuovo istituto post-fusione non ci devono essere esponenti delle due vecchie banche. Insomma, addio poltrone. Ovviamente la fusione salta e, come si legge nel libro, quando la notizia arriva a Roma, «lentamente, sommessamente, si aprono le porte dell'inferno» per le due venete.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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