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2021-07-31
Tutte le balle sul green pass
Ansa
- Il lasciapassare è una misura politica, non sanitaria, ma chi protesta viene bollato come uno squadrista o un no vax. Anche se il farmaco non impedisce i contagi.
- In Francia probabile accordo: «passaporto» per i minori soltanto dal 30 settembre. Da noi invece Francesco Paolo Figliuolo vuole correre: «Vaccino agli over 12 per la scuola in presenza».
Lo speciale contiene due articoli.
In effetti era da qualche settimana che non sentivamo parlare di ritorno del fascismo e di minacce nere assortite. Ora ci possiamo rincuorare: le squadracce facinorose sono tornate, e ovviamente guidano le sommosse no vax. Come noto, sabato ci sono state manifestazioni contro il green pass in varie città italiane, e ieri abbiamo appreso dai giornali che a scendere in piazza sono stati pericolosi sovversivi, comandati - come ha titolato Repubblica in prima pagina - dalla «estrema destra. Chiaro: la regia occulta non poteva che essere fascista. Attenti però, perché esiste pure la regia occulta della regia occulta, e infatti non v'è quotidiano di regime che non sveli l'orrido piano: a incendiare gli animi contro il vaccino sono stati Giorgia Meloni e Matteo Salvini, i quali - nemmeno troppo segretamente - spalleggiano i no vax per trarne profitto elettorale. Ci sarebbero in ballo addirittura - dice Repubblica - 6 milioni di voti.
Qualcosa però non torna: gli stessi quotidiani che gridano al fascio di ritorno ci informano che in piazza c'erano anche militanti dei centri sociali, movimenti di sinistra, esponenti della borghesia progressista torinese, studiosi di storia con tanto di laurea e specializzazione, un ex sottosegretario del governo Prodi... Che significa? Beh, che forse la platea del dissenso è leggermente più ampia di quanto i cari progressisti siano disposti ad ammettere. Questo dissenso merita di essere ascoltato, indagato. E, comunque lo si valuti, va in ogni caso rispettato. Invece assistiamo a una criminalizzazione costante che talvolta si manifesta con toni da autocrazia.
Massimo Giannini, sulla Stampa, parla di «piazze anarcoidi e destrorse» (concetti che in teoria si escludono a vicenda), invita a reprime la «velenosa demagogia negazionista». Il suo giornale titola: «Nelle piazze il virus dei No pass». Prima Roberto Burioni dà dei «sorci» ai presunti no vax; poi Piergiorgio Odifreddi scrive che chi protesta è «senza cervello»; ora siamo alla riduzione del nemico politico a parassita. Appena più morbido, su Repubblica, Maurizio Molinari, che si limita a prendersela con i «populisti che aggrediscono la scienza». Ed è proprio questo il punto più interessante. I cantori della medicalizzazione, non potendo cancellare la contestazione, la riducono a somaresco raglio no vax. Eppure chi è sceso in piazza lo ha fatto, a essere precisi, per rifiutare il green pass. Ed è contro il green pass che si sono espressi Giorgia Meloni e pure Matteo Salvini. Quindi, a ben vedere, le critiche non sono mosse alla «scienza», che pure è passibile di discussione, ma a una misura tutta politica.
Come facciamo a dire che sia politica? Ci basiamo su ciò che ci dicono gli scienziati. Ieri Il Messaggero ha riportato dati diffusi dall'Istituto superiore di sanità riguardanti le terapie intensive. Fra i ricoverati, l'85% non è vaccinato, il 10,6% ha avuto una sola dose, il 4,3% due dosi. Che dobbiamo dedurne? Primo: anche i vaccinati si contagiano. Secondo: anche i vaccinati con due dosi - sebbene in casi molto molto rari - possono ammalarsi gravemente. Terzo: chi ha due dosi è più protetto di chi ha fatto una dose sola. Eppure, ai fini dell'ottenimento del green pass (almeno per ora, fortunatamente) non si fanno distinzioni fra chi ha avuto una dose e chi due. Per quale motivo? Perché il lasciapassare verde è il frutto di una mediazione politica. E se una misura è politica, opporsi è, per lo meno, legittimo.
