«Amareggiato per Landini. Non condanna la violenza, mi aspettavo le sue scuse»

Non sono bastati quattro giorni, una conferenza stampa dove si parlava di emergenza salariale e l’ennesima intervista alla «Stampa» per scusarsi. Maurizio Landini non ne vuol sapere di prendere le distanze dall’aggressione denunciata dai vertici della Uil e dalle vittime, i sindacalisti presi a calci e pugni da pseudo colleghi della Fiom venerdì a Genova. E anche nella paginata «concessa» dalla testata del gruppo Gedi, il segretario che parla di «rivolta sociale» mentre scende in piazza per la pace a Kiev e in Medio Oriente ha detto la sua su tutto, tranne che sui fatti di cronaca che hanno visto come protagonista la Cgil.
Tema cruciale: la nuova puntata di una saga che ormai è venuta a noia anche ai diretti interessati, lo sciopero generale contro il governo di centrodestra. Appuntamento per il 12 dicembre. La manovra è una scusa che viene buona per dire peste e corna di Meloni & C. Si parla di drenaggio fiscale (sale la pressione fiscale a causa dell’inflazione in presenza di aliquote crescenti), pensioni, precari, sanità e patrimoniale. Insomma, un bel pot-pourri di tutti gli ever green della casa. E poco importa al segretario leader dei talk show che alcuni dei suoi temi caldi siano stati ampiamente confutati. Basta ripeterli e alle orecchie di chi ama sentirli diventano veri.
Il problema è che una buona parte del Paese avrebbe voluto sentire anche parole diverse da Landini. Poche, ma decise. Sarebbe bastato chiedere scusa per i fattacci di venerdì mattina. Per l’inseguimento durato un chilometro di una ventina di sindacalisti con le felpe della Fiom che hanno poi menato almeno due colleghi della Uilm, colpevoli di non aver partecipato a un altro sciopero, quello dei metalmeccanici che aveva come epicentro l’ex Ilva. Insomma, il minimo sindacale. E invece niente.
Le scuse se le sarebbe aspettate anche il segretario generale della Uilm ligure, Luigi Pinasco (dimesso con 10 giorni di prognosi dopo i colpi ricevuti sul capo) che nell’aggressione di venerdì scorso le ha prese insieme al segretario organizzativo Claudio Cabras (dimesso poco dopo con 7 giorni di prognosi, in seguito ai colpi ricevuti alla gamba). «Sono amareggiato e deluso per le mancate scuse e la mancata presa di distanza del segretario della Cgil», evidenzia Pinasco alla Verità, «io sono pronto a fare qualsiasi battaglia per conservare anche un singolo posto di lavoro e non nutro astio verso i miei aggressori, ma credo che la violenza vada sempre condannata. E soprattutto che vada condannata da chi ha un ruolo di rappresentanza così importante. È un esempio che va dato».
Anche perché da qualcun altro le scuse sono arrivate. «Guardi», continua, «a livello locale i colleghi della Fiom che lavorano in altre fabbriche mi hanno mostrato la loro solidarietà e hanno evidenziato tutto il loro disappunto per quello che è successo all’assemblea dell’ex Ilva lo scorso venerdì mattina. Poi però nessuno ha intenzione di esporsi in modo ufficiale perché evidentemente teme ritorsioni». C’è un brutto clima a Genova e in tanti danno la colpa agli esponenti di Lotta Comunista che in alcuni stabilimenti locali fanno il bello e il cattivo tempo. E non da adesso.
«Devo essere sincero», prosegue, «qui la contrapposizione sul diverso modo di affrontare le battaglie in fabbrica è alta, ma mai avrei pensato che saremmo arrivati a questo livello. Lotta Comunista? Io non so che tessere politiche abbiano in tasca i lavoratori, ma di sicuro certi circoli e movimenti in città sono ben radicati. E proprio per questo un invito alla calma in più non farebbe male».
Così come gesti di distensione servirebbero anche dalla politica locale. Non è un mistero, per esempio, che nella manifestazione dei metalmeccanici di giovedì, quella che ha visto come protagoniste Cgil e Cisl, ma non la Uil, l’intervento rassicurante del governatore Marco Bucci abbia avuto un effetto calmante.
«Non lo so», continua Pinasco, «credo però che quella dell’ex Ilva sia una questione molto complessa e che possa trovare delle soluzioni idonee solo a livello nazionale. Nulla contro il sindaco Salis e il governatore Bucci, ci mancherebbe, ma ci andrei piano con le promesse di salvataggio per Genova perché se poi non si avverano si rischia di accendere gli animi ancor di più. E in questo momento non ne sentiamo il bisogno».






