2020-10-06
Trump dimesso: «Sono ringiovanito». La campagna elettorale si riapre
Donald Trump (Tia Dufour/The White House/ Getty Images)
Il presidente lascia l'ospedale militare: «Non lasciatevi dominare dalla paura del virus». Pure la first lady Melania è quasi guarita. Sondaggi, Joe Biden avanti ma ora teme l'«effetto empatia» per lo scampato pericoloRepubblicani falcidiati in Senato, il seggio in Corte suprema potrebbe essere votato dopo le elezioni del 3 novembre. Anche William Barr, ministro della Giustizia, in isolamentoLo speciale contiene due articoliDonald Trump è stato dimesso ieri dall'ospedale. A riferirlo, lui stesso con un tweet. «Oggi alle 18:30 lascerò il grande Walter Reed Medical Center. Mi sento davvero bene! Non abbiate paura di Covid. Non lasciate che domini la vostra vita. Abbiamo sviluppato, sotto l'amministrazione Trump, alcuni farmaci e conoscenze davvero eccezionali. Mi sento meglio di 20 anni fa!». Un cauto ottimismo era del resto già stato espresso, alcune ore prima, dal capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, che aveva pronunciato parole di speranza. «Ho parlato con il presidente questa mattina», aveva detto. «Ha continuato a migliorare durante la notte ed è pronto per tornare a un normale programma di lavoro». Nel frattempo, polemiche non sono mancate a causa del fatto che, domenica scorsa, Trump sia uscito temporaneamente dall'ospedale – in automobile e indossando una mascherina – per salutare alcuni sostenitori che si erano riuniti davanti al Walter Reed Medical Center. In particolare, le critiche si sono concentrate sui rischi sanitari che potrebbero aver corso gli agenti della sicurezza che hanno accompagnato il presidente nel suo breve giro automobilistico. Interpellato sulla questione, il dottor Anthony Fauci ha rifiutato ieri di commentare. Secondo quanto riferito dal sito Axios, il presidente sarebbe stato curato con Desametasone e Remdesivir: soprattutto l'utilizzo del primo – suggerisce la testata americana – potrebbe lasciar intendere che la situazione sanitaria dell'inquilino della Casa Bianca sia stata seriamente a rischio. Lo stesso Wall Street Journal ieri ha ipotizzato che potrebbero ancora esserci delle problematiche in corso. Tuttavia che le condizioni di salute di Trump fossero migliorate è testimoniato dalla raffica di tweet elettorali che ha postato nella giornata di ieri («Legge e ordine! Votate»; «Il più forte esercito di sempre! Votate»; «Libertà religiosa! Votate»). Un atteggiamento ben diverso dal silenzio social di venerdì scorso, poche ore dopo aver contratto il coronavirus. L'inquilino della Casa Bianca ha anche pubblicato un video su Twitter, in cui, rivolgendosi ai propri sostenitori, ha detto di «aver imparato molto dal Covid». Notizie incoraggianti anche per la first lady, Melania Trump, che ieri ha dichiarato di sentirsi bene e di proseguire la convalescenza dalla Casa Bianca. Resta per il momento ancora in forse il dibattito televisivo del 15 ottobre a Miami, che dovrebbe vedere nuovamente confrontarsi sul palco il presidente e il suo sfidante democratico, Joe Biden. Quest'ultimo ha confermato ieri la propria disponibilità a partecipare, purché – ha precisato – i medici diano parere favorevole in termini di sicurezza sanitaria. Dibattito meno in forse dovrebbe invece essere quello previsto per domani sera a Salt Lake City tra Mike Pence e Kamala Harris. L'attuale vicepresidente americano è risultato ieri negativo al tampone, mentre – da quanto si apprende – gli organizzatori del confronto televisivo avrebbero introdotto norme di distanziamento ancor più rigide di quelle stabilite in precedenza. Pence deve comunque stare particolarmente attento alla propria salute, dal momento che – finché Trump non sarà del tutto fuori pericolo – resta sul tavolo l'ipotesi di un trasferimento temporaneo dei poteri presidenziali (secondo quanto prescrive il XXV Emendamento). Del resto, che ci sia una certa preoccupazione su questo fronte è testimoniato anche dalle parole, pronunciate ieri, dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo, secondo cui gli Stati Uniti sono «completamente preparati» contro eventuali «attori canaglia» che volessero agire durante la malattia di Trump. Nel frattempo Biden sta proseguendo la campagna elettorale in Florida e Arizona, mentre resta nettamente in testa ai sondaggi, con una rilevazione Nbc/Wsj che lo dà 14 punti avanti a livello nazionale. Va tuttavia sottolineato che questo sondaggio sia antecedente alla notizia del contagio di Trump. E non è quindi ancora esattamente chiaro quale impatto la malattia del presidente avrà in termini di consensi elettorali. Secondo i critici, questo elemento affosserà Trump, reo – a loro dire – di aver gestito pessimamente l'emergenza sanitaria. Eppure non è escluso che possa passare anche un altro messaggio tra gli elettori americani: valutare positivamente, cioè, un presidente che – pur tra errori e mancanze – si è esposto, ci ha messo la faccia e che, anche per questo, si è alla fine infettato. Non è, in altre parole, del tutto escludibile un «effetto empatia», in grado di far leva soprattutto sul fatto che Biden – dall'altra parte – se ne sia stato per mesi rinchiuso in un seminterrato del Delaware. Quindi, prima di affidarci alle percentuali bulgare dei sondaggi, andiamoci piano. Perché questa «sorpresa di ottobre» potrebbe rivelarsi un'incognita scivolosa. Soprattutto per Joe Biden.