Ai sinceri democratici nostrani, tuttavia, l'opposizione non pare essere molto gradita. Dunque si prodigano per silenziarla e infamarla a costo, pensate un po', di manipolare… la scienza! Volete un esempio? Il Corriere della Sera ha affidato allo scrittore-scienziato Paolo Giordano il compito di smentire le «false credenze» dei «no green pass». Scrive Giordano: «La diceria che i vaccini non proteggano dall'infezione sta diventando il carburante preferito dell'esitazione vaccinale. Peccato che si basi su una falsità». La frase viene ripresa a caratteri molto visibili anche nella titolazione. Dunque al Corriere sono sicuri: non è vero che il vaccino non protegge dall'infezione. Eppure, nella tabella piuttosto confusa pubblicata proprio nella stessa pagina dell'articolo di Giordano, e basata su dati del Financial Times e dell'Iss, si legge che un non vaccinato e un vaccinato hanno la stessa probabilità (2%) di prendere il Covid con sintomi. Lo stesso Giordano, poi, spiega che, probabilmente, il vaccino abbatte meno la trasmissione della variante Delta rispetto alla Alfa. Ma allora che i vaccini non proteggano dall'infezione non è «una diceria», bensì un'evidenza. Chiaro: finora è evidente anche che i vaccini riducano notevolmente le probabilità di avere sintomi e di finire in ospedale. Però non azzerano i contagi. Eppure, uno dei principali quotidiani italiani insiste a trattare come «fake news» le più banali deduzioni basate sui dati.
Pur di sostenere una visione ideologica, insomma, gli ottimi progressisti pervertono la scienza. E se i veri negazionisti fossero loro?
Parigi rimanda la puntura ai bimbi
Alla fine, dopo dibattiti serrati, sta arrivando in Francia il via libera all'estensione del pass sanitario. Il primo semaforo verde era giunto lo scorso 23 luglio dall'Assemblea nazionale, mentre - nella notte tra sabato e domenica - la palla era passata al Senato, dove con 199 voti a favore e 123 contrari erano state apportate significative modifiche al provvedimento. Un compromesso tra le parti è stato annunciato infine nel tardo pomeriggio di ieri, anche se il testo finale della norma - secondo quanto anticipato da Le Parisien - è stato reso noto soltanto nella notte, quando La Verità era già andata in stampa.
In base alle indiscrezioni disponibili ieri, il pass dovrebbe essere mantenuto per i centri commerciali di certe dimensioni, mentre il licenziamento per le persone sprovviste di lasciapassare dovrebbe essere abrogato. Dovrebbero saltare anche i provvedimenti penali per i ristoratori che non controlleranno i pass ai clienti. Il pass però «dovrebbe essere mantenuto per le terrazze di ristoranti e caffè», ha aggiunto Le Parisien. Una volta approvato il testo, il Consiglio costituzionale avrà otto giorni per esprimersi.
Come accennato, era stato il Senato a chiedere delle esenzioni: non solo per terrazze, centri commerciali e attività di ristorazione all'aperto, ma anche per i minorenni: una misura, quest'ultima, che - nel momento in cui La Verità è andata in stampa - non era chiaro se fosse stata inclusa nel provvedimento finale. Secondo alcune indiscrezioni, per i minori ci sarebbe sì un'esenzione, ma solo fino al 30 settembre. Una misura che è stata sostenuta dai Républicains (del resto fatto salvo il caso di malattie pregresse sulla vaccinazione anti Covid per i giovanissimi si registrano dubbi anche in Germania e questo stesso giornale ha posto il problema negli scorsi giorni). Il governo italiano ciononostante è di altro avviso, visto che ha introdotto l'obbligo di green pass per chi ha dai 12 anni in su. «Per il benessere dei ragazzi è importante la scuola in presenza. Per far ciò bisogna portare a vaccinare gli insegnanti, il personale docente e non, ma anche i genitori devono portare i propri figli dai 12 anni in su a vaccinarsi», ha del resto dichiarato il generale Francesco Paolo Figliuolo ieri.
Ma le proposte del Senato francese non si fermavano qui. La Camera alta aveva infatti approvato un emendamento - avanzato dalla senatrice socialista Laurence Rossignol - per consentire ai sedicenni e ai diciassettenni di vaccinarsi anche senza il consenso dei genitori. In tutto questo, secondo Le Parisien, «i senatori vogliono anche posticipare dal 30 agosto al 15 settembre l'entrata in vigore di questo pass per i luoghi pubblici, sia per il personale che per gli utenti». La Camera alta proponeva anche un allentamento alle misure di isolamento a cui devono essere sottoposti i malati e puntava inoltre a condizionare l'estensione del lasciapassare al ripristino dello stato di emergenza sanitaria fino al 31 ottobre. In questo quadro, i senatori chiedevano che il controllo del pass fosse effettuato esclusivamente da persone «autorizzate».
