2025-01-19
Trump caccia i clandestini. Invece Mattarella li accoglie
Sergio Mattarella e Donald Trump (Ansa)
Già martedì dalla Casa Bianca potrebbe arrivare l’ordine per un blitz in tutto il Paese a cominciare da Chicago. Previsti accordi con Stati terzi per accogliere gli stranieri indesiderati. Il tipo di politica che deve seguire l’Ue.Ad Agrigento, il presidente non perde occasione per una tirata contro le frontiere. Poi evoca Elon Musk e inventa un Empedocle greenLo speciale contiene due articoliDonald Trump è intenzionato a tirare dritto sul contrasto all’immigrazione illegale. Già martedì, vale a dire il giorno dopo l’insediamento alla Casa Bianca, il nuovo presidente potrebbe avviare le espulsioni di massa promesse durante la campagna elettorale. In particolare, il Wall Street Journal ha rivelato che l’amministrazione entrante potrebbe concentrarsi sin da subito sulla città di Chicago, dove sarebbe in programma un raid delle forze dell’ordine.«Ci sarà un grande raid in tutto il Paese. Chicago è solo uno dei tanti posti», ha dichiarato venerdì il prossimo responsabile della frontiera meridionale, Tom Homan. «Martedì, l’Immigration and customs enforcement (Ice) finalmente uscirà e farà il suo lavoro. Toglieremo le manette all’Ice e la lasceremo andare ad arrestare gli immigrati criminali». L’obiettivo primario dell’amministrazione entrante è, infatti, quello di espellere i clandestini che si sono macchiati di reati. «Quello che stiamo dicendo all’Ice è che deve applicare la legge sull’immigrazione senza scuse. Vi concentrerete prima sul peggio, sulle minacce alla sicurezza pubblica, ma nessuno è escluso. Se ci sono persone nel Paese illegalmente, hanno un problema», ha precisato Homan. Non solo. A inizio gennaio, quest’ultimo aveva rivelato di essere in trattativa con dei Paesi terzi che potrebbero ospitare quei clandestini che, una volta espulsi, non verranno riaccolti dalle nazioni di origine. Non è ancora, invece, del tutto chiaro come la nuova amministrazione si comporterà verso i dreamers, gli immigrati irregolari entrati negli Usa quando erano minorenni. Trump potrebbe accettare una loro tutela, a patto che i dem al Congresso approvino la realizzazione di nuove barriere difensive alla frontiera. «I muri di confine salvano vite», ha dichiarato Homan la settimana scorsa.La lotta all’immigrazione clandestina, si sa, ha rappresentato uno dei capisaldi della campagna elettorale di Trump, nonché una delle ragioni del suo successo a novembre. Il tycoon ne ha fatto innanzitutto un problema di ordine pubblico e di sicurezza nazionale: la frontiera con il Messico è diventata sempre più vulnerabile non solo ai flussi di droga ma anche alle minacce di natura terroristica (a giugno erano stati arrestati otto cittadini tagiki, sospettati di essere affiliati all’Isis, che erano entrati illegalmente in territorio statunitense attraverso il confine).In secondo luogo, Trump ne ha fatto anche una questione socioeconomica. L’immigrazione clandestina è un fenomeno che favorisce il ribasso salariale e, in un certo senso, la competizione fra poveri. Non a caso, alle ultime presidenziali, il dossier è stato molto sentito dalla working class appartenente agli Stati operai di Ohio, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania.E poi, attenzione: nonostante qualcuno stia cercando di demonizzare i rimpatri di massa promessi da Trump, va detto che anche le amministrazioni di Barack Obama e di Joe Biden hanno effettuato un alto numero di espulsioni. Il problema è che, con Biden, si è registrato il record storico di clandestini intercettati alla frontiera meridionale. Inoltre, l’amministrazione uscente ha spesso lasciato circolare questi irregolari sul territorio statunitense. Homan, tra l’altro, si occupava di rimpatri già ai tempi di Obama e quest’ultimo addirittura