
Quasi tutta la vecchia classe dirigente tende a ridurre la misura del benessere ai numeri del Pil. Dietro le mosse del presidente c'è la confusa consapevolezza che questo non basta: un Paese sconvolto da droga e suicidi reclama più peso per famiglia e legami.Una recente uscita del neosenatore Usa ed ex candidato presidenziale repubblicano Mitt Romney contro Donald Trump, definito non all'altezza di essere presidente, è stata riferita dalla solita stampa nostrana come la prova che anche il Partito repubblicano è contro le mattane di The Donald, uno dei tipici bersagli facili degli ambienti benpensanti mondiali. Forse però il torto di questi ambienti è anche più grave, come spiega Tucker Carlson, un accreditato editorialista televisivo americano (anche se ignorato da noi, dove si crede, sbagliando, che il dualismo americano democratici-repubblicani sia sinonimo di sinistra-destra). Carlson esordisce notando come Romney lodi Trump unicamente per aver tagliato le tasse alle grandi imprese. A ragion veduta, dato che Romney è diventato ricco lavorando per ditte specializzate in questa strategia: rilevano una società, la spolpano, tagliano i costi licenziando dipendenti e lasciandoli a volte persino senza pensione, infine la chiudono o la lasciano in bancarotta. La classe dirigente americana, commenta Carlson, non vede nulla di male in questo modello di private equity. La maggior parte della gente però sì, e non solo in America. In diversi Paesi la gente vota candidati politici e sostiene idee inimmaginabili sino a dieci anni fa: Trump è riuscito a intercettare questo tipo di malcontento. Ma a un certo punto sia Trump sia tutti gli altri non ci saranno più: il Paese invece resterà. E che tipo di Paese, si chiede Carlson, vogliamo lasciare ai nostri nipoti? Come vogliamo che sia il loro modo di vita? Finora la risposta sembrava ovvia: lo scopo degli americani era più prosperità, ossia diventare consumatori di più beni a costi inferiori. Ma siamo sicuri che iPhone più economici o più consegne di Amazon con imballi di plastica cinese ci renderanno più felici? Un sacco di americani è sommerso di cose inutili; droga e suicidi stanno spopolando gli Usa. Chi crede che il benessere di un Paese si misuri col Prodotto interno lordo è un idiota, accusa Carlson. Lo scopo degli americani dovrebbe piuttosto essere la felicità. La quale ha molti ingredienti. Dignità. Obiettivi da raggiungere. Dominio di sé. Indipendenza. Ma innanzitutto relazioni sane e profonde con gli altri. Queste sono le cose che dovremmo volere per i nostri figli. Ma ai leader non interessa.Secondo Carlson, il ceto dirigente Usa è composto da mercenari che non si sentono obbligati nei confronti del popolo che governano. Neanche fanno lo sforzo di cercare di capire i problemi del popolo. Una delle loro bugie preferite è che solo l'economia sarebbe materia degna di dibattito pubblico. La famiglia, la cultura, la fede no: sarebbero solo affari privati. I cedi medioalti istruiti, che si riconoscono nel Partito democratico, sono interessati solo al pagamento delle tasse e al funzionamento dei mercati. I conservatori partono da una prospettiva opposta ma giungono alla medesima conclusione: sì, la famiglia è in crisi e va salvata, ma il mercato non si può mettere in discussione. Tutti e due non colgono il problema: la cultura (i valori della società) e l'economia non possono essere disgiunte.Trent'anni fa i conservatori americani credevano che disoccupazione elevata, famiglie in crisi, nascite fuori dal matrimonio, criminalità e droga fossero tipici dei quartieri poveri delle grandi città e ne incolpavano le politiche assistenziali del governo. Ai liberal invece andava bene così, perché prendevano voti in quelle città. Ma oggi gli stessi fenomeni si verificano anche nelle campagne, dove gli abitanti erano bianchi conservatori: com'è stato possibile che da ambienti sociali così diversi si giungesse a risultati simili? Alla classe dirigente americana la domanda non interessa: è più facile importare forza-lavoro straniera per sostituire gli americani che restano indietro.Una causa del declino è stata il calo delle paghe maschili. Le fabbriche, tipico ambiente di lavoro maschile, sono praticamente scomparse nel giro di una generazione. In molti posti gli unici ambienti di lavoro rimasti sono scuole e ospedali, a prevalenza femminile. Risultato? Lo spiegano le scienze sociali: quando gli uomini guadagnano meno delle donne, le donne finiscono col non volerli sposare. Ne conseguono un calo dei matrimoni, un boom delle nascite fuori dal matrimonio, tutti i disastri familiari che conosciamo: droga, alcolismo, aumento dei reati.Ma ai benestanti americani interessa più combattere la malaria in Congo che aumentare le paghe dei loro concittadini poveri. Tutti e due i partiti si disinteressano della crisi del matrimonio, preferendo credere che il sessismo impedisca a milioni di casalinghe di fare investimenti in Borsa e che sia molto più importante dedicarsi a una società per azioni che a educare i propri figli. I liberisti ci ripetono che il bello del mercato è che consente agli adulti consenzienti di scegliere liberamente come vivere. Sì, ma questo non vuol dire approvare lo sfruttamento di tanti concittadini spingendoli a chiedere prestiti di denaro con interessi enormi che non riusciranno mai a restituire. E, se alla classe dirigente stessero a cuore i propri concittadini, dovrebbe preoccuparsi di vedere tantissimi ragazzi che fumano marijuana, legalizzata solo perché tassabile e fonte di ricchezza per pochi, col risultato di avere adolescenti dalla vita spenta, passivi, intrappolati nelle loro menti.Col sistema attualmente vigente negli Usa, un salariato americano paga il doppio di chi vive di rendita e non deve lavorare. Il capitale è tassato la metà del lavoro, con soddisfazione dell'alta finanza. I leader politici dicono che il sistema di tassazione americano è basato sul libero mercato, ma in realtà è basato sulle leggi volute dalle lobby delle grandi imprese per trarne vantaggi economici a danno dei comuni cittadini. E così si finisce per generare disgregazione sociale: ma un Paese diviso al suo interno è più facile da dominare.Il capitalismo di mercato non è una religione, ci ricorda Carlson: è uno strumento per il beneficio degli esseri umani. Ma se questo sistema economico indebolisce e distrugge le famiglie è nemico di una società sana, esattamente come lo è il socialismo. «In che razza di Paese vogliamo vivere?» si chiede il giornalista. In un Paese dignitoso, coeso, in cui riconoscersi quando si è anziani, in cui vengono ascoltati anche i giovani che non vivono nei quartieri alla moda, dove ambientalismo significhi raccogliere i rifiuti. Un Paese che abbia rispetto di sé stesso. E soprattutto, conclude Carlson, un Paese dove la gente normale con una istruzione di livello medio e che vive in posti qualsiasi possa sposarsi, avere figli felici e tramandarsi nelle generazioni future perché ci si prende cura delle famiglie, autentica pietra fondante di tutto. Forse la lezione che dà Carlson non è valida solo per gli Usa.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.