Ricordiamo che, sebbene la maggioranza relativa del Senato sia repubblicana, è altrettanto vero che, come abbiamo visto, le modifiche al provvedimento non sono arrivate soltanto da destra. Lo stesso segretario di Stato per la protezione dei minori, il macroniano Adrien Taquet, si è infatti lamentato, parlando polemicamente di «coalizione eterogenea». Sulla situazione complessiva pesano d'altronde fattori di varia natura: dalla variante Delta alle tensioni sociali, per arrivare all'imminente campagna elettorale in vista delle prossime presidenziali.
Il lasciapassare è una misura politica, non sanitaria, ma chi protesta viene bollato come uno squadrista o un no vax. Anche se il farmaco non impedisce i contagi.In Francia probabile accordo: «passaporto» per i minori soltanto dal 30 settembre. Da noi invece Francesco Paolo Figliuolo vuole correre: «Vaccino agli over 12 per la scuola in presenza».Lo speciale contiene due articoli.In effetti era da qualche settimana che non sentivamo parlare di ritorno del fascismo e di minacce nere assortite. Ora ci possiamo rincuorare: le squadracce facinorose sono tornate, e ovviamente guidano le sommosse no vax. Come noto, sabato ci sono state manifestazioni contro il green pass in varie città italiane, e ieri abbiamo appreso dai giornali che a scendere in piazza sono stati pericolosi sovversivi, comandati - come ha titolato Repubblica in prima pagina - dalla «estrema destra. Chiaro: la regia occulta non poteva che essere fascista. Attenti però, perché esiste pure la regia occulta della regia occulta, e infatti non v'è quotidiano di regime che non sveli l'orrido piano: a incendiare gli animi contro il vaccino sono stati Giorgia Meloni e Matteo Salvini, i quali - nemmeno troppo segretamente - spalleggiano i no vax per trarne profitto elettorale. Ci sarebbero in ballo addirittura - dice Repubblica - 6 milioni di voti. Qualcosa però non torna: gli stessi quotidiani che gridano al fascio di ritorno ci informano che in piazza c'erano anche militanti dei centri sociali, movimenti di sinistra, esponenti della borghesia progressista torinese, studiosi di storia con tanto di laurea e specializzazione, un ex sottosegretario del governo Prodi... Che significa? Beh, che forse la platea del dissenso è leggermente più ampia di quanto i cari progressisti siano disposti ad ammettere. Questo dissenso merita di essere ascoltato, indagato. E, comunque lo si valuti, va in ogni caso rispettato. Invece assistiamo a una criminalizzazione costante che talvolta si manifesta con toni da autocrazia. Massimo Giannini, sulla Stampa, parla di «piazze anarcoidi e destrorse» (concetti che in teoria si escludono a vicenda), invita a reprime la «velenosa demagogia negazionista». Il suo giornale titola: «Nelle piazze il virus dei No pass». Prima Roberto Burioni dà dei «sorci» ai presunti no vax; poi Piergiorgio Odifreddi scrive che chi protesta è «senza cervello»; ora siamo alla riduzione del nemico politico a parassita. Appena più morbido, su Repubblica, Maurizio Molinari, che si limita a prendersela con i «populisti che aggrediscono la scienza». Ed è proprio questo il punto più interessante. I cantori della medicalizzazione, non potendo cancellare la contestazione, la riducono a somaresco raglio no vax. Eppure chi è sceso in piazza lo ha fatto, a essere precisi, per rifiutare il green pass. Ed è contro il green pass che si sono espressi Giorgia Meloni e pure Matteo Salvini. Quindi, a ben vedere, le critiche non sono mosse alla «scienza», che pure è passibile di discussione, ma a una misura tutta politica. Come facciamo a dire che sia politica? Ci basiamo su ciò che ci dicono gli scienziati. Ieri Il Messaggero ha riportato dati diffusi dall'Istituto superiore di sanità riguardanti le terapie intensive. Fra i ricoverati, l'85% non è vaccinato, il 10,6% ha avuto una sola dose, il 4,3% due dosi. Che dobbiamo dedurne? Primo: anche i vaccinati si contagiano. Secondo: anche i vaccinati con due dosi - sebbene in casi molto molto rari - possono ammalarsi gravemente. Terzo: chi ha due dosi è più protetto di chi ha fatto una dose sola. Eppure, ai fini dell'ottenimento del green pass (almeno per ora, fortunatamente) non si fanno distinzioni fra chi ha avuto una dose e chi due. Per quale motivo? Perché il lasciapassare verde è il frutto di una mediazione politica. E se una misura è politica, opporsi è, per lo meno, legittimo. Ai sinceri democratici nostrani, tuttavia, l'opposizione non pare essere molto gradita. Dunque si prodigano per silenziarla e infamarla a costo, pensate un po', di manipolare… la scienza! Volete un esempio? Il Corriere della Sera ha affidato allo