2018-08-05
Trump guarda con sospetto il primo drone terrestre europeo realizzato dai Paesi baltici
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Estonia, Lettonia e Finlandia svilupperanno il nuovo strumento semiautonomo per i soldati di terra con i contributi e sotto il cappello dell'Ue. Usa spiazzati: temono l'adesione di Germania e Francia all'iniziativa ma chiedono da tempo agli alleati Nato più contributi e impegno.Estonia, Lettonia e Finlandia hanno annunciato giovedì di voler sviluppare droni terrestri nell'ambito della cooperazione militare per la difesa europea (Pesco). Per il progetto (che dovrebbe partire all'inizio del 2019), il Fondo europeo di difesa ha stanziato tra i 30 e i 40 milioni di euro, mentre ciascuno dei tre Paesi baltici effettuerà ulteriori contributi per proprio conto. Ma non è tutto. I partecipanti al progetto potrebbero ben presto aumentare, dal momento che Germania, Francia e Belgio potrebbero aderire all'iniziativa. Una possibilità nei cui confronti i tre Paesi baltici hanno dato disponibilità. Sotto il profilo tecnico, lo strumento progettato dovrebbe configurarsi come un aiuto semiautonomo per i soldati di terra, in grado di ridurre il carico trasportato. Senza poi trascurare che il progetto svilupperebbe un sistema di controllo autonomo, una soluzione di difesa informatica e una rete integrata di sensori. Come detto, questo ambizioso obiettivo militare sarà attuato sotto l'ombrello di Pesco, una realtà avviata nel 2017 e finalizzata a creare un sistema di difesa europeo coordinato. Non a caso, venne costituita in un periodo non poco travagliato per l'Unione europea. Dalla Brexit al neoisolazionismo statunitense, passando per gli effetti della crisi economico-finanziaria: tutti elementi che avrebbero pesato non poco sulla decisione di costituire Pesco. Il punto è che questa iniziativa non sia stata troppo apprezzata dalle parti di Washington. Se nei primi anni Duemila (nel corso della presidenza di George W. Bush) gli Stati Uniti premevano affinché l'Europa divenisse più autonoma nello sviluppo di una propria difesa, ultimamente le cose sembrano cambiate. Nonostante un iniziale appoggio al fondo da parte della Nato e delle alte sfere di Washington, negli ultimi mesi il clima è mutato. Lo Zio Sam ha iniziato infatti a temere che Pesco possa in qualche modo rivelarsi una fonte di indebolimento in seno alla stessa alleanza atlantica. Non a caso, lo scorso febbraio, l'ambasciatore statunitense alla Nato, Kay Bailey Hutchison, ha espresso una certa preoccupazione sul fatto che il fondo possa essere il risultato di una strategia europea di natura protezionista. Anche il Pentagono ha voluto sottolineare la necessità di mantenere uno stretto collegamento tra Pesco e la Nato: una linea ribadita anche dal segretario generale dell'alleanza, Jens Stoltenberg, e soprattutto dalla Polonia, che teme un indebolimento della Nato a favore della Russia. Il presidente americano Donald Trump, dal canto suo, resta, per così dire, preso nel mezzo. Sul fronte commerciale, è chiaro che le accuse di protezionismo all'Europa non possano lasciarlo troppo tranquillo. In particolare, il fatto che un Paese a lui ostile come la Germania possa prendere parte all'iniziativa del drone terrestre non è certamente qualcosa che lo renda troppo felice. Dall'altra parte, è pur vero che la sua linea geopolitica tendenzialmente isolazionista non risulti troppo in contraddizione con gli intenti di Pesco. Non è un mistero che il magnate consideri la Nato un'istituzione onerosa e obsoleta. Come non è un mistero che, da tempo, chieda agli alleati europei contributi maggiori e un incremento di autonomia sul fronte della difesa. Senza poi dimenticare la questione dei delicatissimi rapporti tra la Casa Bianca e il Cremlino. In questo senso, un'Europa più indipendente potrebbe ai suoi occhi rivelarsi un fattore non poi così negativo per la dottrina dell'America First. Che questo possa poi rivelarsi fonte di nuovi attriti tra Trump e l'establishment di Washington è un altro discorso.
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