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/trump-dimesso-sono-ringiovanito-la-campagna-elettorale-si-riapre-2648106604.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="giudice-barrett-nomina-in-bilico" data-post-id="2648106604" data-published-at="1601924600" data-use-pagination="False"> Giudice Barrett, nomina in bilico Il Covid potrebbe far slittare la ratifica della nomina di Amy Coney Barrett alla Corte Suprema. Negli ultimi giorni, sono tre i senatori repubblicani risultati positivi al coronavirus: Ron Johnson, Mike Lee e Thom Tillis. E proprio il processo di conferma della giudice –attualmente negativa al tampone– potrebbe adesso risentire delle conseguenze. Non dimentichiamo infatti che, in base a quanto prescrive la Costituzione, i componenti della Corte suprema siano nominati dal presidente previa approvazione del Senato. Un Senato che, pur essendo attualmente a maggioranza repubblicana, rischia adesso di non avere i numeri per approvare la ratifica. L'elefantino detiene infatti 53 seggi. E – oltre alla positività di Johnson, Lee e Tillis – due senatrici repubblicane, Susan Collins e Lisa Murkowski, avevano già fatto sapere di non essere intenzionate a sostenere la ratifica della Barrett prima del 3 novembre: giorno in cui si voterà per la Casa Bianca e per rinnovare un terzo del Senato. Alla luce di tutto questo, i democratici – che non hanno mai digerito la Barrett per le sue posizioni critiche dell'aborto – hanno chiesto di ritardare il processo di approvazione. Per il momento, i lavori in plenaria della camera alta sono stati di fatto sospesi fino al 19 ottobre. La commissione Giustizia del Senato dovrebbe ciononostante riunirsi il 12 di questo mese, per avviare le audizioni della giudice. Il problema risiede nel fatto che tre giorni dopo – il 15– sia previsto il primo voto per ratificare la nomina. Ora, la commissione Giustizia ha 10 senatori democratici e 12 repubblicani: di questi ultimi, due (Tillis e Lee) risultano attualmente infettati. Come sottolineato dalla Cnn, il presidente della commissione, Lindsey Graham, ha estrema necessità che almeno uno dei due sia presente, per avere un quorum in grado di blindare la nomina della Barrett. Insomma il rischio è che la ratifica possa slittare a dopo le elezioni del 3 novembre: esattamente quanto auspicato dal Partito democratico. Tra l'altro, nel caso in cui i tre senatori infetti non dovessero riprendersi rapidamente, alcuni rischi si configurerebbero anche in riferimento al voto in plenaria: soprattutto alla luce del fatto che anche alcuni senatori repubblicani attualmente sani risultino comunque dei «sorvegliati speciali» (è per esempio il caso di Chuck Grassley). Ricordiamo infatti che il vicepresidente Mike Pence possa intervenire solo in caso di parità. I repubblicani ostentano comunque ottimismo e hanno ribadito che la tabella di marcia sarà rispettata. In particolare, si sta facendo strada l'ipotesi che l'audizione della Barrett possa avvenire per via telematica: un'idea che il capogruppo democratico al Senato, Chuck Schumer, ha respinto. Eppure, come ha polemicamente ricordato il senatore repubblicano Tom Cotton domenica scorsa, erano stati proprio i democratici a chiedere di lavorare tramite connessione elettronica durante la fase più buia della pandemia, per permettere al Congresso di proseguire le proprie attività. Non si spengono frattanto le preoccupazioni per le condizioni di salute dei componenti dell'entourage presidenziale. La portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany ha annunciato di aver contratto il Covid, pur non riscontrando al momento sintomi. Sempre ieri, è stato reso noto che il ministro della Giustizia, William Barr, si è sottoposto a un autoisolamento precauzionale. Una scelta probabilmente dettata dal contatto avuto, durante la presentazione della Barrett, con l'ex consigliera della Casa Bianca Kellyanne Conway, risultata di recente positiva al Covid. Come che sia, Barr – i cui tamponi si sono rivelati negativi negli scorsi giorni – avrebbe intenzione di tornare al lavoro già a metà di questa settimana. Al momento, gli altri ministri monitorati (Pompeo, Esper, Carson e Ross) risulterebbero fuori pericolo.
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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