scrittore-scienziato Paolo Giordano il compito di smentire le «false credenze» dei «no green pass». Scrive Giordano: «La diceria che i vaccini non proteggano dall'infezione sta diventando il carburante preferito dell'esitazione vaccinale. Peccato che si basi su una falsità». La frase viene ripresa a caratteri molto visibili anche nella titolazione. Dunque al Corriere sono sicuri: non è vero che il vaccino non protegge dall'infezione. Eppure, nella tabella piuttosto confusa pubblicata proprio nella stessa pagina dell'articolo di Giordano, e basata su dati del Financial Times e dell'Iss, si legge che un non vaccinato e un vaccinato hanno la stessa probabilità (2%) di prendere il Covid con sintomi. Lo stesso Giordano, poi, spiega che, probabilmente, il vaccino abbatte meno la trasmissione della variante Delta rispetto alla Alfa. Ma allora che i vaccini non proteggano dall'infezione non è «una diceria», bensì un'evidenza. Chiaro: finora è evidente anche che i vaccini riducano notevolmente le probabilità di avere sintomi e di finire in ospedale. Però non azzerano i contagi. Eppure, uno dei principali quotidiani italiani insiste a trattare come «fake news» le più banali deduzioni basate sui dati. Pur di sostenere una visione ideologica, insomma, gli ottimi progressisti pervertono la scienza. 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Un compromesso tra le parti è stato annunciato infine nel tardo pomeriggio di ieri, anche se il testo finale della norma - secondo quanto anticipato da Le Parisien - è stato reso noto soltanto nella notte, quando La Verità era già andata in stampa. In base alle indiscrezioni disponibili ieri, il pass dovrebbe essere mantenuto per i centri commerciali di certe dimensioni, mentre il licenziamento per le persone sprovviste di lasciapassare dovrebbe essere abrogato. Dovrebbero saltare anche i provvedimenti penali per i ristoratori che non controlleranno i pass ai clienti. Il pass però «dovrebbe essere mantenuto per le terrazze di ristoranti e caffè», ha aggiunto Le Parisien. Una volta approvato il testo, il Consiglio costituzionale avrà otto giorni per esprimersi. Come accennato, era stato il Senato a chiedere delle esenzioni: non solo per terrazze, centri commerciali e attività di ristorazione all'aperto, ma anche per i minorenni: una misura, quest'ultima, che - nel momento in cui La Verità è andata in stampa - non era chiaro se fosse stata inclusa nel provvedimento finale. Secondo alcune indiscrezioni, per i minori ci sarebbe sì un'esenzione, ma solo fino al 30 settembre. Una misura che è stata sostenuta dai Républicains (del resto fatto salvo il caso di malattie pregresse sulla vaccinazione anti Covid per i giovanissimi si registrano dubbi anche in Germania e questo stesso giornale ha posto il problema negli scorsi giorni). Il governo italiano ciononostante è di altro avviso, visto che ha introdotto l'obbligo di green pass per chi ha dai 12 anni in su. «Per il benessere dei ragazzi è importante la scuola in presenza. Per far ciò bisogna portare a vaccinare gli insegnanti, il personale docente e non, ma anche i genitori devono portare i propri figli dai 12 anni in su a vaccinarsi», ha del resto dichiarato il generale Francesco Paolo Figliuolo ieri. Ma le proposte del Senato francese non si fermavano qui. La Camera alta aveva infatti approvato un emendamento - avanzato dalla senatrice socialista Laurence Rossignol - per consentire ai sedicenni e ai diciassettenni di vaccinarsi anche senza il consenso dei genitori. In tutto questo, secondo Le Parisien, «i senatori vogliono anche posticipare dal 30 agosto al 15 settembre l'entrata in vigore di questo pass per i luoghi pubblici, sia per il personale che per gli utenti». La Camera alta proponeva anche un allentamento alle misure di isolamento a cui devono essere sottoposti i malati e puntava inoltre a condizionare l'estensione del lasciapassare al ripristino dello stato di emergenza sanitaria fino al 31 ottobre. In questo quadro, i senatori chiedevano che il controllo del pass fosse effettuato esclusivamente da persone «autorizzate». Ricordiamo che, sebbene la maggioranza relativa del Senato sia repubblicana, è altrettanto vero che, come abbiamo visto, le modifiche al provvedimento non sono arrivate soltanto da destra. Lo stesso segretario di Stato per la protezione dei minori, il macroniano Adrien Taquet, si è infatti lamentato, parlando polemicamente di «coalizione eterogenea». Sulla situazione complessiva pesano d'altronde fattori di varia natura: dalla variante Delta alle tensioni sociali, per arrivare all'imminente campagna elettorale in vista delle prossime presidenziali.