lo insignì del Presidential rank award nel 2015.D’altronde, la questione migratoria nel suo complesso appare centrale nel mondo trumpista: prova ne è il recente dibattito che si è registrato tra chi, come Elon Musk, chiede un incremento dei visti per i lavoratori altamente specializzati e chi, come Laura Loomer, si è opposto, sostenendo che una tale misura danneggerebbe i colletti bianchi americani. Il fatto che Trump si sia schierato con il ceo di Tesla su questo tema, certifica che l’America First ha un approccio articolato al dossier migratorio. Da una parte, si punta alla linea dura contro i clandestini per salvaguardare la sicurezza nazionale e contrastare il ribasso salariale. Dall’altra parte, l’immigrazione legale e di qualità non viene demonizzata ma, anzi, considerata un fattore potenzialmente positivo per rafforzare gli Usa nella competizione geopolitica ed economica con la Cina.Ecco, è proprio a questo approccio articolato che l’Unione europea deve guardare. È chiaro che la situazione rispetto agli Stati Uniti è molto differente: loro hanno una frontiera terrestre con il Messico mentre noi dobbiamo fare i conti con i flussi migratori determinati dall’instabilità politica in Nord Africa e nel Sahel. Tuttavia, è all’approccio di fondo che bisogna ispirarsi. Come dimostrato dalle trattative di Homan con dei Paesi terzi, la linea del governo italiano sui centri in Albania è la strada maestra da seguire. A ottobre, Giorgia Meloni definì l’accordo con Tirana un «deterrente nei confronti dei trafficanti». Ed è proprio la linea della deterrenza quella che vuole implementare Trump alla frontiera meridionale: anche gli Usa devono infatti fronteggiare il fenomeno dei trafficanti di esseri umani, i cosiddetti «coyote». Infine chi, davanti alla linea dura, parla di «razzismo» non sa quello che dice. In campagna elettorale, Trump non ha mai nascosto le sue idee in materia migratoria. E, alle ultime elezioni, ha preso il 45% del voto ispanico: 13 punti in più rispetto al 2020. Secondo Nbc News, si tratta di un record per un candidato repubblicano. A dimostrazione del fatto che la linea della deterrenza è spesso auspicata dagli stessi immigrati regolari. Negli Usa come nell’Ue.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/trump-caccia-i-clandestini-invece-mattarella-li-accoglie-2670890273.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mattarella-incensa-il-modello-lampedusa-avanguardia-della-civilta-europea" data-post-id="2670890273" data-published-at="1737228808" data-use-pagination="False"> Mattarella incensa il modello. Lampedusa: «Avanguardia della civiltà europea» «La cultura è lezione di dialogo, pace, dignità». Fra gli applausi del teatro Pirandello di Agrigento, Sergio Mattarella ha inaugurato un anno speciale per la città, capitale della Cultura europea in coabitazione con Gorizia e Nova Gorica, 1.582 chilometri più a Nord, simboli di un grande abbraccio ideale in nome della conoscenza. Accanto a lui il ministro Alessandro Giuli, misurato e concreto nell’aggiungere: «Agrigento ha vinto con una proposta credibile ed ora ha la possibilità di divenire il cardine della rinascita di un territorio ricco di complessità, in un’isola eletta, la Sicilia. Per questo lo spirito deve essere quello di restare fedele alla propria natura di terra libera e ingegnosa, aperta al dialogo e all’incontro di civiltà». Queste sono le occasioni nelle quali il presidente della Repubblica dà il meglio di sé, introducendo, nelle pieghe di discorsi anodini, messaggi politici lasciati a galleggiare come promemoria in bottiglia. Il primo è un inno all’Unione Europea, sotto stress perché massimo punto di frattura fra establishment e popoli sottostanti. Mattarella prende spunto dall’abbinamento fra Italia e Slovenia per sottolineare: «È una scelta di altissimo valore