2019-08-17
Trump punta a dominare l’area dell’Artico
Il progetto di acquistare la Groenlandia scatena le ironie in mezzo mondo, ma il presidente Usa ha un piano ben preciso: aprire nuove rotte commerciali, proteggere il fianco orientale e rafforzare la presenza militare in una delle aree più strategiche del globo.Donald Trump vuole comprarsi la Groenlandia. Ha suscitato risate e sfottò nel mondo liberal l'ultima idea del presidente degli Stati Uniti rivelata ieri dal Wall Street Journal. In realtà, non si tratta di una delle provocazioni alle quali il capo della Casa Bianca ci ha abituato da ben prima della sua discesa in campo . C'è un piano e la chiave di lettura è guardare il mondo dall'alto: la Groenlandia, regione autogestita dalla Danimarca e popolata da inuit per l'88%, con minoranze di danesi e mezzosangue, permette di dominare un pezzo di mondo dove Stati Uniti, Cina e Russia sono a pochi chilometri di distanza gli uni dagli altri: l'Artico.Lo scioglimento dei ghiacci e i progressi tecnologici stanno facendo dell'Artico, che possiede il 30% delle riserve naturali globali e il 40% delle riserve mondiali di petrolio e gas, una frontiera aperta, diventata un teatro del confronto tra potenze. Basti dire che, visto che il ghiaccio non ostacola più le rotte polari, un anno fa il colosso danese Maersk Line, la più grande compagnia mondiale del trasporto marittimo, ha lanciato il primo supercargo portacontainer su una rotta artica nel Nord della Russia: una valida e innovativa alternativa al Canale di Suez con distanze dimezzate.Il Wall Street Journal racconta che il presidente ha parlato «più volte», in diverse occasioni e «con diversi gradi di serietà», ai propri consiglieri dell'idea. Avrebbe addirittura consultato l'avvocato della Casa Bianca per valutare come presentare un'offerta, le cui dimensioni economiche non sono note, al governo danese. L'idea sarebbe nata da un collaboratore di Trump, che ha spiegato al presidente delle difficoltà della Danimarca a finanziare il sussidio annuale che invia alla Groenlandia, circa 457 milioni di euro. L'indiscrezione arriva nei giorni in cui Trump sta preparando la sua prima visita di Stato in Danimarca, prevista per il 2 e il 3 settembre. Lì incontrerà il primo ministro, la socialdemocratica Mette Frederiksen, e parteciperà a una cena di Stato ospitata dalla regina Margrethe II. Nel corso della due giorni in Danimarca, si parlerà anche di Groenlandia, dove gli Stati Uniti hanno alcune basi militari e stazioni meteorologiche sin dalla seconda guerra mondiale. E fu nel 1946 che l'allora presidente degli Stati Uniti Harry Truman provò la stessa mossa che oggi Trump sta valutando: per acquistare l'isola propose alla Danimarca 100 milioni. L'offerta di Truman venne rifiutata; quella di Trump, invece, è stata letta come una provocazione da Lars Lokke Rasmussen, primo ministro fino a giugno e ora a capo dell'opposizione in Danimarca. Dalla Groenlandia, una timida apertura: «Siamo disponibili a fare affari, ma non siamo in vendita», ha commentato alla Reuters il ministro degli Esteri Ane Lone Bagger, confermando la linea groenlandese per cui gli investimenti economici non possono trascendere in acquisizioni strategiche.Con il piano per la Groenlandia, Trump lascerebbe agli Stati Uniti un'eredità pari all'acquisto nel 1867 dalla Russia dell'Alaska, diventata poi nel 1959, sotto Dwight Eisenhower, il 49° Stato della federazione. E un esempio di affare simile tra Washington e Copenaghen c'è: è datato 1917, quando Woodrow Wilson acquistò le Indie occidentali danesi, dal 1752 colonie danesi, per 25 milioni di dollari, rinominandole Isole vergini degli Stati Uniti.Risorse naturali ( ferro, gas e petrolio ma anche uranio, zinco, oro, rame, diamanti, titanio, piombo e l'ambitissimo minerale criolite) e geopolitica delle rotte artiche sono i due elementi che stanno alla base delle mire statunitensi sull'isola più grande al mondo, grande dieci volte la Gran Bretagna, ma abitata da appena 60.000 persone. La Groenlandia, «propaggine estrema del Nordamerica, appartiene tuttora alla Danimarca, in apparente violazione della dottrina Monroe», come scrive l'analista Dario Fabbri, è al centro del primo volume del 2019 della rivista di geopolitica Limes, intitolato La febbre dell'Artico. Fabbri sottolineava che in caso di scontro per l'egemonia nel Polo Nord l'isola sarebbe costretta a «a rinunciare all'immaginaria descrizione di sé stessa, a diventare provincia di una delle principali potenze planetarie. Come capitato durante la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti se ne approprierebbero, per impedire che russi o cinesi facciano altrettanto, per proteggere il loro fianco orientale».Lo scontro per la Groenlandia, piattaforma dalla quale si possono controllare eventuali attacchi balistici lungo il circolo polare, anticipare i movimenti marittimi nel Grande Nord, e studiare i cambiamenti climatici, è già in atto, come illustrava sempre Fabbri su Limes: «Gli americani si limitano a gestire la settentrionale base (militare, ndr) di Thule, i cinesi provano senza successo a tradurre la loro presenza economica in rendita strategica, mentre i russi mancano delle necessarie capacità marittime per sostanziare le loro velleitarie mire».Trump sa di poter contare sull'atteggiamento filoccidentale e pro Nato della popolazione groenlandese. E l'apertura, che Limes definisce «indiscriminata», alle grandi multinazionali rischia di generare in Groenlandia «una maggiore richiesta di protezione agli Stati Uniti». Come rivelato dai cablo pubblicati da Wikileaks, già dal 2009 Washington punta a rafforzare la presenza militare, aumentare gli investimenti commerciali e aprire una legazione a Nuuk. Ora il presidente punta ancora più in alto.
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