Kaja Kallas (Ansa)
Kallas è il falco della Commissione, quando si tratta di Russia, e tiene a rimarcarlo. A proposito dei fondi russi depositati presso Euroclear, l’estone dice nell’intervista che il Belgio non deve temere una eventuale azione di responsabilità da parte della Russia, perché «se davvero la Russia ricorresse in tribunale per ottenere il rilascio di questi asset o per affermare che la decisione non è conforme al diritto internazionale, allora dovrebbe rivolgersi all’Ue, quindi tutti condivideremmo l’onere».
In pratica, cioè, l’interpretazione piuttosto avventurosa di Kallas è che tutti gli Stati membri sarebbero responsabili in solido con il Belgio se Mosca dovesse ottenere ragione da qualche tribunale sul sequestro e l’utilizzo dei suoi fondi.
Tribunale sui cui l’intervistata è scettica: «A quale tribunale si rivolgerebbe (Putin, ndr)? E quale tribunale deciderebbe, dopo le distruzioni causate in Ucraina, che i soldi debbano essere restituiti alla Russia senza che abbia pagato le riparazioni?». Qui l’alto rappresentante prefigura uno scenario, quello del pagamento delle riparazioni di guerra, che non ha molte chance di vedere realizzato.
All’intervistatore che chiede perché per finanziare la guerra non si usino gli eurobond, cioè un debito comune europeo, Kallas risponde: «Io ho sostenuto gli eurobond, ma c’è stato un chiaro blocco da parte dei Paesi Frugali, che hanno detto che non possono farlo approvare dai loro Parlamenti». È ovvio. La Germania e i suoi satelliti del Nord Europa non vogliano cedere su una questione sulla quale non hanno mai ceduto e per la quale, peraltro, occorre una modifica dei trattati su cui serve l’unanimità e la ratifica poi di tutti i parlamenti. Con il vento politico di destra che soffia in tutta Europa, con Afd oltre il 25% in Germania, è una opzione politicamente impraticabile. Dire eurobond significa gettare la palla in tribuna.
In merito all’adesione dell’Ucraina all’Unione europea già nel 2027, come vorrebbe il piano di pace americano, Kallas se la cava con lunghe perifrasi evitando di prendere posizione. Secondo l’estone, l’adesione all’Ue è una questione di merito e devono decidere gli Stati membri. Ma nel piano questo punto è importante e sembra difficile che venga accantonato.
Kallas poi reclama a gran voce un posto per l’Unione al tavolo della pace: «Il piano deve essere tra Russia e Ucraina. E quando si tratta dell’architettura di sicurezza europea, noi dobbiamo avere voce in capitolo. I confini non possono essere cambiati con la forza. Non ci dovrebbero essere concessioni territoriali né riconoscimento dell’occupazione». Ma lo stesso Zelensky sembra ormai convinto che almeno un referendum sulla questione del Donbass sia possibile. Insomma, Kallas resta oltranzista ma i fatti l’hanno già superata.
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Riduci
Carlo Messina all'inaugurazione dell'Anno Accademico della Luiss (Ansa)
La domanda è retorica, provocatoria e risuona in aula magna come un monito ad alzare lo sguardo, a non limitarsi a contare i droni e limare i mirini, perché la risposta è un’altra. «In Europa abbiamo più poveri e disuguaglianza di quelli che sono i rischi potenziali che derivano da una minaccia reale, e non percepita o teorica, di una guerra». Un discorso ecumenico, realistico, che evoca l’immagine dell’esercito più dolente e sfinito, quello di chi lotta per uscire dalla povertà. «Perché è vero che riguardo a welfare e democrazia non c’è al mondo luogo comparabile all’Europa, ma siamo deboli se investiamo sulla difesa e non contro la povertà e le disuguaglianze».
