2024-12-11
Dai Fratelli musulmani un blitz contro Trump
Nel primo mandato il tycoon non fu affatto tenero con l’organizzazione islamista «amica» dei dem, che ha sfruttato la transizione negli Usa e la debolezza iraniana per agire in Siria. Uno sgambetto che rischia di complicare il ripristino degli Accordi di Abramo.La caduta di Bashar al Assad rappresenta senza dubbio una vittoria per i Fratelli musulmani e per i loro principali sponsor: Turchia e Qatar. D’altronde, il gruppo islamista che ha guidato l’offensiva siriana, Tahrir al-Sham, ha storicamente ambigui rapporti sia con Ankara che con Doha. Non solo. Hamas e il ramo libanese della Fratellanza hanno espresso soddisfazione per la caduta del regime di Assad. Era inoltre metà novembre, cioè pochi giorni prima dell’avvio dell’offensiva siriana, quando l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, era stato ricevuto da Recep Tayyip Erdogan: nell’occasione, i due leader avevano siglato accordi in vari settori, tra cui quello della difesa.Guarda caso, a seguito del crollo del dittatore siriano, Doha ha espresso un «rinnovato interesse» nel rilanciare i colloqui tra Israele e Hamas. Più o meno contemporaneamente, la Turchia ha messo nel mirino i curdi: l’Esercito nazionale siriano, storicamente spalleggiato da Ankara, ha infatti sottratto alle forze del Pkk la città di Manbij, situata nella parte settentrionale della Siria. D’altronde, sia la Turchia che il Qatar hanno fatto capire, tra le righe, di voler avere voce in capitolo sul futuro assetto del Paese.Insomma, un primo elemento è possibile stabilirlo con certezza. Gli sponsor della Fratellanza musulmana si sono riposizionati geopoliticamente. Negli scorsi anni, Qatar e Turchia si erano notevolmente avvicinati all’Iran, che era a sua volta il principale alleato mediorientale di Assad. Non solo. L’Iran ha anche ampiamente foraggiato Hamas e la Jihad islamica. Ricordiamo inoltre che Doha ha cercato di mediare tra Washington e Teheran per rilanciare il controverso accordo sul nucleare iraniano.Poi però si è aperta una finestra di opportunità: la decapitazione dei proxy iraniani da parte di Israele e il coinvolgimento russo in Ucraina hanno portato Qatar e Turchia ad agire. Approfittando della debolezza degli ayatollah, hanno de facto sferrato un colpo mortale al regime di Assad. Senza poi trascurare un ulteriore elemento: Turchia e Qatar hanno probabilmente agito adesso, tenendo in considerazione la transizione presidenziale americana. Durante il primo mandato, Donald Trump non fu affatto tenero nei confronti della Fratellanza musulmana, a cui tendono invece maggiormente ad appoggiarsi i democratici americani. È quindi possibile che il blitz sia stato volutamente condotto a poche settimane dall’insediamento del nuovo presidente. Ed è qui che arriviamo all’incognita. Trump, è noto, vuole ripristinare gli Accordi di Abramo. Come si intersecherà questo obiettivo con il rafforzamento della Fratellanza? Il quadro è complesso. Da una parte, la caduta di Assad ha debilitato ulteriormente l’Iran e la debolezza iraniana fa gioco ad americani, sauditi e israeliani. Non è d’altronde un mistero che Teheran abbia sempre avversato gli Accordi di Abramo. Senza trascurare che il crollo del regime siriano rappresenta un rafforzamento della sicurezza per lo Stato ebraico. Una circostanza, questa, che, almeno potenzialmente, avvicina Israele alla Turchia. Infine, ma non meno importante, Trump potrebbe decidere di giocare di sponda con Erdogan e Vladimir Putin, mediando un nuovo bilanciamento d’influenza tra i due in Siria ed evitando così di restare direttamente invischiato in questo scacchiere.Dall’altra parte, la strada appare in salita. Il nuovo regime siriano rappresenta una rilevante incognita per Gerusalemme. Proprio ieri, un funzionario israeliano, parlando al Times of Israel, ha espresso preoccupazione per l’attuale governo di Damasco, auspicando che la Siria diventi una «federazione di regioni etniche autonome». Inoltre, come detto, Hamas ha plaudito al crollo di Assad. Per di più, nelle scorse ore, Turchia e Qatar hanno criticato Israele per la sua avanzata militare all’interno del territorio siriano. Un ulteriore tema riguarda poi Arabia Saudita, Emirati arabi ed Egitto. I governi di questi tre Paesi temono notoriamente la Fratellanza musulmana. E fu proprio su questo terzetto che Trump, durante il primo mandato, impostò gran parte della sua strategia inerente al Mediterraneo allargato. Si trattò di una netta presa di distanza dall’amministrazione Obama che, nel 2011, aveva di fatto dato la propria benedizione alle cosiddette «primavere arabe»: sommovimenti che, nonostante fossero presentati come in gran parte liberaldemocratici, erano invece fomentati proprio dalla Fratellanza. È anche alla luce di questi elementi che la caduta di Assad potrebbe avere delle ripercussioni in Tunisia e Libia: Ennahda, il partito avverso al presidente tunisino Kais Saied, è storicamente legato ai Fratelli musulmani, mentre il governo di Tripoli gode del sostegno di Ankara. Per questo sarebbe utile monitorare la situazione in Nord Africa nelle prossime cinque settimane. Chissà che non accada qualcosa prima che Trump s’insedi.A tutto questo vanno aggiunti i malumori del Partito repubblicano americano, che alla Fratellanza musulmana è storicamente ostile. Il vicepresidente in pectore, JD Vance, ha affermato che molti dei ribelli siriani sono di fatto jihadisti. Inoltre, uno dei principali alleati di Trump al Congresso, il senatore repubblicano Lindsey Graham, ha minacciato sanzioni alla Turchia per le operazioni militari che stanno colpendo i curdi in Siria. Insomma, è chiaro che la principale incognita per Trump sarà quella del suo rapporto con Erdogan. Uniti dalla promozione dell’indebolimento iraniano, divisi dalla Fratellanza musulmana. Riuscirà il tycoon a cooptare il sultano negli Accordi di Abramo? Oppure i due si avvieranno allo scontro?
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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