in un’area storicamente gravata da conflitti che oggi hanno saputo tradursi in collaborazione e amicizia. Dove frontiere contrapposte avevano separato, oggi l’Europa unisce». Con tutto il rispetto, il capo dello Stato ha ragione a metà. È un dato di fatto che dall’ingresso della Slovenia nell’Unione europea, fra Gorizia e Nuova Gorica sia finito il tempo del filo spinato (il confine divideva a metà perfino un cimitero). Più difficile essere d’accordo con lui quando cavalca implicitamente la narrazione dominante dei 70 anni di pace dimenticandosi - proprio sulla porta dei Balcani -, che fu anche l’Europa a insanguinare quelle terre dove la Jugoslavia deflagrò. Bombardamenti (vedi alla voce Belgrado), massacri indotti per insipienza delle forze di interposizione (vedi alla voce Srebrenica), conflitti e confini imposti dai muscoli americani (vedi alla voce Kosovo). Incubi che la cultura, in questo caso dell’oblio, non è riuscita a scacciare. Il secondo messaggio di Mattarella riguarda un tema caro alla sua anima cattodem: l’immigrazionismo come catarsi, il melting pot come soluzione. «In un luogo come Agrigento, dove il patrimonio monumentale è dominante, potrebbe prevalere la convinzione che cultura sia ammirazione delle vestigia del passato. Ma la cultura non ha lo sguardo volto all’indietro. Piuttosto ha sempre sollecitato ad alzarlo verso il domani. L’Italia, con i giacimenti culturali che ovunque la contraddistinguono, è lezione di dialogo, di pace, di dignità per l’oggi e per il domani. Questo impegno lo chiede il ricordo dei morti delle guerre che insanguinano l’Europa, il Mediterraneo e altre regioni. Lo impongono le violazioni dei diritti umani, lo esigono le diseguaglianze crescenti, le marginalità». Per uscire dalla teoria e immettere la riflessione nella pratica, il presidente chiama in causa Lampedusa, che galleggia laggiù ma è in provincia di Agrigento. «Saluti e auguri si estendono a quanti saranno impegnati negli eventi. Tra essi i lampedusani, concittadini che le ferite del nostro tempo hanno reso avanguardia della civiltà europea. Espressione di cultura solidale». Il sindaco dell’isola quotidianamente in trincea per gli sbarchi, Filippo Mannino, si commuove. Per un giorno può dimenticare l’emergenza, il degrado, le amnesie di quell’Europa lontana che lascia sola l’Italia ad affrontare l’invasione. Un peso enorme che i lampedusani avvertono soprattutto quando le cerimonie finiscono. Dopo Europa e migranti non poteva non arrivare il momento di Elon Musk, mai citato ma evocato come ologramma ambulante per il teatro Pirandello. «Viviamo un tempo in cui tutto sembra comprimersi ed esaurirsi sull’istante del presente. In cui la tecnologia pretende, talvolta, di monopolizzare il pensiero piuttosto che porsi al servizio della conoscenza. La cultura, al contrario, è rivolgersi a un orizzonte ampio, ribellarsi a ogni compressione del nostro umanesimo, quello che ha reso grande la nostra civiltà». È rassicurante ascoltare queste parole, mai sentite mentre «ipse dixit» Mario Draghi affermava «Se non ti vaccini, ti ammali e muori», mentre il green pass creava fratture sociali, mentre il nostro umanesimo veniva preso a calci dal pensiero unico dei guardiani dell’ortodossia travestiti da fact checker. Sono i miracoli della cultura. Europa, migranti, il perfido Elon. Sicuri che non manchi niente? Mattarella ha ottima memoria e ci ricorda: «Per l’agrigentino Empedocle l’unità dei quattro elementi, aria, acqua, terra e fuoco, era la scintilla della nascita di ogni cosa. Attraverso la cultura c’è la necessità di rigenerare coesione. Lo richiede il lamento della terra, violata dallo sfruttamento estremo delle risorse, con le sue catastrofiche conseguenze, a partire dal cambiamento climatico». Ecco cosa mancava.
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