Le parole non scivolano via ma si fermano a suggerire riflessioni. Perché è importante che un finanziere - anzi colui che per il 2024 è stato premiato come banchiere europeo dell’anno - abbia un approccio sociale più solido e lungimirante delle istituzioni sovranazionali deputate. E lo dimostri proprio nelle settimane in cui sentiamo avvicinarsi i tamburi di Bruxelles con uscite guerrafondaie come «resisteremo più di Putin», «per la guerra non abbiamo fatto abbastanza» (Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera) o «se vogliamo evitare la guerra dobbiamo preparaci alla guerra», «dobbiamo produrre più armi, come abbiamo fatto con i vaccini» (Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea).
Una divergenza formidabile. La conferma plastica che l’Europa dei diritti, nella quale ogni minoranza possibile viene tutelata, si sta dimenticando di salvaguardare quelli dei cittadini comuni che alzandosi al mattino non hanno come priorità la misura dell’elmetto rispetto alla circonferenza cranica, ma il lavoro, la famiglia, il destino dei figli e la difesa dei valori primari. Il ceo di Banca Intesa ricorda che il suo gruppo ha destinato 1,5 miliardi per combattere la povertà, sottolinea che la grande forza del nostro Paese sta «nel formidabile mondo delle imprese e nel risparmio delle famiglie, senza eguali in Europa». E sprona le altre grandi aziende: «In Italia non possiamo aspettarci che faccia tutto il governo, se ci sono aziende che fanno utili potrebbero destinarne una parte per intervenire sulle disuguaglianze. Ogni azienda dovrebbe anche lavorare perché i salari vengano aumentati. Sono uno dei punti di debolezza del nostro Paese e aumentarli è una priorità strategica».
Con l’Europa Carlo Messina non ha finito. Parlando di imprenditoria e di catene di comando, coglie l’occasione per toccare in altro nervo scoperto, perfino più strutturale dell’innamoramento bellicista. «Se un’azienda fosse condotta con meccanismi di governance come quelli dell’Unione Europea fallirebbe». Un autentico missile Tomahawk diretto alla burocrazia continentale, a quei «nani di Zurigo» (copyright Woodrow Wilson) trasferitisi a Bruxelles. La spiegazione è evidente. «Per competere in un contesto globale serve un cambio di passo. Quella europea è una governance che non si vede in nessun Paese del mondo e in nessuna azienda. Perché è incapace di prendere decisioni rapide e quando le prende c’è lentezza nella realizzazione. Oppure non incidono realmente sulle cose che servono all’Europa».
Il banchiere è favorevole a un ministero dell’Economia unico e ritiene che il vincolo dell’unanimità debba essere tolto. «Abbiamo creato una banca centrale che gestisce la moneta di Paesi che devono decidere all’unanimità. Questo è uno degli aspetti drammatici». Ma per uno Stato sovrano che aderisce al club dei 27 è anche l’unica garanzia di non dover sottostare all’arroganza (già ampiamente sperimentata) di Francia e Germania, che trarrebbero vantaggi ancora più consistenti senza quel freno procedurale.
Il richiamo a efficienza e rapidità riguarda anche l’inadeguatezza del burosauro e riecheggia la famosa battuta di Franz Joseph Strauss: «I 10 comandamenti contengono 279 parole, la dichiarazione americana d’indipendenza 300, la disposizione Ue sull’importazione di caramelle esattamente 25.911». Un esempio di questa settimana. A causa della superfetazione di tavoli e di passaggi, l’accordo del Consiglio Affari interni Ue sui rimpatri dei migranti irregolari e sulla liceità degli hub in Paesi terzi (recepito anche dal Consiglio d’Europa) entrerà in vigore non fra 60 giorni o 6 mesi, ma se va bene fra un anno e mezzo. Campa cavallo.
