2025-06-03
«Il governo di Tripoli sta implodendo sfruttiamo Trump per evitare guai»
Tripoli (Ansa) Daniele Ruvinetti in foto piccola
L’analista (Fondazione Med-or) Daniele Ruvinetti: «Il premier libico Dbeibah è debole e Haftar può approfittarne, ma gli serve il via libera di Washington. Se non ci muoviamo rischiamo su gas e petrolio e una nuova ondata migratoria».«In Libia stiamo vivendo l’ennesimo momento di svolta. Il governo di unità nazionale, guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, non è mai stato così debole. E l’Italia che grazie al lavoro del ministro Piantedosi e dell’intelligence è riuscita a tenere a bada i flussi migratori deve lavorare d’anticipo, deve sfruttare il rapporto privilegiato che ha con l’amministrazione Trump e provare ad accreditarsi come partner del nuovo assetto che si sta venendo a creare. Se perdiamo il treno c’è il pericolo concreto che ci scoppi di nuovo in pancia la questione migratoria e che su gas e petrolio, interessi che riguardano soprattutto Eni, si vada incontro a delle brutte sorprese». A parlare è Daniele Ruvinetti, senior advisor della Fondazione Med-or. Ruvinetti da anni segue con attenzione l’evolversi della questione libica e nelle ultime settimane ha iniziato a lanciare l’allarme per l’acuirsi delle divisioni tra est e ovest del Paese. Le crisi internazionali in Ucraina e in Medio Oriente hanno spostato l’attenzione dell’opinione pubblica, ma a Tripoli la situazione potrebbe esplodere da un momento all’altro. A cosa si deve questo ritorno al caos?«Nell’ultimo mese e mezzo c’è stata una vera e propria escalation. La Brigata 444, considerata vicina a Dbeibah, è stata accusata di coinvolgimento nell’uccisione di Abdel Ghani al-Kikli, noto come “Gheniwa”, un potente comandante della milizia Apparato di supporto alla stabilità. Quest’episodio, avvenuto a metà maggio, ha scatenato feroci scontri a Tripoli, tra i più intensi degli ultimi anni. Da qui è infatti partita una vera e propria spirale di violenza».Tale da mettere in pericolo la stabilità dell’area?«Tenga conto che la Brigata 444 ha attaccato anche RADA, la milizia che è formalmente gestita dal ministero dell’Interno, ma che deve il suo potere per il controllo dell’aeroporto di Mitiga e delle prigioni e per il ruolo nella lotta al crimine e al terrorismo». C’è uno scontro per il controllo di posizioni strategiche, in teoria potrebbe anche rafforzare il governo in carica. «Assolutamente no. Il tentativo di forzare la mano ha scatenato le proteste contro Dbeibah che non è mai stato così impopolare come in questo momento. A tutto ciò aggiunga che l’esecutivo di unità nazionale era nato sotto la supervisione dell’Onu con l’obiettivo di arrivare ad elezioni il 24 dicembre 2021, elezioni che non ci sono mai state, e che le distanze con la Banca Centrale Libica, che gestisce i proventi del petrolio (il 90% delle entrate fiscali del Paese), sono divampate». Non è che la Libia sia una Paese notoriamente “tranquillo”, qualche fibrillazione è da sempre all’ordine del giorno. «Il problema è che non si tratta di fibrillazioni ma di scontri molto intensi che avvengono mentre la posizione di Khalifa Haftar, il nemico numero uno di Dbeibah, si sta rafforzando. Haftar che controlla gran parte della Cirenaica e altre aree orientali e meridionali della Libia ha stretto accordi nel Fezzan, la regione desertica nel sud-ovest della Libia, con le principali tribù, a partire dai Tebu per arrivare ai Tuareg e gli Awlad Suleiman».Insomma, dobbiamo aspettarci un imminente attacco di Haftar?«Difficile fare pronostici soprattutto sui tempi in Libia. Di certo, con la caduta di Bashar al-Assad in Siria la Russia ha spostato buona parte delle sue forze nella Cirenaica e nel Fezzan. Per dirle, dieci giorni fa Haftar è stato in Russia. Nessuna novità, da sempre Putin è molto vicino ad Haftar, ma negli ultimi mesi questo legame si è rafforzato. Il vero cambio di rotta sta nei rapporti con la Turchia. Saddam Haftar, il figlio di Khalifa Haftar, è andato in Turchia e ha stretto accordi con Erdogan. Istanbul è considerato un grande alleato della Tripolitania e se c’è un cambio di alleanze di questo tipo vuol dire che ci troviamo davvero di fronte a una svolta significativa».Cosa potrebbe succedere?«Potremmo assistere a un’intesa tra Mosca ed Erdogan per cui la Turchia si consolida in Siria e la Russia in Libia garantendo importanti accordi commerciali a Istanbul. Un disegno che può partire solo con l’avallo degli Stati Uniti». Ci sono trattative in corso?«Io ricorderei che quando Haftar aveva attaccato nel 2019 c’era Trump alla Casa Bianca e John Bolton consigliere militare. Secondo Bloomberg e Reuters uno dei punti dell’accordo di un’eventuale governo Haftar a Tripoli riguarderebbe la garanzia di accogliere 1 milione di palestinesi in Libia. Mi rendo conto che ci stiamo spingendo troppo in là, ma lo scenario è in continua evoluzione». In tutto questo l’Italia come si dovrebbe muovere?«Dovrebbe muoversi autonomamente, perché l’Unione Europea viaggia divisa e quindi è inutile aspettare le mosse di Bruxelles. Ma per noi il punto è cruciale. Se riusciamo a sfruttare il rapporto privilegiato con Trump possiamo guidare questo processo, altrimenti rischiamo di subire il caos della situazione che si verrà a creare».Cosa significa?«Inevitabilmente avremo una nuova ondata migratoria. Senza dimenticare che se questo scenario dovesse concretizzarsi sarebbero i russi ad vere il controllo dell’area e anche dal punto di vista economico, gli interessi su petrolio e gas dell’Eni, per noi sarebbe un problema».
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