2019-08-31
Trump non è come Hitler, parola di supereroi
La Marvel rifiuta un saggio di Art Spiegelman che attacca il presidente degli Usa: «Un Teschio arancione perseguita l'America». L'autore di Maus parla di censura. Ma è un'accusa che non regge: il mondo dei fumetti è colonizzato dal politicamente corretto.È di qualche giorno fa la notizia che nel nuovo film di supereroi della Marvel, The Eternals, in uscita nel 2020, ci sarà di primo supereroe apertamente omosessuale. Il capo degli studios della Marvel, Kevin Feige, ha spiegato che «in Eternals ci sarà il primo personaggio apertamente gay del Marvel cinematic universe. È sposato e ha una famiglia e questo è parte di quello che lui è». È solo l'ultimo capitolo di una colonizzazione dell'universo dei fumetti e del relativo immaginario cinematografico da parte del politicamente corretto. Che i comics siano «fascisti», insomma, non lo si può proprio dire, né sembra che la loro linea editoriale sia pensata per fare propaganda trumpiana. Eppure è proprio questo il messaggio che si cerca di far passare in seguito a un incidente diplomatico che sta agitando il mondo delle strisce animate. Galeotto fu il saggio che Marvel comics ha chiesto e poi rifiutato al celebre fumettista Art Spiegelman - Premio Pulitzer nel 1992 con il graphic novel Maus - come introduzione al volume Marvel: The golden Age 1939-1949, una antologia in uscita a settembre per Folio Society dedicata ai fumetti degli anni Trenta e fino ai primi Cinquanta. Nel testo, Spiegelman (nato a Stoccolma nel 1948 da due genitori ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz) non si è limitato a ricostruire filologicamente il contesto in cui prosperò la Golden age dei fumetti americani presa in considerazione dall'antologia, ma ha anche dedicato qualche accenno all'attualità. Una frase, in particolare, ha creato la querelle, poi risolta con il rifiuto del saggio. Si tratta di questa: «Nel mondo fin troppo reale di oggi, il cattivo peggiore delle storie di Capitan America, il Teschio rosso, vive sullo schermo e un Teschio arancione perseguita l'America». Al lettore italiano, il riferimento potrà forse sfuggire, ma per gli americani non c'è bisogno di specificare chi sia quell'Orange skull. Si parla, ovviamente, di Donald Trump, universalmente identificato dal suo acceso colore di capelli, l'arancione appunto. Teschio rosso, Red skull, è uno dei più noti villain Marvel creato da Joe Simon e Jack Kirby nel 1941. La storia del personaggio è emblematica: adolescente psicopatico e cameriere in un hotel di lusso, un giorno servì Adolf Hitler mentre quest'ultimo stava discutendo con un generale della Gestapo, affermando di poter trasformare chiunque, persino quel cameriere, nel Superuomo nazista. Fu quindi addestrato da Hitler in persona, per poi diventare un genio del male con il nome di Teschio rosso, per via della maschera indossata. Per Spiegelman, insomma, Trump è una specie di figlioccio di Hitler. Marvel ha però rifiutato il testo, chiarendo di voler «restare apolitica». Spiegelman ha raccontato la vicenda in un lungo testo uscito sul Guardian e che sarà pubblicato in italiano nel numero della Lettura del Corriere della Sera in edicola domani, sotto l'eloquente titolo «Censura arancione». Nel testo, l'autore di Maus ricostruisce la storia «sporca» del fumetto americano, considerato inizialmente un sottogenere per ragazzi o per adulti con qualche rotella fuori posto. Spiegelman insiste molto sul ruolo degli autori ebrei: i primi creatori dei comics, scrive, erano «i più vulnerabili alle devastazioni della Grande depressione e particolarmente sensibili all'ascesa del virulento antisemitismo in Germania. Crearono gli Übermenschen, superuomini, americani che combattevano per una nazione che, almeno nominalmente, accoglieva “le vostre stanche, povere, accalcate masse, desiderose di respirare liberamente"». Finita la Seconda guerra mondiale, e con essa la sbornia nazionalistica e antinazista, irruppe nella società americana il disincanto, insieme a nuovi nemici e a nuove paure. L'età dell'oro era finita. Eppure i meccanismi messi in moto da quei fumetti pionieristici non sono scomparsi, anzi. Ed è qui che Spiegelman si lascia andare: «Nel mondo fin troppo reale di oggi, il cattivo peggiore delle storie di Capitan America, il Teschio rosso, vive sullo schermo e un Teschio arancione perseguita l'America. Il fascismo incombe di nuovo sul mondo (quanto velocemente dimentichiamo, noi umani - studiate a fondo questi fumetti dell'età dell'oro, ragazze e ragazzi!) e gli scossoni che hanno seguito il crollo economico globale del 2008 hanno contribuito a portarci a un punto in cui il pianeta stesso sembra stia per collassare. L'Armageddon appare in qualche modo plausibile». È questo il passaggio incriminato. Secondo Spiegelman, la colpa sarebbe del boss della Marvel, Isaac «Ike» Perlmutter, amico e finanziatore di Trump. La questione è ovviamente delicata: dove finisce la censura e dove inizia il diritto di un editore di rifiutare un discorso politico iperbolico e radicale? L'accusa a Trump di essere una sorta di nuovo Hitler è grottesca, ma è anche poco originale. La reductio ad hitlerum ha una lunga storia e la si deve, peraltro, a un altro ebreo rifugiatosi negli States, ovvero il filosofo Leo Strauss. Di sicuro c'è che, decidendo di affidare l'introduzione ad Art Spiegelman, la Marvel ha accettato anche la sua politicizzazione mai nascosta. Ma va anche detto che, se la Marvel ha deciso davvero di fare propaganda trumpiana e conservatrice, beh, finora non è stata molto efficace. Abbiamo già detto del prossimo supereroe gay e sposato, ma come dimenticare l'eroe africano Black Panther, per i cui albi Marvel ha chiesto aiuto persino a Ta-Nehisi Coates, scrittore vicino al movimento del Black lives matter e critico feroce dell'America bianca? E come scordare lo Spider Man in versione afroamericana che Axel Alonso della Marvel volle creare per omaggiare l'elezione a presidente americano di Barack Obama? Poi ci sono la supereroina Kamala Khana, adolescente americana di origini pakistane e musulmana, o Zephyr, che nella vita di tutti i giorni è una donna sovrappeso. Insomma, non esiste settore più politicizzato (da sinistra) che quello che riguarda i supereroi. È una tendenza di lunga data e troppe volte ribadita affinché una sola introduzione rifiutata possa far parlare di una genuflessione dei comics a Trump. Infine, una notazione storica: Spiegelman parla della campagna anti fumetti degli anni Cinquanta, in cui la presunta cattiva influenza degli albi sui giovani portò la politica a indire vere e proprie crociate, con tanto di roghi. Da noi la cosa più simile a questa si ebbe invece negli anni Ottanta, quando sbarcarono gli anime giapponesi. Per dimostrare che corrompessero i giovani, si arrivò a denunciare «l'orgia della violenza annientatrice, il culto della delega al grande combattente, la religione delle macchine elettroniche, il rifiuto viscerale del “diverso"» che esprimevano. A vergare queste parole era Silverio Corvisieri, deputato di Democrazia proletaria, e a ospitarle era un quotidiano dal nome La Repubblica.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».