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Luca Casarini. Nel riquadro, il manifesto abusivo comparso a Milano (Ansa)
Quando non è tra le onde, Casarini è nel mare di Internet, dove twitta. E pure parecchio. Dice la sua su qualsiasi cosa. Condivide i post dell’Osservatore romano e quelli di Ilaria Salis (del resto, tra i due, è difficile trovare delle differenze, a volte). Ma, soprattutto, attacca le norme del governo e dell’Unione europea in materia di immigrazione. Si sente Davide contro Golia. E lotta, invitando anche ad andare contro la legge. Quando, qualche giorno fa, è stata fermata la nave Humanity 1 (poi rimessa subito in mare dal tribunale di Agrigento) Casarini ha scritto: «Abbatteremo i vostri muri, taglieremo i fili spinati dei vostri campi di concentramento. Faremo fuggire gli innocenti che tenete prigionieri. È già successo nella Storia, succederà ancora. In mare come in terra. La disumanità non vincerà. Fatevene una ragione». Questa volta si sentiva Oskar Schindler, anche se poi va nei cortei pro Pal che inneggiano alla distruzione dello Stato di Israele.
Chi volesse approfondire il suo pensiero, poi, potrebbe andare a leggersi L’Unità del 10 dicembre scorso, il cui titolo è già un programma: Per salvare i migranti dobbiamo forzare le leggi. Nel testo, che risparmiamo al lettore, spiega come l’Ue si sia piegata a Giorgia Meloni e a Donald Trump in materia di immigrazione. I sovranisti (da quanto tempo non sentivamo più questo termine) stanno vincendo. Bisogna fare qualcosa. Bisogna reagire. Ribellarsi. Anche alle leggi. Il nostro, sempre attento ad essere politicamente corretto, se la prende pure con gli albanesi che vivono in un Paese «a metà tra un narcostato e un hub di riciclaggio delle mafie di mezzo mondo, retto da un “dandy” come Rama, più simile al Dandy della banda della Magliana che a quel G.B. Brummel che diede origine al termine». Casarini parla poi di «squadracce» che fanno sparire i migranti e di presunte «soluzioni finali» per questi ultimi. E auspica un modello alternativo, che crei «reti di protezione di migranti e rifugiati, per sottrarli alle future retate che peraltro avverranno in primis nei luoghi di “non accoglienza”, così scientificamente creati nelle nostre città da un programma di smantellamento dei servizi sociali, educativi e sanitari, che mostra oggi i suoi risultati nelle sacche di marginalità in aumento».
Detto, fatto. Qualcuno, in piazzale Cuoco a Milano, ha infatti pensato bene di affiggere dei manifesti anonimi con le indicazioni, per i migranti irregolari, su cosa fare per evitare di finire nei centri di permanenza per i rimpatri, i cosiddetti di Cpr. Nessuna sigla. Nessun contatto. Solo diverse lingue per diffondere il vademecum: l’italiano, certo, ma anche l’arabo e il bengalese in modo che chiunque passi di lì posa capire il messaggio e sfuggire alla legge. Ti bloccano per strada? Non far vedere il passaporto. Devi andare in questura? Presentati con un avvocato. Ti danno un documento di espulsione? Ci sono avvocati gratis (che in realtà pagano gli italiani con le loro tasse). E poi informazioni nel caso in cui qualcuno dovesse finire in un cpr: avrai un telefono, a volte senza videocamera. E ancora: «Se non hai il passaporto del tuo Paese prima di deportarti l’ambasciata ti deve riconoscere. Quindi se non capisci la lingua in cui ti parla non ti deportano. Se ti deportano la polizia italiana ti deve lasciare un foglio che spiega perché ti hanno deportato e quanto tempo deve passare prima di poter ritornare in Europa. È importante informarci e organizzarci insieme per resistere!».
Per Sara Kelany (Fdi), «dire che i Cpr sono “campi di deportazione” e “prigioni per persone senza documenti” è una mistificazione che non serve a tutelare i diritti ma a sostenere e incentivare l’immigrazione irregolare con tutti i rischi che ne conseguono. Nei Cpr vengono trattenuti migranti irregolari socialmente pericolosi, che hanno all’attivo condanne per reati anche molto gravi. Potrà dispiacere a qualche esponente della sinistra o a qualche attivista delle Ong - ogni riferimento a Casarini non è casuale - ma in Italia si rispettano le nostre leggi e non consentiamo a nessuno di aggirarle». Per Francesco Rocca (Fdi), si tratta di «un’affissione abusiva dallo sgradevole odore eversivo».
Casarini, da convertito, diffonde il verbo. Che non è quello che si è incarnato, ma quello che tutela l’immigrato.
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