The Donald: «Un esercito forte, per non usarlo». Zelensky prova a convincerlo: «Pace tramite la forza». Però sul campo le cose peggiorano. Erdogan e Macron pronti a lavorare alla tregua. Tajani: «Positiva un’iniziativa degli Usa». Ma l’Ue tiene su l’elmetto.
The Donald: «Un esercito forte, per non usarlo». Zelensky prova a convincerlo: «Pace tramite la forza». Però sul campo le cose peggiorano. Erdogan e Macron pronti a lavorare alla tregua. Tajani: «Positiva un’iniziativa degli Usa». Ma l’Ue tiene su l’elmetto.Vladimir Putin non si è congratulato pubblicamente col vincitore delle elezioni americane. Lo avrebbe fatto, secondo fonti russe, «in modo non ufficiale». D’altronde, non ha bisogno di un Donald Trump alla Casa Bianca per assicurarsi una via d’uscita onorevole dalle trincee ucraine. Il tycoon già aveva giurato: metterò fine al conflitto in un giorno. Nel discorso per celebrare il suo trionfo, ieri, il repubblicano ha promesso: «Non inizierò guerre; le farò terminare».L’idea del quarantasettesimo presidente eletto è di mantenere «un vasto e potente esercito, che auspicabilmente non avremo bisogno di utilizzare». Su X, Volodymyr Zelensky lo ha chiamato l’approccio della «pace attraverso la forza», osservando che è «esattamente il principio che può avvicinare una pace giusta in Ucraina». La stessa formula utilizzata da Mark Rutte, il nuovo segretario della Nato, nonché uno dei pochi ex capi di governo europei ad aver allacciato un buon rapporto personale con Trump.La reazione russa all’esito del voto Usa è stata cautamente ottimista. A sbilanciarsi più di tutti Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri. Pur senza fare il nome di The Donald, su Telegram la funzionaria di Mosca ha commentato così il verdetto delle urne: «Vince chi vive di amore per il proprio Paese e non di odio verso gli stranieri». Poi il dicastero ha corretto il tiro: «Le nostre condizioni non sono cambiate», resta l’impegno a «raggiungere tutti gli obiettivi» bellici. Dmitry Peskov, per conto del Cremlino, ha confermato che «gli Usa sono in grado di contribuire alla fine del conflitto» in Ucraina, ma ciò «non può essere fatto dall’oggi al domani» e Washington deve «cambiare traiettoria» politica. Pittoresco, al solito, il numero due del Consiglio di sicurezza di Putin, Dmitri Medvedev: «Trump ha una qualità che ci è utile», ha scritto. «Essendo un uomo d’affari fino al midollo, è mortalmente avverso a spendere soldi per vari tirapiedi e accoliti, per alleati idioti… La domanda è quanto sarà costretto a dare per la guerra».A Kiev temono che darà poco o niente. Ma abbozzano. Zelensky, maestro del buon viso a cattivo gioco, ha salutato la «vittoria impressionante» del miliardario newyorkese e ha ricordato l’incontro con lui a settembre negli Usa, «quando abbiamo discusso in dettaglio la partnership strategica Ucraina-Usa, il piano per la vittoria e i modi per porre fine all’aggressione russa». Solo che il piano di Trump va in un’altra direzione. I dettagli più recenti li ha svelati a fine ottobre il Financial Times: il futuro presidente americano vorrebbe consegnare le zone occupate a Putin, pur senza riconoscere la sovranità russa su quelle regioni. Quindi, rinvierebbe i negoziati al momento in cui Mad Vlad uscirà dal Cremlino. Farebbe istituire «regioni autonome ai lati di una zona demilitarizzata» e metterebbe «Kiev in un limbo diplomatico». Lasciandola, almeno per ora, «fuori dalla Nato». Con quali garanzie di difesa? È forte il sospetto che la patata bollente passerebbe ai membri europei del Patto atlantico. Pace giusta? Compromesso al ribasso? Realismo, semmai. Sempre meglio che combattere fino all’ultimo ucraino. Tocca fotografare la situazione sul campo: i russi continuano ad avanzare nel Donetsk; gli ucraini sono alle corde nell’Est e col fiato corto nel Kursk, dove, a dar retta ai numeri del ministero della Difesa di Mosca, avrebbero perso oltre 30.000 soldati. E a proposito dell’ardita operazione in territorio nemico, ieri, su X, sono partite le accuse di una deputata della Verchovna Rada, ex esponente del partito di Zelensky e delegata al parlamentino Nato, nei confronti del generale Oleksandr Syrsky: fingendo di aver compiuto la sua missione, ha denunciato Maryana Bezuhla, il capo delle forze armate starebbe in realtà preparando la ritirata dagli oblast russi. Magra consolazione: per la prima volta, gli ucraini hanno colpito con i droni le navi degli aggressori nel Mar Caspio. Zelensky è tornato, intanto, sul coinvolgimento delle truppe nordcoreane, tra cui si registrerebbero già molte perdite. «Nuova pagina di instabilità», per cui occorre una «reazione forte». Difficile basti per scucire miliardi in armi e munizioni a Trump. Il successo del tycoon ha ridato linfa a chi non intende sostenere Kiev «finché sarà necessario». Tipo Recep Erdogan, levantino in tutti i sensi della parola: il sultano, alla testa del secondo esercito Nato, ha presentato le congratulazioni all’«amico Donald Trump», auspicando «che le crisi regionali e globali e le guerre, specialmente la questione palestinese e la guerra tra Russia e Ucraina, arrivino a una fine». In Italia, l’esito delle presidenziali Usa ha caricato la Lega: «Conto che l’arrivo dei repubblicani al governo degli Stati Uniti porti alla fine dei due conflitti», nell’Est e in Medio Oriente, si è augurato Matteo Salvini. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha tirato una frecciatina: la vittoria di Trump è «una brutta notizia per chi vuole una guerra infinita». Antonio Tajani, titolare della Farnesina, ha espresso un desiderio: «Che si possa arrivare a una conferenza di pace per l’Ucraina». Se la Casa Bianca spingerà «di più per questo sarà un fatto positivo». Emmanuel Macron voleva spedire francesi al fronte; ieri ha parlato con Trump e gli ha annunciato che lavorerà con lui per riportare la pace in Ucraina e in Medio Oriente.A Bruxelles, invece, faticano a togliere gli elmetti. Dalla Commissione hanno sottolineato che «un’Ucraina forte e sovrana» è nell’interesse sia degli Usa sia dell’Ue. Josep Borrell, Alto rappresentante uscente socialista, su X ha espresso preoccupazioni per gli effetti del ritorno di Trump a Washington su «tutte le regioni del mondo, comprese l’Ucraina e il Medio Oriente». Olaf Scholz, cancelliere tedesco, ha insistito: «Tutti i Paesi Ue hanno assunto più responsabilità per la sicurezza dell’Europa, il sostegno all’Ucraina e l’indipendenza» energetica da Mosca. Dunque? Suppliremo noi al prevedibile disimpegno americano? Farlo in termini militari sarebbe impossibile. Farlo in termini monetari sarebbe un salasso. Cosa ne pensino i cittadini dovrebbe essere ormai chiaro: per l’estate 2025, vorrebbero la pace e anche il condizionatore.
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